Giuseppe Ungaretti: vita e poetica

Introduzione alla vita e alle opere di Giuseppe Ungaretti, a cura di Andrea Cortellessa.
 
Giuseppe Ungaretti nasce nel 1888 ad Alessandria d'Egitto, figlio di due immigrati lucchesi. Il padre operaio dello scavo del Canale di Suez, muore pochi anni dopo la nascita del poeta.
Studia alla scuola svizzera École Suisse Jacot, una prestigiosa scuola della città egiziana. Conosce la letteratura francese attraverso la rivista "Mercure de France" e inizia a leggere le opere dei simbolisti francesi Rimbaud, Mallarmè, Baudelaire, anche grazie ai consigli dell'amico Moammed Sceab. Si avvicina alla letteratura italiana con l'abbonamento alla rivista La Voce.
Si trasferisce a Parigi nel 1912, dove conosce il poeta Apollinaire, con cui stringe subito amicizia. Incontra anche Aldo Palazzeschi, Picasso, De Chirico e Modigliani. Nel 1914 Ungaretti è a Milano e sostiene la fazione interventista. Nel 1915 si arruola volontario. Combatte sul Carso in Friuli, un paesaggio che Ungaretti ritrarrà nella sua prima raccolta Il porto sepolto, pubblicato in 60 copie nel 1916. Il porto sepolto fa parte del nucleo originario della poesia di Ungaretti, al centro delle successive metamorfosi editoriali, prima Allegria di naufragi e poi L'allegria. Nel 1920 sposa Jeanne Dupoix, conosciuta nel 1918 in Francia. Si impiega al Ministero degli Esteri. Aderisce al fascismo, firmando il Manifesto degli intellettuali fascisti nel 1925. Nel 1923 viene ristampato Il porto sepolto con la prefazione di Benito Mussolini, conosciuto qualche anno prima, durante la campagna interventista. Ungaretti, irrequieto e legato alla cultura degli intellettuali francesi, si allontana dal fascismo e la seconda metà degli anni '20 rappresenta per lui un duro periodo di povertà. Nel 1928 Ungaretti si converte al cattolicesimo, conversione che emerge nell'opera "Sentimento del Tempo" del 1933. Nel 1936 si trasferisce in Brasile, a San Paolo, dove ottiene la cattedra di letteratura italiana presso l'università della città. Rimane in Brasile fino al 1942. Nel 1939 muore il figlio Antonietto. Questo tragico evento è evidente in molte poesie delle raccolte Il Dolore (1947) e Un Grido e Paesaggi (1952)Muore nel 1970 a Milano, dopo che la sua opera era stata raccolta in un unico volume Vita di un uomo nella prima edizione della raccolta Meridiani della casa editrice Mondadori nel 1969.
 
Andrea Cortellessa è un critico letterario italiano, storico della letteratura e professore associato all'Università Roma Tre, dove insegna Letteratura Italiana Contemporanea e Letterature Comparate. Collabora con diverse riviste e quotidiani tra cui alfabeta2, il manifesto e La Stampa-Tuttolibri.
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Giuseppe Ungaretti nasce nel 1888 ad Alessandria d’Egitto. È uno dei nostri primi scrittori che nasce fuori dall’Italia; questa circostanza è importante perché ci dice come stiano cambiando le identità degli italiani e, di converso, quelle degli scrittori. In questo caso si tratta di una famiglia di emigrati, di umili origini, della Lucchesia in provincia di Lucca (Toscana). Una famiglia di lavoratori: il padre di Ungaretti morirà addirittura per la durezza del lavoro in Egitto, nei lavori di scavi, nei lavori edili in cui si era impiegato. 

La giovinezza in Egitto, al limitare del deserto, sarà una dimensione che Ungaretti rievocherà infinite volte come qualcosa che lo ha messo a contatto con una dimensione diversa rispetto a quella tipica del paesaggio italiano. Ritroviamo un riferimento esplicito al paesaggio desertico dell’Egitto in una raccolta di prose che Ungaretti chiamerà inizialmente Il deserto è dopo, come se tutto ciò che viene dopo l’esperienza in Egitto fosse condizionata da questa immagine, da questo fotogramma stampato alla memoria del deserto egiziano; questo paesaggio tornerà infinite volte nella sua poesia, anche quando si tratterà di assimilarlo, di paragonarlo a paesaggi più vicini, più consueti, legati alla quotidianità della vita italiana. Anche questa lontananza dall’Italia, questo imparare la stessa lingua italiana come se si trattasse di una lingua straniera (“italiano di nostalgia” lo definisce Ungaretti) fa eccezione nella storia della nostra poesia. Naturalmente ci saranno altri scrittori che nascono fuori dal territorio italiano: di pochi più anni anziano rispetto a Ungaretti è Filippo Tommaso Marinetti che nasce a sua volta ad Alessandria d’Egitto. Marinetti era di famiglia alto-borghese mentre Ungaretti di famiglia popolare, ma la cultura in cui crescono questi giovani italiani all’estero è una cultura fondamentalmente francese

