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James Joyce, "Gente di Dublino": struttura dell'opera

My intention was to write a chapter of the moral history of my country and I chose Dublin for the scene because the city seemed to me the centre of paralysis. I have tried to present it to the indifferent public under four of its aspects: childhood, adolescence, maturity and public life. The stories are arranged in this order. I have written it for the most part in a style of scrupulous meanness and with the conviction that he is a very bold man who dares to alter in the presentment, still more to deform, whatever he had seen or heard.
Questo estratto di una lettera del 5 maggio 1906 che Joyce scrisse all’editore Grant Richards, il quale avrebbe dovuto pubblicare la sua raccolta di racconti, è importante per l’analisi dell’opera perché ci chiarisce gli intenti dell’autore e la struttura della raccolta, oltre a fornirci una chiave di lettura indicandoci il tema principale: la paralisi, che vediamo rappresentata sia a livello individuale che sociale e sia a livello fisico (come in The Sisters), psicologico o spirituale (come in The Boarding House o A Little Cloud) o addirittura incarnata in una paralisi e sterilità emotiva (come in A Painful Case). Questa paralisi, come ci dice l’autore stesso, è una metafora per narrare la città di Dublino, che Joyce descrive attraverso le tre fasi della vita: fanciullezza, adolescenza e maturità.
 
Un altro aspetto fondamentale nella lettura dei Dubliners sono le epifanie, momenti di rivelazione improvvisa nei quali una realtà interiore che non si era mai conosciuta viene a svelarsi, portando alla luce la vera essenza delle cose. Ogni racconto contiene un’epifania che rappresenta anche il climax della storia e, spesso, il simbolo di una condizione morale.