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Carducci, “San Martino”: parafrasi e commento

Introduzione

 

Breve ode anacreontica strutturalmente identica a Pianto antico, San Martino, che compare nel terzo libro delle Rime nuove, è uno dei testi più noti di Carducci, e uno di quelli che meglio danno conto della sua poetica e della sua visione del mondo.

 

Analisi

 

La metrica del testo (quattro quartine di settenari, in cui il primo è piano e non rimato, il secondo e il terzo sono piano e in rima baciata, il quarto tronco e in rima con gli altri versi finali), buon esempio della ricerca formale carducciana su forme minori o fuori dall’uso corrente, si adatta assai bene a quel quadretto paesaggistico che San Martino, al di là della notazione cronologica precisa in calce alla poesia (“8 decembre 1883”), ci descrive con spiccato gusto impressionistico. Il ritmo spedito dei settenari e la musicalità delle rime contribuiscono infatti a ricostruire - per brevi scorci come “puntinati” sulla pagina - una situazione che da meteorologica (la nebbia che, alzandosi verso i colli spogli di alberi e sfumando come pioggia, lascia campo al maestrale, vento di nord-ovest che fa infuriare il mare) diventa emotivo-esistenziale. Lo sguardo del poeta, che nelle due quartine centrali attraversa rapidamente un “borgo” non meglio identificato, allinea così particolari e dettagli (lungo le vie del borgo, l’odore aspro del vino, che ribolle nei recipienti, va a rallegrare gli animi della gente, mentre uno spiedo gira scopiettando) di una scena paesana, in cui Carducci rinviene e ritrova i valori morali della tradizione e dei costumi del passato. A ciò s’aggiunge, con abile bilanciamento, il piano intimo e personale: il “cacciator” (che fischiettando sull’uscio contempla il tramonto che rende rosse le nubi, e degli uccelli neri che, migrando nelle luci vespertine, assomigliano a suoi vaghi pensieri indistinti) del finale di San Martino è una chiara trasposizione dell’autore stesso, che traduce nel paesaggio la propria intima inquietudine.

San Martino, pur nella sua apparente immediatezza espressiva, è tuttavia un testo rigorosamente costruito: spicca l’attenzione carducciana alla dimensione fonica, che quasi “mima” la realtà naturale che ci viene descritta, e il ricorso frequente a forme verbali di modo indefinito (come “piovigginando”, “ribollir”, “scoppiettando”, “fischiando”, “migrar”) proprio per restituire una percezione sfumata (e quasi atemporale) del microcosmo rappresentato. Lo sviluppo del discorso carducciano (retto anche da “enjambements” assai rilevanti, come ai vv. 7-8 e vv. 12-13, e da una generale tendenza all’inversione dell’andamento sintattico normale della frase) poggia poi sulla funzione simbolica di alcuni referenti: alla cerchia protetta dei legami umani tra gli abitanti in festa corrisponde la rabbia del mare increspato in alte onde, e soprattutto quegli “uccelli neri” che forse annunciano, nella mente del poeta, sotterranee e latenti preoccupazioni.

 

Parafrasi

Metro: breve ode anacreontica di settenari

  1. La nebbia a gl’irti 1colli
  2. piovigginando sale 2,
  3. e sotto il maestrale 3
  4. urla e biancheggia 4 il mar;
  5. ma per le vie del borgo
  6. dal ribollir de’ tini 5
  7. va l’aspro odor de i vini
  8. l’anime a rallegrar 6.
  9. Gira su’ ceppi accesi
  10. lo spiedo scoppiettando 7:
  11. sta il cacciator fischiando
  12. su l’uscio a rimirar
  13. tra le rossastre nubi
  14. stormi d’uccelli neri,
  15. com’esuli pensieri,
  16. nel vespero migrar 8.
  1. La nebbia sale lungo i colli scoscesi
  2. trasformandosi in lieve pioggerella,
  3. e sotto il maestrale il mare rumoreggia
  4. e si copre della spuma bianca delle onde;
  5. ma le vie del borgo sono pervase
  6. dall’odore aspro di vino che esce dai tini,
  7. ribollenti mentre il mosto fermenta
  8. e rallegra gli animi.
  9. Lo spiedo gira sui ceppi
  10. che bruciano e scoppiettano:
  11. il cacciatore, fischiando,
  12. sta sull’uscio di casa a osservare
  13. stormi di uccelli neri
  14. che, tra le nubi rossastre,
  15. migrano nel tramonto
  16. simili a pensieri indistinti in transito.

1 gl’irti: in tutta la poesia si assiste a una ricerca fonica orientata verso suoni aspri e secchi (“maestrale”, “urla”, “aspro odor”, “rossastre”, “migrar”).

2 La prima quartina si concentra, con tocco impressionistico, sulla situazione meteorologica di San Martino, focalizzando il passaggio delle nuvole temporalesche sui colli circostanti il borgo antico.

3 maestrale: vento che proviene da nord-ovest. È un vento freddo, che spesso, nelle località di mare, porta con sé forti tempeste.

4 urla e biancheggia: per le onde e il vento. Il mare, agitato dal vento, è quasi personificato, mentre la gamma sensoriale è ampliata alle sfumature uditive e coloristiche.

5 tini: recipienti in cui il vino viene messo a fermentare. La seconda quartina, incentrata sulle attività umane all’interno del borgo, vede la prevalenza delle sensazioni olfattive.

6 rallegrar: il ritmo della quartina è ascendente e segue l’atmosfera più festosa e rilassata del paese.

7 scoppiettando: le sensazioni acustiche sono quelle che caratterizzano questa terza quartina, che celebra la via sana e semplice dei piccoli borghi toscani.

8 L’ultima quartina, come bilanciando le precedenti, mette in rilievo le impressioni visive e coloristiche, nel momento del crepuscolo.