Manzoni, I Promessi Sposi: riassunto e analisi dell'opera

I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni: trama e fasi di composizione del romanzo. A cura di Alessandro Mazzini.

A guidare la sperimentazione letteraria di Manzoni è la necessità di trovare una forma che sia più aperta e adeguata possibile, rispetto al senso di complessità del reale che egli avverte. Quest'ultimo può essere riassunto in tre articolazioni: 1) sentimento della complessità del cuore umano, 2) percezione della complessità della società, 3) misterioso senso di imperscrutabilità della provvidenza divina.

L'approdo al romanzo da parte di Manzoni si configura, pertanto, come il punto di arrivo di un percorso per esclusioni. Egli si cimenta dapprima nella lirica, rinnovandola profondamente e smontandone i presupposti della tradizione classicista; passa poi alla tragedia, dove abolisce la concezione canonica del tragico con l'obiettivo di esprimere quella complessità cui si è accennato.
Il romanzo storico è, per Manzoni, una scelta anti-letteraria: un ultimo tentativo per far esprimere alla letteratura ciò in cui non era riuscita prima, e quindi distruggere il "diaframma" tra essa e la realtà (esigenza, per lui, non solo intellettuale, ma etica e umana).
Ciò comporta all'autore una grande fatica, soprattutto dal punto di vista linguistico, portandolo a infinite revisioni dell'opera.
Dal "Fermo e Lucia" ai "Promessi Sposi" si assiste al passaggio da una lingua artificiale e composita, denunciata dall'autore stesso nell'introduzione del "Fermo e Lucia", al toscano, scelta realistica e storica.

Alessandro Mazzini è professore di Greco e Latino presso il Liceo Classico Manzoni. Si è laureato in Letteratura Greca con il professore Dario Del Corno presso L'Università degli Studi di Milano. Ha collaborato con riviste di divulgazione culturale e ha insegnato per 10 anni Lingua e Letteratura Italiana e Lingua e Letteratura Greca presso il Liceo della Scuola Svizzera di Milano. Dal 2001 è ordinario di Italiano e Latino nei Licei e dal 2003 ordinario di Greco e Latino al Liceo Classico.

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La necessità di una forma letteraria che fosse più aperta e adeguata a quel senso della complessità del reale, che si articola in:

sentimento della complessità del cuore umano,percezione della complessità della società,misterioso senso dell’imperscrutabilità della Provvidenza divina,

 

avevano costruito in Manzoni un bisogno di utilizzare, o meglio di trovare una forma letteraria che di fatto non aveva avuto testimonianze nell’edizione precedente. In effetti l’approdo al romanzo da parte di Manzoni si configura come una sorta di esito di un percorso a esclusione. Manzoni si cimenta con la lirica, la rinnova profondamente e ne smonta i presupposti che erano stati propri del classicismo della letteratura italiana; si cimenta con la tragedia e smonta i presupposti del genere, abolendo la concezione canonica e tradizionale del tragico: proprio con Adelchi esprime la necessità di una tragedia che tenga conto della complessità vista poc’anzi. L’approdo al romanzo da parte di Manzoni si configura come una sorta di approdo contro la letteratura. Per Manzoni il romanzo è un genere anti-letterario, tanto è vero che mentre nelle lettere allo Chauvet aveva espresso forti riserve sul romanzo, o meglio sul romanzesco, ecco che approda al romanzo storico come un ultimo tentativo per cercare di fare esprimere alla letteratura quello che secondo Manzoni di fatto non aveva mai espresso, per abolire una sorta di diaframma tra la letteratura e la realtà che avvertiva come una profonda esigenza intellettuale, etica e umana. L’approdo a questo non genere letterario, perché tale era il romanzo perlomeno in Italia, comporta una grande fatica da parte di Manzoni che si esprime in un lavorio sul romanzo che inizia il 24 aprile 1821 e che si concluderà nel 1840 con la Quarantana, l’ultima edizione de I Promessi Sposi pubblicata da Manzoni. Le fasi di questo lavoro sono molte complesse: la prima stesura del romanzo, che probabilmente avrebbe dovuto chiamarsi Fermo e Lucia dai nomi dei protagonisti della vicenda, inizia il 24 aprile 1821 e in quaranta giorni Manzoni stese i primi due capitoli e anche la prima introduzione, la quale offre spunti di riflessione letteraria molto interessanti

 

