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Günter Grass, “Il tamburo di latta”: riassunto

Introduzione

Il tamburo di latta è il romanzo d'esordio dello scrittore, saggista, drammaturgo e poeta tedesco Günter Grass, premio Nobel per la letteratura nel 1999. Il romanzo è stato pubblicato in Germania nel 1959, tradotto da Lia Secci per Feltrinelli nel 1962, ed è il primo volume della Trilogia di Danzica, che comprende altri due tomi: Gatto e topo (1961) e Anni di cani (1963). 

Grass nasce a Danzica nel 1927, quando la città è ancora indipendente, seguiranno l'invasione tedesca del '39 e l'annessione polacca decisa nella Conferenza di Postdam, ma resa effettiva solo nel 1990 da un accordo tra Germania unita e Polonia. La rievocazione di Danzica che Grass fa nei suoi libri risponde dunque a un bisogno preciso, quello di chiarire a se stesso e al lettore che ciò che era andato perso non doveva sprofondare nell'oblio, ma resuscitare grazie alla letteratura in tutta la sua grandezza e meschinità.

È dunque nella Città Libera di Danzica della sua infanzia che ci portano le memorie del tamburino nano Oskar Matzerath, protagonista del romanzo, che dal manicomio rievoca la sua vita e la storia della Germania del Novecento. Grass è abilissimo a inserire la vicenda del piccolo Oskar nella grande Storia, cucendo la trama del romanzo agli eventi cruciali dell'ascesa del Nazismo. In equilibrio tra letteratura della diaspora e avventura picaresca, la narrativa di Grass deforma la realtà variando la prospettiva di chi la osserva: la storia vista dal basso, e non dagli occhi di chi ha fatto la Storia. Questo meccanismo permette al lettore di collocare nel tempo gli avvenimenti della vita di Oskar e di credere alle parole del tamburino nonostante la prospettiva distorta con cui i fatti sono raccontati (distorta perché osservati dal basso, distorta perché il narratore è inaffidabile: un bambino non bambino, tendenzioso e paranoico). A titolo di esempio sono riportati degli stralci, a mio avviso significativi, in cui Grass inserisce la storia nella Storia, il fatto quotidiano nel Fatto che tutti riguarda:

Nel trentotto i dazi doganali furono elevati, i confini tra Polonia e Stato Libero temporaneamente chiusi. Mia nonna non poté più venire col trenino locale al mercato settimanale di Langfuhr; dovette chiudere il suo chiosco. Rimase per così dire seduta sulle sue uova pur non avendo voglia di covarle. 1

Infine:

Pare che i miei due amici siano di nuovo in lite, giacché Vittlar ha salutato Klepp ridendo e facendo a due dita le corna del diavolo: “Stamattina la morte di Stalin mi ha beccato mentre mi facebo la barba!” ha schernito aiutando Klepp a indossare il paltò. 2


Riassunto

Oskar Matzerath è rinchiuso in un manicomio, in compagnia di un infermiere dagli occhi bruni che ne controlla ogni mossa. Da qui egli rievoca tutta la sua vita, accompagnandosi con uno dei suoi tamburi di latta, laccato come gli altri a strisce bianche e rosse. La prima donna a essere ricordata è la nonna Anna Bronski, nota per le quattro gonne che indossava una sopra l'altra; gonne sotto le quali trova provvidenziale rifugio il fuggitivo incendiario Joseph Koljaiczek, ricercato dalla polizia. È così che viene concepita Agnes, futura madre di Oscar. I due si sposano, ma di nonno Joseph si perdono le tracce quasi subito: nonostante le precauzioni (il trasferimento e una nuova identità) la polizia lo scopre e Joseph nella fuga si tuffa in acqua. Nessuno avrà più notizie di lui. Anna apre un negozio e sposa il fratello di Joseph, Gregor Koljaiczek che però si rivela un uomo violento, alcolizzato e inaffidabile. Quando l'uomo muore, giunge Jan Bronski, un giovane mite e affascinante di cui Agnes adolescente si innamora. La storia con Jan Bronski non sarà mai ufficializzata ma continuerà anche dopo il matrimonio di Agnes con Alfred Matzerath, che la donna incontra in ospedale, dove lavora come infermiera. Alfred è il padre ufficiale di Oskar, ma il tamburino non cessa di ripetere quanto la sua fisionomia gli ricorda i Bronski, tanto da considerare Jan suo padre putativo.

