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“Il processo” di Kafka: riassunto e commento

Introduzione

 

Il processo (nel titolo originario, Der Prozess) è un romanzo di Franz Kafka (1883-1924) scritto tra il 1914 e il 1917 e pubblicato postumo nel 1925. Durante la sua vita, infatti, Kafka pubblica solamente qualche racconto (tra cui La metamorfosi e La condanna), ma i suoi tre romanzi - oltre a Il processo, Il castello (1926) e America (1927) - vedono la luce solo successivamente alla morte del loro autore, grazie alle cure di un amico dell’autore, Max Brod. A quest’ultimo, come esecutore testamentario, Kafka infatti affida i propri lavori incompiuti o non editi affinché li distrugga. Brod in realtà decide di pubblicare i testi kafkiani, spesso intervenendo con sue revisioni per dare maggior unità e coesione ai testi.

Il romanzo, che a differenza di molte opere incompiute presenta anche il capitolo conclusivo, segue le surreali e sinistre vicende di un impiegato di banca, di nome Josef K., viene accusato da un misterioso tribunale di essersi macchiato di una colpa non meglio determinata. Josek K. si trova così nella condizione assurda di doversi difendere da un’accusa indistinta ma ineluttabile, che acquista molti significati simbolico-religiosi, dal conflitto con il padre (che è il tema centrale della nota Lettera al padre) fino al rapporto difficile con il mondo ebraico.

 

Riassunto

 

Josef K., giovane procuratore di banca, vive a Praga in una stanza presa in affitto presso la signora Grubach. Nel giorno del suo trentesimo compleanno, K. scopre al suo risveglio che la cuoca non gli ha ancora portato la colazione; sta per andare a lamentarsi quando alla sua porta bussano due uomini sconosciuti. Essi sono lì per informarlo che è stato emesso un mandato di arresto a suo carico, per il quale dovrà svolgersi un processo. L’incontro è confuso e K. non capisce quali siano le reali imputazioni nei suoi confronti, e quindi non può fare altro che protestare affermando la propria innocenza. K., che è un individuo pragmatico, vorrebbe sbrigare rapidamente la faccenda, ma i due emissari, pur spiegandogli che può regolarmente recarsi al lavoro, gli notificano che dovrà presentarsi a delle udienze per difendersi e discolparsi e gli comunicano l’indirizzo del “processo”. Il colloquio si svolge prima nella sala comune e poi nella camera della signorina Bürstner, una giovane e avvenente affittuaria. Oltre ai due uomini nella stanza ci sono anche tre sottoposti di K., portati lì - a quanto pare - per rendere più semplice il ritorno in ufficio una volta terminata la procedura. La presenza di questi tre uomini infastidisce molto K. La sera stessa K. ha un colloquio con la signora Grubach, la quale ha una vera e propria adorazione nei suoi confronti e, dicendosi molto dispiaciuta per l’accaduto, si dichiara sicura che Josef sia innocente. Subito dopo K. decide di confidarsi anche con la bella signorina Bürstner, che inizialmente non vuole credere a Josef, anche perché la sua stanza non reca affatto i segni del passaggio dei due uomini. Il colloquio è lungo e senza scopo, a una cert’ora la signorina Bürstner fa in modo di congedare K.; quest’ultimo in mezzo al corridoio bacia improvvisamente la ragazza, sebbene questa abbia lasciato intendere di non essere interessata a lui.

Josef K. riceve una chiamata che lo convoca per il giorno di Domenica ad un indirizzo di un quartiere popolare di Praga; il luogo prescelto per il “processo” è il solaio di un vecchio e squallido condominio. Josef arriva in ritardo all’udienza perché perde un’ora bussando a tutte le porte del palazzo, che ha una struttura labirintica in cui è facilissimo perdersi. K. dice di essere in cerca di un falegname di nome Lanz, ma non ottiene aiuto da nessuno degli occupanti dello stabile. Alla fine una donna intenta a fare il bucato che gli dice che lo stanno aspettando da tempo e lo porta così in un sottotetto piuttosto ampio, affollato di persone dall’aspetto più o meno autorevole. La seduta è grottesca: il giudice e la platea gli sono apertamente ostili, e quindi K. tiene un’arringa in cui denuncia l’illogicità della situazione e l’operato dei due uomini che si sono presentati nella sua stanza. Mentre parla, un uomo e una donna hanno un rapporto sessuale nella stessa stanza. La seduta, tra i rumori della folla, si chiude così in un nulla di fatto: K. ancora non sa di cosa è accusato ma il giudice lo ammonisce in merito al suo atteggiamento. K. abbandona l’aula insultando la platea, che pare composta tutta da funzionari come quelli che si sono presentati in camera sua.

