I "Sei personaggi in cerca d'autore" di Pirandello: riassunto e analisi critica

I Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello è considerato unanimemente come una delle prove più alte e significative dell’intera poetica del suo autore, che vi condensa con abilità e maestria rare i temi fondamentali (e lo stile relativo) della sua produzione: la mescolanza di tragico e comico (come nell'Enrico IV), l’adozione di un punto di vista umoristico, la molteplicità infinita del reale e la sua intima relatività, l’opposizione tra la “forma” e la “vita” come radice dei drammi umani.
 
Se l’esordio di questa “commedia da fare” - così recita il sottotitolo, ad indicare cioè un’opera  non compiuta, inconclusa, aperta; insomma, non fissata in una “forma” - fu difficoltoso, come ci raccontano le cronache dell’epoca (Pirandello tornerà spesso a rielaborare il suo testo), la sua affermazione e il suo successo di botteghino è senza pari; la svolta metateatrale (cui partecipano anche Ciascuno a suo modo e Questa sera si recita a soggetto) di Pirandello è del resto una rivoluzione per l’intero teatro borghese ed europeo del tempo. Da un lato, le scelte narrative fanno saltare gli schemi convenzionali, mettendo sul palco di un teatro di prosa un gruppo di attori che prova la commedia pirandelliana Il giuoco delle parti, commentandola esplicitamente come del tutto incomprensibile. Oltre agli attori e al direttore-capocomico, arrivano in teatro sei nuove persone che si presentano come sei personaggi nati dalla fantasia di un autore, che però li ha poi abbandonati. I sei “intrusi” esprimono allora il loro desiderio che il capocomico si sostituisca all’autore e faccia recitare il loro dramma alla compagnia.
 
La stessa scansione della commedia in parti è fluida, smentendo la tradizionale divisione in atti e scene, con solo due interruzioni che hanno le fattezze della casualità; in particolar modo, i personaggi non si rispecchiano negli attori e nella loro recitazione, tanto da entrare in conflitto con tutti e da sovrapporre realtà e finzione, commedia da interpretare e commedia che si sta vivendo, ruolo da interpretare e maschera che si assume più o meno consapevolmente. Ed è per questo che tutte queste divagazioni metanarrative creano quel senso di straniamento critico nello spettatore, che non può immedesimarsi nelle vicende e nei sentimenti rappresentati. E a chiudere questa fase cruciale della poetica pirandelliana, è l’autore stesso che afferma:
io ho accolto e realizzato quei sei personaggi: li ho però accolti e realizzati come rifiutati: in cerca d'altro autore. Bisogna ora intendere che cosa ho rifiutato di essi; non essi stessi, evidentemente; bensì il loro dramma, che, senza dubbio, interessa loro sopra tutto, ma non interessava affatto me. E che cos'è il proprio dramma, per un personaggio? [...] Il dramma è la ragion d'essere del personaggio; è la sua funzione vitale: necessaria per esistere. Io, di quei sei, ho accolto dunque l'essere, rifiutando la ragion d'essere.
Come a dire che nella modernità non si possono più rappresentare né tragediedrammi, ma solo "commedie da fare".