L'episodio che vede il piccolo Oskar capitombolare in cantina - complice la botola dimenticata aperta dal padre Alfred - è più volte ripreso sia dal narratore che da Agnes, la quale non perderà occasione di rinfacciare al marito l'inadempienza e, indirettamente, la responsabilità di aver bloccato lo sviluppo del figlio a soli tre anni. La versione di Oskar però è un'altra: il piccolo tamburino sostiene di essersi gettato nella botola volontariamente, per protestare contro l'ipocrisia degli adulti e contro la loro necessità di salvare le apparenze. Il giorno del suo terzo compleanno, ricevuto in dono dalla madre un tamburino di latta, Oskar decide di non crescere più.

Il tamburo diventa la sua arma letale insieme a una voce potentissima: ogni volta che Oskar urla non c'è finestra o vetrina che tenga. Durante il suo primo giorno di scuola, la sua statura di infante, l'insistenza di una maestra poco accorta che lo intima di smettere di stamburare, e le qualità “vetricide” della sua voce, lo pongono sotto gli occhi di tutti. Agnes opta dunque per un'istruzione fai da te: se ne occupa la signora Gretchen Scheffler, moglie del pasticcere, che mentre il marito, Agnes, Alfred e Jan giocano a Skat 3, legge al bambino Goethe e Rasputin.
Intanto non cessano gli incontri settimanali tra Agnes e Jan in una stanza affittata a ore, durante i quali il piccolo Oskar viene affidato al giocattolaio ebreo Sigismund Markus, segretamente innamorato di Agnes e preoccupato che la donna frequenti un uomo come Jan, che lui giudica pericoloso perché lavora all'ufficio della Posta polacca di Danzica, che - come si è anticipato sopra – è la città natale di Grass e il luogo in cui è ambientata tutta la prima parte del romanzo.

Un giorno, durante uno spettacolo di circo, Oskar incontra il Maestro Bebra, un nano lillipuziano 4 di mezza età che gli confida di aver anch'esso voluto smettere di crescere in giovane età. Sarà proprio con il Maestro Bebra e la sua collega nana e sonnambula Roswitha Raguna che Oskar comincerà a girare l'Europa nonostante condanni in modo fermo l'asservimento politico e sociale di Bebra, che si esibisce per la dirigenza nazista e piega la sua arte alla propaganda di regime. Al termine del loro primo illuminante incontro, il Maestro saluta Oskar, ma entrambi sanno che non si si tratta di un addio: «siamo troppo piccoli per perderci», afferma Bebra e incoraggia Oscar a trovare il proprio posto ovunque egli si trovi, soprattutto sulle tribune sovraffollate delle adunate di piazza. Il tamburino prende il consiglio del Maestro alla lettera e nei giorni successivi non perde occasione per infiltrarsi tra la gente in tribuna, sopra o sotto gli spalti e disturbare l'intera cerimonia, stamburellando nei momenti meno opportuni. Ogni tanto commette furtarelli di poco conto, approfittando della sua qualità canora vetricida e istigando il popolo di Danzica a prendersi ciò che sente di meritarsi.