Ad Alessandria, grazie agli amici Thuile, Ungaretti conosce i grandi maestri del Simbolismo e del Decadentismo, i grandi scrittori di quegli anni. Legge inoltre le grandi riviste che avevano fatto conoscere le nuove traiettorie della poesia, dell’arte di quegli anni. Inevitabile quindi che il suo arrivo in Europa non sia tanto in Italia quanto a Parigi (1912); il viaggio a Parigi è un’esperienza fondamentale per Ungaretti poiché conosce i grandi protagonisti della cultura delle avanguardie di quegli anni: da Apollinaire, che resterà suo amico sino alla morte del grande poeta francese (1918), ad altri emigrati italiani, altri scrittori, poeti e intellettuali che facevano a Parigi il loro “salto vitale”, come lo chiamerà uno di loro a cui Ungaretti resterà legato, cioè Ardengo Soffici. Nel 1914 si ritrova a Milano: essendo nato all’estero e avendo avuto una vita così travagliata, è ferocemente interventista. La discesa in guerra dopo il “maggio radioso” (1915), come lo chiamò D’Annunzio, lo vede entusiasta volontario. L’esperienza della guerra è un’esperienza tragica. Ungaretti si trova al fronte sul Carso, in Friuli-Venezia-Giulia: è un paesaggio lunare, desertico che Ungaretti ritrarrà nelle poesie del suo primo libro, una piccola raccolta pubblicata in soli 80 esemplari con il titolo de Il porto sepolto; questa raccolta resterà sempre il nucleo originario della sua poesia, al centro delle successive metamorfosi editoriali; prima si intitolerà Allegria di naufragi e successivamente prenderà il titolo definitivo di L’Allegria: come recita uno dei componimenti ivi raccolti, l’idea è quella del lupo di mare che dopo le traversie, i naufragi e le sventure di cui la guerra è un perfetto esempio, ogni volta, quasi rispondendo a una sorta di slancio vitale irreprimibile, riprende il mare e riaffronta l’avventura.

Nel 1922 si sposerà con Jeanne Dupoiz, una donna conosciuta nel periodo in cui prestava servizio militare in Francia (1918), e avrà due figli. Si impiega al Ministero degli esteri; è in contatto con il movimento fascista a un punto tale che la seconda edizione de Il porto sepolto, che uscirà in un’edizione di lusso a La Spezia nel 1923, si fregerà, cosa allora ambitissima, di una prefazione dello stesso Benito Mussolini. All’indomani della marcia su Roma, Mussolini trova il tempo di scrivere una breve prefazione per il poeta, intellettuale che aveva conosciuto ai tempi in cui Mussolini era giornalista a "Il popolo d’Italia". Tutta questa biografia porterebbe a pensare a un Ungaretti che diventa il vate dell’Italia fascista, ma così non fu per sua fortuna, una fortuna che in quegli anni visse in realtà come profonda sfortuna. Un’incapacità di Ungaretti di capitalizzare questa rendita di posizione, una litigiosità e anche una curiosità di attraversare paesaggi diversi da quello italiano, la sua irrequietezza di “girovago”, come si definiva, lo porta ad avere contatti continui, per esempio, con gli intellettuali francesi e questo non era molto ben visto nell’Italia stra-paesana della cultura fascista. In generale, Ungaretti è un uomo che non riesce a trarre giovamento dalle sue importanti frequentazioni. All’amico Soffici, che invece qualche vantaggio ne aveva tratto, scriverà una lettera nel 1926: “In materia d’arte, il Fascismo non solo non cambia nulla, ma accredita i peggiori”. Non a caso la metà degli anni ‘20 sono gli anni più tristi, più poveri dal punto di vista lavorativo: si deve trasferire fuori Roma, a Marino, in campagna, nei Castelli Romani, in una sorta di eremo silvestre che però è anche lontananza dalla cultura che conta.

Dopo una sofferta conversione religiosa, negli anni ’30 Ungaretti va di nuovo oltre oceano, ancora una volta emigrante come erano stati i suoi genitori. Andrà a lavorare in Brasile, a San Paolo, dove insegnerà letteratura italiana a partire dal 1936. L’Italia imperiale, l’Italia dei trionfi del Fascismo lo vede lontano, fuori dai giochi. Di nuovo la sua incapacità, la sua non grande perizia nel rapportarsi alla vita e alle convenzioni della vita, lo porta a una scelta catastrofica. Nel 1942, quando tutto ormai sembra congiurare contro il Fascismo e contro lo sforzo militare italiano, decide di tornare in Italia, dove diventa accademico d’Italia e prende la cattedra di professore di letteratura italiana contemporanea alla Sapienza di Roma, dove verrà anche fotografato a fare lezione in camicia nera. Questo naturalmente, quando di lì a poco cade il Fascismo, gli verrà aspramente rimproverato ed è probabile che questa improvvida circostanza del 1942-43 costerà a Ungaretti non solo il ruolo e il prestigio che il suo grande rivale Montale poté vantare nel Dopoguerra come antifascista della prima ora, ma probabilmente gli costerà anche il premio Nobel. 

Gli anni ’30 sono segnati da una sua supremazia in campo poetico: tanto la sua figura di intellettuale, di scrittore pubblico, di rendita sociale e letteraria era appannato, quanto il suo prestigio di poeta, anche grazie ai contatti internazionali, si afferma in Italia. La sua pronuncia poetica, che viene soprattutto dalla sua seconda grande raccolta Sentimento del tempo, diventa esemplare per i giovani poeti di quella generazione: i poeti ermetici. Seguiranno poi Il dolore (1947), che riflette sulle vicende dell’esilio in Brasile, ma anche sui bombardamenti in Italia della seconda guerra mondiale, sulle catastrofi della guerra, e La terra promessa, il tentativo di un grande poema allegorico di cui riuscirà a pubblicare solo alcuni frammenti. Negli ultimi anni continuerà a girare il mondo sempre più vitalista, sempre più espansivo, sempre più pieno di vita; farà esperienze di tutti i tipi, in tutti i Paesi; pubblicherà altre piccole raccolte come Il taccuino del vecchio (1962) e morirà molto felicemente e molto dolcemente in una notte del 1970 a Milano, dopo che tutta la sua opera poetica è stata raccolta sotto il titolo Vita di un uomo, che già Ungaretti aveva dato a diversi capitoli della sua opera poetica, nel primo volume della prestigiosa collana de I meridiani del più grande editore italiano, Mondadori.