Il protagonista torna la settimana seguente nel luogo dell’udienza, dove viene da una donna molto seducente (che è la moglie dell’usciere, la stessa coinvolta nell’atto sessuale durante la prima sessione del processo) che lo informa che quel giorno non c’è nessuna seduta. Gli racconta anche di avere intercorsi sentimentali con vari studenti e giudici, poiché suo marito è l’usciere del tribunale e quindi lei non può fare altrimenti. Anche quell’alloggio è stato messo a loro disposizione dal tribunale, a patto che nei giorni di udienza lo sgombrino e lascino che vi si svolgano gli interrogatori. L’incontro tra i due, durante il quale la donna prova a sedurre Josef offrendogli il suo aiuto, viene interrotto da uno studente che porta via la donna con sé. All’arrivo dell’usciere K. si fa condurre alla Cancelleria del tribunale. Qui, in un luogo asfittico, K. incontra altri imputati, abbastanza ostili nei suoi confronti; a causa della quasi totale assenza d’aria, K. si sente male e dev’essere riportato sulle scale.

Nei giorni seguenti K. non riesce mai a incontrare la signorina Bürstner nonostante i suoi tentativi di avere un incontro con lei per scusarsi del suo atteggiamento di qualche settimana prima. K. riesce solo ad avere un colloquio con la signorina Montag, una professoressa di francese afflitta da una lieve zoppia che vive con la Bürstner. Alla scena è presente anche il nipote della signora Grubach. K., che bussa senza successo alla porta della stanza della sua vicina e poi vi si introduce di nascosto, è frustrato dal fatto di non riuscire a raccontare a nessuno la propria paradossale vicenda. Qualche giorno dopo a Josef capita un altro episodio piuttosto inquietante: mentre si trova in ufficio sente dei rumori provenire da un magazzino, dove un uomo armato di bastone sta picchiando i due funzionari che gli hanno notificato l’arresto. K., sconvolto dalla scena, chiede quali siano le motivazioni della punizioni e scopre che i due sono puniti a causa delle dichiarazioni da lui rese al processo. Josef, che non voleva accusarli direttamente, inizia a nutrire un profondo seppur immotivabile senso di colpa. Un pomeriggio K. riceve la visita di suo zio Karl che lo informa di essere venuto a conoscenza del processo e di volergli dare una mano. Lo zio, assai preoccupato dalla gravità del caso del nupote, conduce così il protagonista dal amico avvocato Huld, molto vecchio e molto malato, che è accudito da una ragazza lasciva di nome Leni. Huld spiega a Josef che il suo caso è difficile, perché l’accusa nei suoi confronti non è nota e perché bisogna combattere contro al macchina della burocrazia. In maniera apparentemente assurda, Huld rivela a Josef che, in un angolo in ombra di quella stanza, si nasconde il capo cancelliere del tribunale presso cui il protagonista è sotto processo. I due lo chiamano a partecipare alla discussione, ma K. esce dalla stanza e viene raggiunto da Leni, che riesce a sedurlo. Lo zio si infuria con K. che, secondo lui, con il suo atteggiamento rischia di perdere l’assistenza dell’unica persona che può aiutarlo davvero.