La madre di Oskar è cattolica. Un sabato pomeriggio, Agnes si reca presso la Cattedrale del Sacro Cuore di Gesù per confessarsi e porta con sé il piccolo tamburino il quale rimane affascinato da una statua in gesso raffigurante Gesù bambino. Piano piano però il fascino diviene ossessione e Oskar arriva a dissacrare la statua invocando un miracolo che non arriva. Gli viene proibito l'accesso alla Cattedrale. Durante una gita, Agnes, Alfred e Jan incontrano un pescatore che pratica la pesca dell'anguilla utilizzando un'esca del tutto particolare: si tratta della testa semi putrefatta di un cavallo morto. Agnes rimane traumatizzata e giura a se stessa che non toccherà mai più nulla che abbia a che fare col pesce. Suo marito Alfred però, che da qualche tempo ha sviluppato un'ossessione per l'arte culinaria, insiste perché si sforzi e assaggi le anguille. La donna perde la testa e comincia a nutrirsi solo di pesce fino a morire d'itterizia e intossicazione. Scrive Grass per bocca di Oskar:

Mamma sapeva essere molto allegra. Mamma sapeva essere molto ansiosa. Mamma sapeva dimenticare in fretta. Mamma però aveva buona memoria. Mamma buttava via il bambino ma restava con me nell'acqua sporca. Mamma ogni tanto mi andava perduta, ma il suo ritrovatore andava con lei. Quando il mio canto sfracellava i vetri mamma smerciava mastice. Ogni tanto si sedeva nel torto sebbene intorno non mancassero le sedie. Anche quando si abbottonava mamma restava un libro aperto per me. Mamma temeva le correnti d'aria e tuttavia faceva sempre vento. Viveva sulle spese e non pagava volentieri le tasse. Io ero il rovescio della sua carta da gioco. Quando giocava una cuori di mano mamma vinceva sempre. Alla morte di mamma le fiamme rosse sul cerchione del mio tamburo impallidirono un poco; ma la lacca bianca diventò più bianca e così accecante che perfino Oskar, abbacinato, a volte doveva chiudere gli occhi. 5

Come si evince dal passo sopracitato - una sorta di saluto del tamburino Oskar alla madre - Grass utilizza in modo alternativo sia la prima che la terza persona, mescolando questa presa di distanza a momenti più lirici, personali, e che la prima persona compaia accanto alla terza anche all'interno del medesimo capoverso.
Al funerale della madre, Oskar rivede il giocattolaio Sigismund Markus, primo rivenditore dei suoi tamburi di latta. Sempre in questa occasione compare per la prima volta anche Leo lo Svitato che sa tutto di tutti ed è sempre foriero di pettegolezzi. Durante il funerale, però, alcuni membri del partito portano via Sigismund Markus. È un giorno di novembre del 1938, l'antisemitismo dilaga in città; Oskar ha un tamburino ammaccato che è necessario riparare o sostituire, ma non c'è più mamma Agnes ad accompagnarlo al negozio di giocattoli. Così Oskar ci va da solo, con l'intenzione di acquistarne uno nuovo. Quello che trova però è un negozio distrutto e razziato: Sigismund Markus giace morto suicida nel retrobottega.

Dopo la morte della madre, Oskar si avvicina alla famiglia Truczinski, in particolare al figlio Herbert la cui schiena, ricoperta di cicatrici, racconta un'intera vita: ognuna è ciò che resta di un'avventura più o meno violenta. Dopo aver lavorato a lungo in una taverna, Herbert si licenzia e afferma di non voler fare più nulla. Per ovviare alla noia della disoccupazione, Oskar coinvolge Herbert in un paio di furti con scasso ma poi i due abbandonano l'attività perché non sanno dove collocare la refurtiva. Herbert comincia a lavorare al Museo della Navigazione, come custode della stanza in cui giace la polena lignea della Niobe 6 altrimenti detta “la tosa verda”. Tutte le navi su cui la polena era stata installata andarono a fuoco o altrimenti distrutte, e in molti si uccisero in sua presenza, finché i prussiani non emanarono un veto contro la statua, ordinandone la chiusura nella Torre Carceraria. Uno dei direttori del Museo della Navigazione, ignaro della maledizione, decide di liberare la statua e di sistemarla laddove Herbert Truczinski è incaricato di custodirla. Prima di lui però la Niobe, in soli quattordici anni, aveva indirettamente causato la morte di due direttori, un sacerdote, uno studente del Politecnico, due liceali appena diplomati e quattro custodi coniugati. Si parlò sempre di suicidio o incidente, ma nessuno ci credette per davvero. Anche Herbert Truczinski rimane vittima della maledizione. Un giorno lo trovano appeso alla statua, ferito al petto dalla femmina di legno.