Riprende il romanzo dopo l’aprile 1822 e a settembre si trova a metà del secondo tomo che conclude nel novembre, quindi in 19 mesi compone i primi due tomi: non bisogna infatti dimenticare che Manzoni contemporaneamente stava lavorando all’Adelchi e a La Pentecoste, oltre ad altri lavori. Il 28 novembre 1822 inizia il terzo tomo che si concluderà l’11 marzo 1823. Nel 17 settembre 1823 verrà concluso il quarto tomo. In realtà, dalla conclusione della stesura del Fermo e Lucia, Manzoni è profondamente insoddisfatto infatti già nel marzo del 1824 riprende in mano il romanzo a cui dà il titolo de I Promessi Sposi, che saranno pubblicati nel 1827 in tre volumetti. Questa seconda scrittura del romanzo vede una profonda modificazione della lingua e anche dell’intera compagine romanzesca: si assiste proprio a un montaggio e rimaneggiamento radicali, che sono tesi a un maggior equilibrio e a una maggiore omogeneità della forma interna del romanzo. In generale Manzoni non solo ridistribuisce i blocchi narrativi, ma tende a togliere intere pagine di riflessioni o digressioni e a condensare, come per esempio la storia di Gertrude che nel Fermo e Lucia occupava sei capitoli mentre nella seconda stesura occuperà soltanto due capitoli, o lo stesso dicasi per la vicenda del Conte del Sagrato, che poi diventerà l’Innominato. Il frutto di questo profondo lavorio, che poi si manterrà nella terza stesura del romanzo (1840), è una struttura che si può suddividere in quattro parti con tre grandi cerniere narrative, come ha messo in luce lo studioso Lanfranco Caretti. La prima parte, detta anche parte paesana, occupa i capitoli I-VIII; si ha poi la prima cerniera con la storia di Gertrude che occupa i capitoli IX e X. La seconda parte del romanzo vede invece i protagonisti della vicenda: Fermo, che acquisisce il nome di Renzo, e Lucia. I capitoli sono divisi e quindi si ha l’assolo di Renzo dal capitolo XI al capitolo XVII seguito dalla storia di Lucia che occupa i capitoli XVIII e XIX; questi portano alla seconda cerniera narrativa che è costituita dalla vicenda dell’Innominato (capitoli XX e XXI). La terza parte prosegue con l’assolo di Lucia, dal capitolo XXI al capitolo XVI e sempre in questa parte si ha una folta schiera di personaggi minori, più o meno ricollegabili alle vicende della carestia e della guerra, fino al culmine costituito dalla terza cerniera narrativa che è occupata dalla peste, peste che è trattata nei capitoli XXXI e XXXII. La quarta parte vede poi il ricongiungimento dei due promessi sposi, fino al termine della vicenda (capitoli XXXIII-XXXVIII).

 

 

Dal punto di vista linguistico, il passaggio dal Fermo e Lucia a I Promessi Sposi è il passaggio da una lingua artificiale e composita, come lui denuncia nell’introduzione del Fermo e Lucia, alla scelta del toscano, cioè un passaggio da una lingua che Manzoni sente come individuale oltre che artificiosa, adottata nella prima stesura, a una lingua la cui scelta agli occhi di Manzoni è una scelta realistica, in quanto si basava su una precisa coscienza storica, senonché questo passaggio al toscano è compiuta da Manzoni per via sostanzialmente libresca, utilizzando i vocabolari (es. il vocabolario milanese-italiano di Francesco Cherubini, il vocabolario francese-italiano, il vocabolario della Crusca) e la lettura di testi letterari toscani, soprattutto quelli popolareggianti, oltre a ricorrere alla consultazione di amici prossimi che potessero aiutarlo nell’adozione del toscano.
Una volta pubblicata l’edizione del ‘27, Manzoni non è ancora soddisfatto e si ha così la terza fase dell’elaborazione del romanzo, questa volta concentrata solo sull’aspetto linguistico. Per affrontare questo aspetto compie il famoso viaggio in Toscana nel 1827 in occasione del quale opererà la famosa “risciacquatura in Arno”. In effetti la terza fase dell’elaborazione del romanzo lo porta ad adottare il toscano medio dell’uso, cioè il toscano parlato, con prevalenza per il fiorentino parlato dalle persone colte. Questo lavoro di revisione linguistica si concentrò soprattutto dal 1838 al 1840, così nel novembre del 1840 uscì la prima dispensa dell’edizione definitiva e due anni dopo la stampa era interamente compiuta.