La situazione di K. peggiora di giorno in giorno: egli si reca spesso dall’avvocato, che gli spiega che il suo caso è sempre più intricato e che sarà necessario produrre una memoria difensiva. Josef capisce che l’avvocato può fare davvero poco per il suo caso e decide di scriversi da solo l’istanza di difesa, pur sapendo che si tratta di un compito gravoso. La crescente preoccupazione influenza anche il suo lavoro in banca, la cui qualità scade giorno per giorno. In ufficio K. conosce un industriale, suo cliente, che gli riferisce di aver saputo del suo processo e di poterlo aiutare. L’uomo infatti conosce un pittore di nome Titorelli che, pur essendo assai povero, lavora come ritrattista per il tribunale; Titorelli ha infatti ereditato questo importante titolo dal padre, e ciò gli permette di conoscere perfettamente tutti i meccanismi del tribunale e della Legge. Josef si reca così dal pittore, che vive in un angusto e asfittico sottotetto in un quartiere povero e malfamato. Il pittore spiega che ci sono tre possibilità: l’assoluzione vera, l’assoluzione apparente e il rinvio a tempo indeterminato. L’assoluzione completa è una circostanza che non si è mai realizzata ed è praticamente una leggenda che circola solo tra gli imputati; l’assoluzione apparente richiede molto lavoro e può essere in ogni momento revocata da un altro giudice o da un’altra Corte, condannando dunque l’imputato ad un’angoscia perenne. L’ipotesi del rinvio indeterminato è la migliore, poiché, a patto di un rapporto costante con la Corte, assicura che l’atto processuale rimanga bloccato nelle sue prime fasi. K., assai confuso, acquista alcuni quadri al pittore e, uscendo da una porta di servizio, si ritrova nei corridoi labirintici del tribunale e capisce che anche Titorelli ha ricevuto una stanza in usufrutto come l’usciere e sua moglie.

K. in ogni caso decide di revocare il mandato al suo avvocato; quando però si reca a casa sua, trova Leni in compagnia di un uomo di nome Block. L’uomo è commerciante caduto in rovina a causa di un processo intentato contro di lui che si trascina ormai da cinque anni. Vedendo Block in maniche di camicia e Leni in vestaglia, K. sospetta che i due siano amanti, ma Block smentisce la circostanza, svelando invece a Josef che sugli imputati del tribunale vige una sorta di maledizione, per cui essi diventano schiavi della superstizione e vivono come alienati dal mondo. Block stesso, ad esempio, è una sorta di servo a casa dell’avvocato Huld, che lo maltratta e lo considera un individuo subalterno. K., nonostante Block e Leni cerchino di dissuaderlo, entra nella stanza dell’avvocato e, dopo aver conversato con lui della condizione di Block e del proprio processo, gli revoca il mandato 1. K. viene quindi incaricato da suo ufficio di far visitare la città ad un cliente italiano, che però non si presenta all’appuntamento stabilito presso la cattedrale di Praga. K. entra quindi nella chiesa, dove trova solo un sacerdote che sembra intento a preparare le funzioni. Josef vorrebbe allontanarsi, ma il prete lo richiama a gran voce e incomincia a rimproverarlo per la sua condotta con le donne. Il sacerdote, che è in realtà il cappellano del tribunale, è perfettamente al corrente della situazione di K. e gliela illustra per mezzo di una parabola, ispirata al racconto kafkiano Davanti alla legge 2 e il cui significato sembra alludere alla condanna di Josef. Prima che Josef venga congedato dal sacerdote senza ulteriori spiegazioni, i due discutono del significato della novella, che fa parte dei testi legislativi consultati e interpretati da secoli dai giudici della Corte.

Alla vigilia del suo trentunesimo compleanno, due uomini si presentano a casa di Josef K.: senza che sia stata mai emessa alcuna sentenza, i due prendono in custodia il protagonista, che oppone poca resistenza, consapevole della fine che lo attende. I due scortano K. attraverso la città, dove a Josef pare di scorgere per l’ultima volta la signorina Bürstner. K. stesso aiuta i due giustizieri a evitare un poliziotto che vuole fermarli, finché i tre raggiungono una cava abbandonata alle porte della città. Qui K. è fatto sedere in una buca, da cui può solo vedere, in lontananza, una figura misteriosa che si sporge da una finestra. Josef viene pugnalato due volte al cuore; il suo ultimo grido è: “Come un cane!”.

 

Commento

 

Il processo viene scritto dal 1914 al 1917 e sottoposto a diverse revisioni, fino a che Kakfa decide di non pubblicarlo (e anzi di distruggerlo come molte altre sue opere, poi salvata dall’amico Max Brod). Il romanzo è del resto uno dei più complessi e ambigui della produzione kafkiana e uno di quelli in cui la sua poetica - in cui convergono il senso di mistero e l’oppressione delle strutture sociali, l’assurdità della vita quotidiana, l’atmosfera onirica in cui sono immerse le vicende - raggiunge i risultati più alti.

