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Il "Somnium Scipionis" di Cicerone: riassunto e commento

Genere, genesi e finalità dell’opera

 

Il Somnium Scipionis non è altro che la conclusione del sesto e ultimo libro del De re publica di Cicerone, un dialogo filosofico composto dal celebre oratore tra il 54 (per alcuni 55) e il 51 a.C. e che ha per tema le forme possibili di governo di uno stato (monarchia, aristocrazia e democrazia). Il Somnium Scipionis, descrivendo il sogno di un viaggio ultraterreno da parte di Scipione l’Emiliano, presenta la figura ideale del princeps, che rispetta e tutela le istituzioni repubblicane di Roma e si impegna per il bene supremo della patria.

 

Modelli e fonti del De re publica e del Somnium Scipionis

 

Il De re publica ciceroniano è un trattato in forma di dialogo suddiviso in sei libri ed ambientato nel 129 a.C., che ha come protagonista Scipione l’Emiliano (185-129 a.C.). L’opera presenta fin dal titolo diversi parallelismi con la Repubblica di Platone ed anche il Somnium può essere inteso come uno di questi di questi rimandi intertestuali. L'opera di Platone si conclude infatti nel decimo libro con il mito di Er, ovvero la narrazione del mondo dell’aldilà da parte di un soldato tornato in vita alcuni giorni dopo la sua morte. Il mito platonico dimostra che ogni azione compiuta durante la nostra esistenza riceve premi e punizioni in relazione al grado di giustizia che ci ha guidato in terra. In maniera analoga, anche il buon governante-filosofo dovrà, per Cicerone, tenere presente questo incentivo trascendente nella sua condotta politica.

 

Struttura e contenuto

 

Il brano è narrato quasi esclusivamente in prima persona da Scipione Emiliano 1. Giunto a Cartagine in qualità di tribuno, va a trovare il vecchio re Massinissa, amico di Scipione l'Africano 2 suo nonno adottivo. Accolto benevolmente dal sovrano, passa tutta la serata a parlare con lui delle imprese dell'avo. Una volta addormentatosi, Scipione riceve in sogno la visita dell'Africano, che gli espone la sua futura carriera politica, finendo con un riferimento oscuro alla sua morte per mano di un nipote 3.

A questo punto Scipione l'Africano, aiutato da Lucio Emilio Paolo, padre naturale dell'Emiliano, descrive il destino delle anime dopo la morte. A quelli che in vita sono stati buoni governanti è destinato un posto nella Via Lattea, dove possono godere la felicità eterna. Solo questa, per l’Africano, è la vera vita, mentre quella che noi chiamiamo vita è in realtà una condizione decisamente inferiore, paragonabile alla morte. Ma non si può arrivare a questa meta prima del tempo grazie al suicidio, come teorizzato dagli stoici, perché la vita è un dovere impostoci dalla divinità 4, che ci ha affidato il compito di badare al mondo terreno.

 Finita questa sezione escatologica 5, assistiamo alla descrizione del cosmo e alla sua disposizione. Al centro di tutto si trova la terra, circondata dalle orbite dei sette pianeti (tra cui si annoverano anche il Sole e la Luna). Al di sopra di tutto si trova il cielo delle stelle fisse, che viene mosso direttamente dall’unica divinità. La sfera posta più in basso è quella della Luna. Al di sopra di questa tutte le cose sono eterne, al di sotto invece tutto è caduco e destinato a distruzione. Muovendosi, queste sfere producono un’armonia celestiale.

L’interpretazione simbolica è assai trasparente: dato che tutte le faccende umane (anche quelle che sembrano apparentemente tributare onori e gloria agli uomini) sono insignificanti e limitate nel tempo e nello spazio se contemplate dalla volta celeste, allora conviene che l’uomo si preoccupi della vita futura. In tal senso, lungi dal suggerire il disimpegno dalla vita politica, Cicerone individua una particolare prassi di comportamento per il politico: servire la patria non per brama di ricchezza o di fama, ma per assicurarsi una vita eterna felice e gratificante, impegnandosi per il buon governo dello Stato e rifiutando i più bassi piaceri terreni. In tal modo, le anime dei benemeriti raggiungeranno subito le sfere celesti dei beati, mentre gli spiriti più corrotti saranno costretti a vagare per molti secoli attorno alla terra prima di poter arrivare in cielo.

