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Wilde, "Il ritratto di Dorian Gray": riassunto e commento

Il ritratto di Dorian Gray non è soltanto l’unico romanzo scritto da un autore che si dilettò in diverse forme di scrittura, ma rappresenta anche una sorta di manifesto della poetica di Oscar Wilde. È, infatti, l’opera che meglio condensa le sue teorie su una vita fatta di bellezza e piacere come suprema forma d’arte.
Wilde aveva fatto sua la teoria di Théophile Gautier dell’”arte per l’arte”, che affermava che all’arte non occorressero scopi o ragioni poiché essa è sufficiente a se stessa. Secondo Wilde l’artista, in quanto individuo dotato di buon gusto, è al di sopra della moralità. Questo è ciò che viene rappresentato nel romanzo, sebbene con un epilogo drammatico, così come drammatico fu l’epilogo della vita di Wilde.
Nel Ritratto di Dorian Gray vi sono diversi elementi magici o comunque legati al mistero, a partire dal ritratto di Dorian che invecchia e imbruttisce al posto del giovane, elementi, questi, tipici delle fiabe e dei racconti del folklore. Il genio di Wilde fu quello di scrivere un romanzo di folklore inserendovi la sua dottrina estetica e la sua teoria secondo la quale il piacere, la gioventù e la bellezza sono gli unici scopi nella vita, e la vita stessa sia la più grande opera d’arte. Il finale ci mostra però, alquanto profeticamente, come una vita fatta di piaceri ed eccessi abbia sempre un prezzo da pagare.

Domande
Dopo aver studiato a scuola (con spiegazione pessima e superficiale) il ritratto di Dorian Gray, romanzo che mi è da sempre piaciuto moltissimo, ho elaborato alcune mie interpretazioni personali. La domanda generale è: sono verosimili? Sono accettabili nella poetica di Wilde? 1. Innanzitutto, la questione "Art for art's sake": mi è stata spiegata come “l'arte ha valore per sé, e non ha niente a che vedere con la morale”. Ecco … penso che questa spiegazione sia una semplificazione. Come è stato segnalato, nel ritratto di Dorian Gray c'è un messaggio di natura etica, anche se Wilde non si mette a fare il moralista didattico alla Manzoni; quindi non mi pare proprio vero che arte e morale non c'entrino niente l'una con l'altra. Più che altro la interpreterei come “L’arte ha valore di per sé e la morale non è condizione necessaria per farla esistere”. È come se Wilde dicesse “ci sono bellissime opere d’arte che non hanno valore etico, ma sono bellissime comunque e restano sempre opere d’arte; un messaggio di natura etica non svaluta l’opera: semplicemente aggiunge del buono a qualcosa che è già bello”. E posso anche pensare a questa frase come ad una risposta alle accuse dei critici, che forse ritenevano pubblicabili solo le opere (rispettabilissime) di Dickens, dal fortissimo intento critico e morale; e allora lui rispondeva dicendo "ma l'arte è bella di per sé, non dovete rompermi le scatole" (scusate il francesismo)... ma non mi sembra accettabile interpretarla semplicemente come "la morale con l'arte non c'entra niente". Semplicemente, non è necessaria; ma inserirla non rovina del tutto l’opera, se lo si fa con criterio. Che ne pensate? 2. Veniamo ai personaggi del ritratto di Dorian Gray. A mio parere, molti di loro sono dei simboli. Prendiamo Lord Henry Watton: un lord inglese dell’alta società che parla per aforismi, predica l’estetismo e parla tanto bene da coinvolgere e ammaliare chiunque lo ascolti. Esattamente come il Wilde esteta nella sua vita. Aspetto importante che vorrei sottolineare: predica l’estetismo, non lo mette in pratica. È lo stesso Basil Hallward, il pittore, a dirglielo: lui parla di nefandezze e peccati, ma si comporta in modo esemplare. Forse lui, Basil, rappresenta la coscienza di Wilde, oltre che la sua vena artistica: è la parte che dice “sì, però attento a non esagerare”. È la parte che gli impedisce di diventare una persona abietta e crudele … quale invece