3'

Jacopo da Lentini, "Amor è un desio che ven da' core": testo originale e commento

Intorno al 1241, Jacopo Mostacci, Pier della Vigna e Giacomo da Lentini si cimentano in una discussione dottrinale in versi “sulla natura di Amore”, una pratica molto diffusa tra i poeti provenzali del XII secolo.

Il genere della tenzone viene così utilizzato dai Siciliani per indagare l'intima sostanza del sentimento amoroso: attraverso il procedimento positivo del dialogo in forma lirica (un metodo molto simile a quello in uso nelle scuole di teologia del XII secolo), i poeti animano la cultura di corte con argomenti laici e profani e inaugurano una riflessione che diventerà centrale negli stilnovisti (e si veda ad esempio la canzone di Guido Gunizzelli, Al cor gentil rempaira sempre amore) Il sonetto Amor è uno è un[o] desio di Jacopo da Lentini è il componimento di chiusura della discussione aperta dal Mostacci (in Sollicitando un poco), e ripresa da Pier della Vigna (in Però ch'amore). In questi due componimenti, all'apertura scettica del primo, risponde il secondo con una dimostrazione: poiché la forza di Amore è simile al pregio della calamita, la quale attira il ferro senza che tale virtù si veda, gli uomini non possono negarne l'esistenza basando il proprio giudizio sulla vista, ma devono restare fedeli a ciò che intimamente sentono, e credere all'amore pur senza vederlo.

Il tema della vista viene però ripreso (secondo esiti del tutto originali), dal notaio di Lentini: “l'amore è un desiderio”, dice in apertura di sonetto, “che proviene dal cuore, come conseguenza del grande piacere dato dalla vista della donna, e gli occhi sono i primi a causare l'amore e solo in seguito esso è alimentato dal cuore (vv. 1-4, come anche in Guido Guinizzelli, Lo vostro bel saluto e in Guido Cavalcanti, Voi che per li occhi mi passaste 'l core). La vista, che per Mostacci e il della Vigna funge da chiave di dimostrazione dell'esistenza di Amore, per il Lentini diventa invece il tramite attraverso cui può realizzarsi. “Talvolta”, continua il Notaro, “qualcuno ama senza vedere l'oggetto del suo amore” (una critica al tema provenzale dell'amore a distanza, argomento del tutto assente nella lirica siciliana); “ma l'amore intenso e passionale nasce solo dalla vista dell'oggetto del proprio desiderio” (vv. 5-8). “Gli occhi, infatti”, prosegue nella prima terzina, “trasmettono al cuore la sostanza naturale, positiva o negativa, di ogni cosa” (vv. 9-11); “e il cuore, che raccoglie tutto ciò, si fissa ad immaginare quel che gli piace: e questo è l'amore che comanda tutti gli uomini” (vv. 12-14). L'argomento dell'amore che “si move per veduta” è già presente del trattato di Andrea Cappellano (De Amore), una delle fonti più importanti per la lirica amorosa del XII e XIII secolo.

Riportiamo di seguito il sonetto (schema ABAB ABAB CDE CDE) del "Notaro" Jacopo da Lentini:

 

Amore è uno desi[o] che ven da’ core
per abondanza di gran piacimento;
e li occhi in prima genera[n] l’amore
e lo core li dà nutricamento.

Ben è alcuna fiata om amatore
senza vedere so ’namoramento,
ma quell’amor che stringe con furore
da la vista de li occhi ha nas[ci]mento:

ché li occhi rapresenta[n] a lo core
d’onni cosa che veden bono e rio
com’è formata natural[e]mente;

e lo cor, che di zo è concepitore,
imagina, e [li] piace quel desio:
e questo amore regna fra la gente.