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Boccaccio: vita e opere

Giovanni Boccaccio nasce in Toscana (ancora non sappiamo con certezza se a Certaldo o a Firenze) nel 1313. Frutto di una relazione illegittima tra il padre, il mercante Boccaccino di Chelino, e una donna di estrazione sociale inferiore, viene riconosciuto e cresciuto dal genitore a Firenze. Nel 1327 parte giovanissimo per Napoli, al seguito del genitore, per imparare il mestiere mercantile e bancario, seguendo il desiderio paterno di vederlo sistemato in una professione stabile e remunerativa. L’esperienza napoletana si rivela però molto diversa rispetto alle aspettative, traducendosi in anni di svaghi e spensieratezze presso i raffinati ambienti della corte angioina. Qui, grazie agli stimoli della vivace vita culturale che anima la nobiltà napoietana, Boccaccio inizia ad interessarsi ai classici latini e ai grandi capolavori in volgare, Dante su tutti. Così, dopo un periodo di formazione da autodidatta, Boccaccio compone la Caccia di Diana (1333-1334), un poemetto in terzine in lode di alcune nobildonne napoletane. È poi la volta del Filostrato (1335, anche se spesso la datazione delle opere di Boccaccio ha sollevato molti dubbi), poema in ottave che narra le vicende amorose di Troilo, figlio del re troiano Priamo. Il Filocolo (1336-1337) è invece un romanzo in prosa già più maturo, dedicato a descrivere l’amore tormentato di Florio e Biancofiore. Un altro poema d’amore, questa volta di sapore epico (tanto che l'autore recupera la divisione in dodici libri tipica dell'Eneide), è il Teseida delle nozze d’Emilia, composto tra il 1339 e il 1340. Caratteristica comune a tutte queste opere (e poi centrale in quasi tutta la produzione boccaccesca) è il sentimento amoroso, non di rado di natura autobiografica. Boccaccio, ad esempio, maschera spesso dietro il nome di Fiammetta una certa Maria d'Aquino, presunta figlia di Roberto d'Angiò e musa d'amore per il giovane scrittore.

 

Nel 1340 Boccaccio, a causa di problemi economici che affliggono il padre, deve rientrare a Firenze, lasciando l'amata Napoli. Qui la vita si rivela subito molto diversa dai continui svaghi partenopei, e Boccaccio, spinto anche dalle ristrettezze finanziarie, si concentra sulla propria produzione letteraria: tra il 1341 e il 1342 scrive un prosimetro, la Comedia delle ninfe fiorentine, e conclude nel 1343 un voluminoso poema allegorico-didattico, intitolato l'Amorosa visione. Tra il 1343 e il 1344 si dedica ad un componimento in cui domina nuovamente il ricordo di Napoli, l'Elegia di Madonna Fiammetta, una specie di lunga lettera in nove capitoli, in cui la protagonista femminile, allontanandosi dalla tradizione letteraria dell’epoca, racconta le proprie sofferenze d'amore, occupando un ruolo decisamente attivo ed originale per il tempo.  Agli anni 1344-1346 risale pure il Ninfale Fiesolano, poemetto in ottave sull'amore di Africo e Mensola con cui Boccaccio vuole celebrare, attraverso il mito, la Firenze del tempo antico.

 

Dopo la peste del 1348, inizia il suo capolavoro, il Decameron, che concluderà nel 1351: l'opera, una raccolta di cento novelle raccontate da dieci giovani narratori in dieci giorni, non è solo il testo più celebre dello scrittore fiorentino, ma una vera e propria sintesi di tutto il mondo comunale e mercantile del tempo, e uno dei libri più importanti per l'intera narrativa occidentale.

Dopo questa magistrale prova, Boccaccio modifica, almeno in parte, i propri interessi di scrittura: successivo al Decameron, oltre ad opere di carattere erudito, è infatti il Corbaccio (1354-1356), un’aspra invettiva contro il genere femminile, che muta profondamente l’atteggiamento dell'autore rispetto alla tematica amorosa. L'ultimo periodo di vita, caratterizzato anche da difficoltà economiche e personali, è insomma per Boccaccio quella della meditazione esistenziale ed intellettuale: alla riscoperta dei classici corrisponde il sempre vivo interesse per Dante, cui Boccaccio dedica un Trattatello in laude (1365, ma la prima redazione è precedente di qualche anno) e una serie di pubbliche letture della Commedia a Firenze. Lo scrittore, ormai anziano e malato, si spegne a Certaldo nel 1375.