diventa Dorian Gray. Questo simbolico personaggio, che ho sentito accostato allo stesso Wilde, a mio parere incarna invece due aspetti contemporaneamente. Innanzitutto, l’ipocrisia della società vittoriana, come è stato segnalato: anche lui, come tutti, ha uno scheletro nell’armadio (o, in questo caso, un quadro nell’attico). Ma io lo assocerei anche ad un altro aspetto, che non ho mai letto da nessun’altra parte e per questo vorrei confrontarmi con voi. A mio parere rappresenta qualunque giovane ingenuo e bello (la società vittoriana) che ascolti le parole di Henry Watton (Oscar Wilde e gli esteti) senza l’influsso della coscienza e senza spirito critico (Basil Hallward); e infatti Dorian Gray, a differenza di Lord Henry e di Basil, applica l’estetismo non appena ne sente parlare. È una sua scelta; condizionata dalle parole di Lord Henry, certo, ma ben presto diventa una sua scelta. E a quale prezzo? Un’anima rovinata, un senso morale inesistente: dice al suo amico chimico, che ha obbligato ad aiutarlo, “solo tu puoi salvarmi”, lui che ha appena ucciso un uomo; negli ultimi istanti della sua vita, pensa alla confessione per viltà, per paura della pena di morte, ma non è convinto di aver sbagliato; e non dà mai la colpa a se stesso né a Henry, ma al povero Basil e infine al quadro. Dorian Gray è colui che mette in pratica gli ideali dell’estetismo così come sono, senza freni, finendo in breve tempo in una vita di eccessi e di crimini. Dove l’aggiunta del crimine è molto importante … 3. La morale, quindi. Arriviamo al famigerato messaggio etico del romanzo. Più che un monito al Giudizio Universale, come sembra da come mi è stato spiegato a scuola, a me pare molto più problematico e meno ovvio. La vita famigerata di Dorian Gray, le tracce che compaiono sul suo quadro, Basil che muore non appena lo vede e soprattutto l’emblematico momento della morte, in cui i Dorian Gray nel quadro e nella vita si scambiano nuovamente, mi porta a pensare ad un duplice monito. Uno è rivolto alla società del suo tempo, che riassumerei così: “Cara società vittoriana ipocrita: fai pure le tue scelte. Io non ti giudico né ti sto a spiegare che cosa sia il bene e che cosa sia il male: semplicemente ti racconto ciò che fai, e non mi risparmio dettagli. Attenta, però: nonostante tu abbia uno scheletro nell’armadio, prima o poi ciò che fai si vedrà. È inutile che provi a nasconderlo; presto o tardi, pagherai le conseguenze per ciò che hai fatto. Presto o tardi, la verità salterà fuori. Presto o tardi, ti assumerai le tue responsabilità”. Per estensione, possiamo quindi dire che Wilde avvisa tutti i suoi lettori, di ogni tempo: “Fate pure le vostre scelte: io non metto il naso in ciò che decidete di fare. Attenti, però: ad ogni scelta corrisponde una responsabilità. E se provate a nasconderla, fidatevi: prima o poi salterà fuori”. Un altro messaggio, invece, più implicito e molto più problematico, è a mio parere un monito sia a Wilde stesso sia a tutti gli esteti come lui. In pratica, secondo me, è come se Wilde, in questo monumentale e compiuto manifesto dell’estetismo, ne affermasse implicitamente anche i limiti, la pericolosità: “La portata delle idee dell’estetismo”, sembra affermare, “è pericolosa. Sì, è vero tutto quello che diciamo; ma dobbiamo avere un freno, non dobbiamo dimenticarci della nostra coscienza, non dobbiamo perdere di vista il bene e il male. Dobbiamo sapere quando fermarci … altrimenti le conseguenze possono essere disastrose”. Un’interpretazione del genere presuppone in Wilde una grande consapevolezza della portata delle sue idee, molto di più di tutti coloro che lo circondavano, e fa domandare a me: se le parole possono trasformare un giovane ingenuo in uno spietato assassino … su un popolo intero, sull’intera società vittoriana qui rappresentata e, per estensione, in tutte le società del mondo, che effetto possono avere le parole?