Morto il giocattolaio e chiusa la bottega, gli ormai vecchi tamburi di Oskar cominciano a suonare male e a perdere i pezzi. Un giorno, Oskar incontra Jan Bronski che egli continua a considerare il suo vero padre. Jan è di rientro dalla Posta polacca e, vedendo il piccolo Oskar in difficoltà a causa del suo tamburino sgangherato, decide di portarlo con sé da Kobyella, un amico e collega, convinto che il tamburo possa essere sistemato. Purtroppo la congiuntura storica non è delle migliori: in quelle ore ha inizio l'assedio nazista alla città di Danzica. L'esercito tenta di impadronirsi proprio della Posta polacca in cui si trovano tra gli altri anche Jan, Kobyella e Oskar. Kobyella muore, mentre Jan, ferito, viene catturato e fucilato dai tedeschi. Oskar verrà a sapere il luogo della fucilazione grazie a una soffiata di Leo lo Svitato. Il ragazzino si sente responsabile dell'accaduto e ritiene che sia proprio quello il momento in cui teme di aver sviluppato la malattia per cui è ricoverato in ospedale 7.

Oskar è ormai adolescente e ha le sue prime esperienze sentimentali. Maria Truczinski, sorella minore di Herbert, viene assunta da Alfred Matzerath nel suo negozio e qui si intrattiene sia con Alfred che con Oskar. Quando Maria rimane incinta, Alfred la sposa ma la paternità naturale del neonato Kurt è dubbia. Oskar ritiene che Kurt sia suo figlio in quanto i colori sono quelli dei Bronski. Egli fa promessa solenne che al compimento del terzo anno d'età regalerà a suo figlio un tamburino.

Intanto l'Europa ha in serbo per Oskar un futuro itinerante: un nuovo incontro – soltanto ritardato – con il circo del Maestro Bebra e dell'amica nana Roswitha Raguna porta il tamburino lontano da Danzica. Di spettacolo in spettacolo, Oskar fa sfoggio del connubio vincente tra voce vetricida e stamburellamenti implacabili; inoltre, con il benestare di Bebra, Oskar e Roswitha divengono amanti. Durante la tappa di Bavent però, Roswitha chiede a Oskar di andarle a prendere un caffè nel cortile del castello, dove è installata una cucina da campo. Oskar, stanco e nervoso, rifiuta; Roswitha scende allora dal camion dove sono entrambi seduti e raggiunge la cucina proprio nel momento in cui una granata della marina canadese si abbatte sul campo. Così muore la piccola sonnambula. Oskar, affranto, fa ritorno a Danzica appena in tempo: è il giorno precedente il terzo compleanno di Kurt. Oskar mantiene la promessa e regala al figlio un tamburo di latta che Kurt però distrugge. A casa poco è cambiato: Maria, sempre più devota, cerca di coinvolgere Oskar e di instillargli la fede. Un giorno la statua di gesso raffigurante il Cristo bambino parla a Oskar e prende a suonare il tamburo che Oskar gli ha messo al collo. Infastidito dal miracolo tanto atteso, Oskar nega la visione mozzando un dito alla statua.

