3'

"Donne ch’avete intelletto d’amore" di Dante: analisi e commento

Parafrasi Analisi

Nel diciannovesimo capitolo della Vita Nova, Dante tocca un punto fondamentale della propria autobiografia in versi. Il rinnovamento portato dal giovane poeta fiorentino alla tradizione del suo tempo è assai significativo ed emblematico. In Donne ch’avete intelletto d’amore è infatti rilevante l’individuazione, da parte del poeta, del pubblico di riferimento cui si vuol parlare: quella cerchia ristretta di intenditrici femminili della poetica dell’amore stilnovista, che, in virtù delle loro qualità morali ed intellettuali, possono comprendere la confessione di Dante (vv. 11-14: "[...] tratterò del suo stato gentile | a respetto di lei leggeramente, | donne e donzelle amorose, con vui, | ché non è cosa da parlarne altrui"). Ma ancor più decisiva è la novità nel trattamento di una materia classica come quella della celebrazione in versi della persona amata.

Se infatti gli autori precedenti (Guido Guinizzelli su tutti, ma con particolare riferimento anche al modello di Guido Cavalcanti, uno dei principali maestri di Dante) intendevano la parola poetica come occasione per celebrare la bellezza dell’amata, qui assume sicuramente maggior peso la 'lode' della figura femminile che, nella seconda e terza stanza della poesia, viene avvicinata ed esplicitamente paragonata alla Madonna stessa (ad esempio, vv. 29-30: "Madonna è disiata in sommo cielo: | or vòi di sua virtù farvi savere." e  vv. 43-46: "Dice di lei Amor: «Cosa mortale | come esser pò sì adorna e sì pura?» | Poi la reguarda, e fra se stesso giura | che Dio ne 'ntenda di far cosa nova"). La funzione salvifica della donna lodata dal poeta, dietro cui si cela Beatrice, assume così significati e risonanze ben più complesse di quelli di semplice destinataria di una lirica d’amore. Al tema della contemplazione dell’oggetto del proprio desiderio si sovrappone - soprattutto dalla quarta stanza in poi - la riflessione di Dante sugli effetti benefici di Beatrice nel mondo circostante (vv. 47-50: "Color di perle ha quasi in forma, quale | convene a donna aver, non for misura; | ella è quanto de ben pò far natura; | per esemplo di lei bieltà si prova"). Secondo i canoni dello Stilnovo, il poeta che contempla la bellezza femminile (che è più spirituale che fisica e materiale) trova nello sguardo e negli “occhi” dell’amata il canale privilegiato per sperimentare questa esperienza sovrumana.

Dopo aver dunque definito un nuovo modello di donna e un nuovo modello di poesia, Dante, nell’ultima stanza di Donne ch’avete intelletto d’amore, si rivolge alla sua stessa “canzone”, assegnandole - secondo una tecnica consolidata nella poesia dell’epoca e in questa sezione specifica del componimento, detta "congedo" - il compito di recarsi come ancella d’Amore da colei che è la destinataria della ‘lode’ del poeta. Nel far ciò, la canzone dovrà ovviamente evitare con attenzione la “gente villana”, per rivolgersi esclusivamente a colei per cui è stata composta; l’obiettivo è sempre quello di raccomandarsi presso Beatrice e di tributarle i giusti onori (vv. 64-68: "E se non vuoli andar sì come vana, | non restare ove sia gente villana; | ingègnati, se puoi, d'esser palese | solo con donne o con omo cortese, | che ti merranno là per via tostana."). Lo stile complessivo della canzone, in accordo con l’elevatezza dell’argomento e l’importanza della svolta poetica proposta da Dante, è sempre particolarmente "alto" e letterario.