CANTO 34 ORLANDO FURIOSO ARIOSTO

Le prime tre strofe del canto 34 dell'Orlando Furioso iniziano così : [1] Oh famelice, inique e fiere arpie Ch’all’accecata Italia e d’error piena, Per punir forse antique colpe rie, In ogni mensa alto giudicio mena! Innocenti fanciulli e madri pie Cascan di fame, e veggon ch’una cena Di questi mostri rei tutto divora Ciò che del viver lor sostegno fôra. [2] Troppo fallò chi le spelonche aperse, Che già molt’anni erano state chiuse; Onde il fetore e l’ingordigia emerse, Ch’ad ammorbare Italia si diffuse. Il bel vivere allora si summerse; E la quiete in tal modo s’escluse, Ch’in guerre, in povertà sempre e in affanni È dopo stata, ed è per star molt’anni: [3] Fin ch’ella un giorno ai neghitosi figli Scuota la chioma, e cacci fuor di Lete, Gridando lor: — Non fia chi rassimigli Alla virtù di Calai e di Zete? Che le mense dal puzzo e dagli artigli Liberi, e torni a lor mondizia liete, Come essi già quelle di Fineo, e dopo Fe’ il paladin quelle del re etiopo. — A cosa o a chi si riferisce Ariosto quando parla dei mali che hanno riempito l'Italia? E' una critica alla società del tempo? Grazie della risposta.. non sono riuscita a trovare da nessuna parte la spiegazione dei primi versi di questo capitolo.. Sono le strofe che aprono questo capitolo prima che Astolfo scende nell'Inferno.


il 16 Novembre 2016, da Giusy Ammaturo

Chiara Freddi il 25 Maggio 2017 ha risposto:

Nel canto del viaggio ultramondano di Astolfo, Ariosto si rifá ovviamente alla Commedia dantesche, nella quale Dante percorre i gironi infernali guidato da Virgilio. In particolare l'episodio ariostesco riprende il XIII canto, quello della selva dei suicidi, in cui si ritrova la figura mitologica delle Arpie: " Quivi le brutte arpie lor nidi fanno, che cacciar de le Strofade i Troiani con tristo annunzio di futuro danno" ( vv. 10-12). Le Arpie sono presagio di rovina e morte, e tale è infatti quello che si preannuncia per l'Italia: un futuro di rovina e morte, invasa dagli eserciti stranieri, e le proprie corti ormai incapaci di un qualsiasi atto di virtù.