Trascorrono tempi bui. Oskar viene preso di mira da una banda di teppisti su cui riesce però a imporsi come capobanda, con il nome di “Gesù”. La “Banda degli Spolveratori”, incurante della guerra e dello sgomento che regna in città, comincia a compiere atti sacrileghi finché la polizia non scopre i responsabili. Nel frattempo gli attacchi aerei si fanno sempre più ricorrenti e la famiglia di Oskar è costretta a rifugiarsi in cantina: è qui che li trovano i soldati sovieticigiunti a Danzica per liberarla. Purtroppo Alfred è colto di sorpresa e, temendo di essere scoperto e ucciso dai russi, cerca di nascondere e poi ingoia una spilla nazista. Alfred muore sotto le mitragliatrici dei soldati e Oskar sente su di sé tutto il peso della morte del suo secondo padre. Il giorno del funerale, Kurt scaglia una pietra contro Oskar colpendolo in testa: come risultato riprende a crescere, ma – ribadisce il tamburino – si tratta di una scelta consapevole e non di un'imposizione altrui.


Il caso Grass

La pubblicazione dei miei primi due romanzi [...] mi ha insegnato presto, da scrittore relativamente giovane, che i libri possono offendere, fomentare la violenza, perfino l'odio, che ciò che nasce come frutto dell'amore per il proprio paese può essere considerato come un modo di rinnegare le proprie origini. Da allora sono diventato un personaggio controverso. 8

Günter Grass ha fatto parte, come tutti i suoi coetanei, della Hitlerjugend. Nel 1944 ha svolto il servizio militare nella Luftwaffe, per poi restare ferito in un combattimento ed esser fatto prigioniero dagli americani. Nell'agosto del 2006, ormai sentattottenne, Grass ha dichiarato in un'intervista al Frankfurter Allgemeine Zeitung di aver militato nelle 10 SS-Panzer-Division Frundsberg delle Waffen-SS, come volontario e non precettato come  si era creduto fino a quel momento. Nell'intervista Grass afferma di essersi arruolato come sommergibilista, e sostiene che una scelta del genere fosse piuttosto comune tra i ragazzi della sua generazione, che vedevano nell'arruolamento «un modo per girare l'angolo e voltare le spalle ai genitori». Questa sua rivelazione ha scatenato molte polemiche in Germania tanto che alcuni hanno preteso la restituzione del Nobel, mentre altri l'hanno difeso, convinti che il suo passato non dovesse compromettere le sue opere.


Bibliografia

Opere
G. Grass, Il tamburo di latta, Feltrinelli, 2009

Saggi 
G. Grass, Scrivere dopo Auschwitz, Datanews Editrice, 2006

1 G. Grass, Il tamburo di latta, Feltrinelli, 2009, p. 183.[fn]

E ancora:

Nel luglio del quaranta, a ridosso dei comunicati straordinari che annunciavano il decorso precipitoso e brillante della campagna di Francia, cominciò la stagione balneare sul Baltico.[fn]Ivi, p. 267.

2 Ivi, p. 284.

3 Gioco di carte per 3 o 4 giocatori, molto diffuso in Germania e Slesia.

4 I Lillipuziani sono uomini minuscoli, abitanti del paese immaginario di Lilit che ritroviamo nella prima parte de I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift.

5 Ivi, p. 163.

6 La Niobe è una polena in legno che raffigura una donna nuda con braccia conserte e occhi d'ambra, scolpita in base alle proporzioni di una ragazza fiamminga che per questo fu condannata di stregoneria. Prima di ardere sul rogo la ragazza accusò il suo mecenate, mercante e committente Portinari e lo stesso scultore di averla fatta così fortemente a sua immagine. Portinari si impiccò perché temeva il fuoco, mentre allo scultore mozzarono entrambe le mani.

7 L'episodio della morte di Jan Bronski è autobiografico: il cugino preferito della madre di Grass, anch'egli di origine casciube, lavorava all'ufficio delle Poste polacche nella Città Libera di Danzica. Allo scoppio della guerra l'ufficio postale di piazza Hevelius per un certo periodo oppose resistenza ai soldati del reggimento SS Heimwehr e l'uomo fu tra quelli che si arresero per ultimi. Venne processato e fucilato.

8 G. Grass, Scrivere dopo Auschwitz, Datanews Editrice, 2006, p. 18.