Il tema principale dell’opera, come indica il titolo stesso, è quindi quello della Giustizia, intesa sia come insieme di leggi e norme che regolano la vita degli uomini che, in senso metafisico, come ordine superiore che governa il mondo e le cose. Per Kafka (che evidentemente trasfigura se stesso nel protagonista, come avviene anche per il personaggio di K. nel Il castello) la tragedia dell’uomo moderno è che questo ordine - la Legge, come nel racconto Davanti alla legge citato da Josef e dal sacerdote - è ignoto ed inconoscibile: K., nonostante goda di un evidente vantaggio intellettuale sui giudici e sui meschini funzionari della corte, non può fare nulla per sostenere le proprie ragioni, né verrà mai a capo dei veri capi d’accusa che pendono sopra la sua testa. Mentre il “processo” avanza implacabile, K. si trova anzi coinvolto in situazioni paradossali e farsesche 3: dalla prima udienza in tribunale fino al rapporto inconcludente con l’avvocato Huld, dalla visita a Titorelli fino alla scena nella cattedrale con il sacerdote. Josef, che inizialmente denuncia l’insensatezza della burocrazia e della giurisprudenza, tuttavia a poco a poco matura un inconscio senso di colpa (si pensi alla scena in cui nel suo stesso ufficio vede violentemente puniti i suoi persecutori) che alla fine gli fa accettare la condanna a morte come un fatto naturale e necessario. L’angoscia e la consapevolezza di “essere perseguiti e puniti per una colpa non commessa, ignorata, che il tribunale non ci rivelerà mai” 4 sono quindi i tratti essenziali del rapporto di Josef K. con la realtà. E questa “colpa” è solo un caso della più generale e universale colpa connaturata all’esistenza umana, che si lega profondamente al rapporto conflittuale di Kafka con il mondo ebraico (di cui fa parte ma di cui avverte la fine imminente) e con il proprio retroterra familiare. Corrispondente al senso di colpa è l’angoscia ossessiva di Josef: l’assenza di logica e l’alienazione dell’uomo dalla realtà svuotano progressivamente di senso e significato ogni gesto dl protagonista, il cui ultimo pensiero è per la “vergogna” che rimarrà di lui dopo l’esecuzione capitale.

1 Nel romanzo questa scena si interrompe bruscamente perché il capitolo non è stato terminato. Altri capitoli non portati a termine e non inseriti nell’edizione finale del romanzo sono incentrati sulle visite di K. alla madre, a una donna di nome Elsa (amica di Leni), al vicedirettore della banca, al pittore Titorelli e al pubblico ministero del tribunale.

2 Davanti alla legge (in tedesco, Vor dem Gesetz) è un racconto di Franz Kafka pubblicato nel 1915. In esso, un semplice contadino desidera entrare nel palazzo della Legge, ma un guardiano gli spiega che dovrà attendere per un tempo indeterminato di fronte ad un portone. Nonostante le domande insistenti del protagonista, che prova anche a corrompere senza successo il guardiano, il portone non viene mai aperto, e il contadino trascorre anni interi in un’inutile attesa. In punto di morte, il protagonista chiede perché nessun altro uomo abbia mai tentato l’accesso alla Legge: il guardiano - in accordo con la logica dell’assurdo delle narrazioni kafkiane - rivela che quella porta misteriosa poteva essere dischiusa solo per il contadino, ma che ora verrà serrata per sempre.

3 L’assurdità della vicenda, dietro cui si può leggere la visione del mondo di Kafka e la sua vicinanza a certi aspetti dell’Esistenzialismo, si traduce nella descrizione degli spazi del romanzo: prevalgono infatti i luoghi chiusi e asfittici, come il tribunale , in cui K. si perde più volte e da cui può uscire solo con l’aiuto di altri personaggi.

4 P. Levi, Nota del traduttore, in F. Kafka, Il processo, Torino, Einaudi, 1983.

Testo su Franz Kafka

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