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Il "Convivio": Dante, la filosofia e la cultura del Medioevo

Introduzione La cultura di Dante

Il Convivio, per la sua fisionomia di commento-enciclopedia, è il collettore di vasta parte delle letture di Dante. Nel Convivio, dunque, ci si imbatte nella menzione di numerosi e svariati autori e testi (filosofici, storici, e più genericamente scientifici). Questi peraltro sono a volte citati con qualche esibizionismo, quando non simulandone una lettura che in realtà possiamo escludere che sia mai avvenuta. È da ricordare, infatti, in primo luogo che Dante non conosceva il greco (e quindi anche testi fondamentali furono letti attraverso commenti latini) e che l’esilio, durante il quale fu composto il Convivio, aveva certamente reso più difficile la consultazione e l’accesso a molte opere; inoltre, è bene tenere a mente che è sempre difficile ricostruire la cosiddetta “biblioteca” dantesca, e che alcuni dei testi citati da Dante furono in realtà letti, come tipico del Medioevo, attraverso florilegi (ossia antologie) di sentenze e frasi celebri. È anche importante ricordare, però, che uno dei tratti intellettuali più caratteristici di Dante è la sua capacità di rielaborare in forma originale elementi culturali anche profondamente diversi, producendo una potente sintesi insieme autobiografica e culturale.

Nel Convivio Dante non si limita a fornire una lettura delle sue stesse rime e un’immagine del sistema letterario in cui erano nate, ma anche elabora e sistematizza i grandi temi e modelli che poi confluiranno (a volte per esservi superati) nella Commedia. Proprio perché nel Convivio è così marcata la dimensione autobiografica – prima con un’autodifesa politica, e poi con la ricostruzione dell’amore per la donna Gentile – i modelli fondamentali, esplicitamente indicati, sono la Consolazione della filosofia (De consolatio philosophiae) di Boezio (480 ca. - 526) e le Confessioni di sant’Agostino (354-430), che costituiscono per l’uomo medioevale gli esempi di riflessione su di sé. Sempre da Agostino, inoltre, deriva l’idea che la divulgazione culturale (ciò che il Convivio si prefigge) sia una forma di giustizia che serve a contrastare le ingiustizie sociali nate dalla cupidigia umana. Sempre l’autobiografismo dell’opera permette di riconoscere un altro aspetto del tipico eclettismo dantesco, capace di combinare modelli e testi anche profondamente diversi: Dante stesso, infatti, afferma di avere cercato consolazione per la morte di Beatrice non solo nella già vista Consolazione della filosofia di Boezio, ma anche nel De amicitia di Cicerone, un dialogo in cui Lelio ricorda con affetto l’amico Scipione Emiliano.

A ciò - come è inevitabile per ogni uomo medioevale - si affiancano poi i testi sacri; e nel Convivio un certo spazio ha soprattutto due opere attribuite a Salomone, e in cui si tratta del rapporto tra conoscenza, amore e verità, ossia il Cantico dei cantici e il Libro della Sapienza. Il Convivio, d’altronde, – proprio perché reinterpreta allegoricamente l’amore per la "donna Gentile" della Vita Nuova come amore per la Filosofia – si inserisce in una fase particolare della parabola intellettuale di Dante, poi destinata a essere oltrepassata, e quindi uno spazio fondamentale occupa inevitabilmente la filosofia, in particolar modo il grande filosofo greco Aristotele (384-322 a.C.), che nelle sue opere fornisce i modelli intellettuali di tutta la riflessione filosofica successiva, tanto che nella Commedia sarà definito “‘l maestro di color che sanno” 1 e collocato tra gli “spiriti magni” del “nobile castello” del Limbo. Il primo trattato – come per altro era abbastanza tradizionale all’epoca – si apre infatti citando esplicitamente la Metafisica di Aristotele e la sua idea che la ricerca del sapere sia il tratto costitutivo dell’uomo (“tutti gli uomini naturalmente desiderano di sapere”), e che solo in essa l’uomo possa trovare la sua perfezione naturale e la sua felicità. E così tutto il primo trattato – che costituisce la chiave di lettura dell’intero Convivio – è costruito su idee della Metafisica di Aristotele, come la contrapposizione tra esperienza e scienza, e il ruolo etico dell’arte e del sapere.

L’influsso di Aristotele, naturalmente, riguarda anche il suo grande trattato di etica, l’Etica Nicomachea, ad esempio per quanto riguarda il tema del dono - quale il Convivio vuole essere per gli altri uomini - e l’idea della felicità umana. Dall’Etica, tuttavia, deriva non solo l’intero impianto morale (è stato tra l’altro supposto che lo sviluppo dei trattati mai composti dovesse seguire un elenco delle virtù morali elaborate da Aristotele), ma anche puntuali citazioni, esempi e immagini. È proprio l’originale combinazione di Metafisica e Etica Nicomachea che percorre tutto il primo trattato del Convivio – e che dunque dà il senso dell’intera opera – a produrre la concezione della sovrapponibilità di scienza e virtù, tipica di questa particolare stagione dantesca. Ad Aristotele però si affiancano i due suoi principali commentatori (nonché i due principali canali attraverso i quali Dante poté conoscere il filosofo greco), ossia i fondatori della Scolastica medioevale: in primo luogo Tommaso d’Aquino (1221-1274), il teologo che è alla base dell’ortodossia cattolica e di cui viene citata esplicitamente la Summa contro i Gentili (composta tra il 1258 e il 1264), e - forse anche di più a giudizio di alcuni studiosi - il suo maestro, il filosofo tedesco Alberto Magno (1206-1280). Proprio da loro, inoltre, deriva la tecnica argomentativa adoperata da Dante nel suo trattato.

Ai grandi pensatori della Scolastica, d’altronde, Dante affianca anche correnti moderne profondamente diverse: nel Convivio, infatti, è possibile riconoscere l’impronta del francescano Bonaventura da Bagnoregio (1217/1221-1274) che, fondandosi sul grande filosofo greco Platone riletto attraverso il filtro di Sant’Agostino, teorizza una progressione della mente verso Dio. Fondamentale poi, soprattutto per alcune interpretazioni moderne, è il filosofo arabo Averroè, conosciuto attraverso traduzioni latine e che influenzò profondamente ad esempio Guido Cavalcanti. Averroè, sempre commentando le opere di Aristotele, produsse infatti una lettura originalissima del filosofo greco (nota appunto come averroismo) in cui sostenne la conciliabilità di religione rivelata e filosofia. Nei trattati secondo e terzo – esplicitamente dedicati da Dante alla spiegazione di due proprie canzoni – l’argomento dei versi via via commentati richiede il riferimento a testi e studi di discipline anche fortemente diverse. Ad esempio nel trattato dedicato alla spiegazione di Voi che ’ntendendo il terzo ciel movete, Dante prima spiega la strutturazione dell’universo, adottando le idee del grande astronomo greco Tolomeo (II secolo) piuttosto che quelle di Aristotele; in seguito analizza le funzioni e tipologie degli angeli basandosi sui Moralia (578-595) di Gregorio Magno (540-604), uno dei testi fondamentali della patristica dei primi secoli.

Bibliografia essenziale:

- Convivio, a cura di P. Cudini, Milano, Garzanti, 1980.

- Convivio, a cura di F. Chiappelli e E. Fenzi, in Opere minori, Torino, Utet, vol. II, 1986.

- Convivio, a cura di D. De Robertis e C. Vasoli, Milano-Napoli, Ricciardi, voll. I-II, 1988.

- Convivio, a cura di G.C. Garfagnini, Roma, Salerno editore, 1997.

1 Inferno, IV, v. 131.