A questo punto la narrazione si interrompe bruscamente e Scipione l'Emiliano si sveglia nel suo letto.

 

Influssi filosofici

 

Il Somnium Scipionis risente in molti punti dell'influsso delle principali filosofie dell'epoca: 

  • I dialoghi di Platone sono una fonte molto importante per Cicerone. È platonica l'affermazione che il corpo è la tomba dell'anima, mentre la vera vita è un'altra 6 (Somnium Scipionis, 14). A un certo punto Scipione si chiede se non sia meglio anticipare la fine della vita col suicidio, dato che la nostra vera esistenza è quella ultraterrena (Somnium Scipionis, 15). Questa stessa domanda, e la risposta data da Lucio Emilio Paolo, sono presenti nel Fedone 7 (62 a-c). In aggiunta a ciò, tutto lo spirito di fondo del Somnium Scipionis è tipicamente platonico, sia per l'utilizzo di un mito per l'esposizione di dottrine filosofiche, sia per il principio escatologico della divisione ultraterrena dei buoni dai cattivi e della permanenza in cielo delle anime dei giusti.

  • Il pitagorismo era molto diffuso a Roma in ambienti anche vicini allo stesso Cicerone 8. La dottrina della musica prodotta dall'armonia delle sfere, espressa nel Somnium Scipionis (paragrafo 18)  è ripresa chiaramente da Pitagora, che secondo la tradizione era pure l'unico capace di sentirla sulla terra. La stessa concezione del Sole, visto come “anima e principio regolatore” del mondo, era di origine pitagorica (anche se era stata adottata pure dallo stoicismo).

  • La descrizione geocentrica del cosmo risente della struttura aristotelica dell’universo, poi sviluppata e canonizzata dall'astronomo Claudio Tolomeo (100ca. - 170ca- d.C.). Sempre Aristotele poneva il cielo della Luna come limite al di sopra del quale tutte le cose sono eterne.

 

La fortuna del Somnium Scipionis

 

La storia editoriale e il “successo” del Somnium Scipionis sono assai singolari. Per quanto il testo non fosse inizialmente considerato come una parte separata rispetto al De re publica, esso era chiaramente distinguibile per il suo stile alto ed elevato, ricco di arcaismi e figure retoriche, che contrastava con il tono argomentativo dell'opera. Il Somnium Scipionis riscosse molto successo in età tardo-antica a causa del contenuto filosofico e parzialmente misticheggiante, tanto che ottenne il privilegio di venire commentato dal dotto Macrobio (390ca. - 430ca. d.C.), filosofo neoplatonico del V secolo. Per questo motivo il Somnium Scipionis continuò a essere letto e ricopiato durante l'intero medioevo, mentre il resto del De re publica cadde nel dimenticatoio 9 e venne a lungo considerato come irrimediabilmente perso. L’assimilabilità tra la prospettiva platonica e la dottrina cristiana spiega poi perché il testo ciceroniano diventò una delle fonti principali della Commedia di Dante.

Solo nel 1822 il filologo Angelo Mai riuscì a recuperare una parte consistente dell'opera, anche se in forma abbastanza frammentaria 10.

 

Bibliografia

 

- Marco Tullio Cicerone, Il sogno di Scipione, a cura di G. Solaro, Palermo, Sellerio, 2008.
- Id., La Repubblica, a cura di F. Nenci, Milano, Rizzoli, 2008.

1 Figlio naturale di Lucio Emilio Paolo, vincitore de macedoni durante la terza guerra macedonica (171-168 a.C.) era stato dato in adozione alla famiglia di Scipione l'Africano, di cui aveva anche preso il nome. Vincitore sui cartaginesi nella terza guerra punica (149-146 a.C.), trionfò successivamente anche sulla città di Numanzia, città iberica contro cui le truppe romane si erano impegnate senza successo per diversi anni. Amico personale dello storico greco Polibio (206ca. - 124 a.C.), fu rappresentante principale del movimento culturale filoellenico definito come “circolo degli Scipioni”, a cui fu molto avverso la parte più conservatrice dell'aristocrazia romana, capitanata non a caso da Catone il Censore (234-149 a.C.).

2 Scipione l’Africano fu il giovanissimo generale romano che diede la svolta definitiva alla seconda guerra punica (218-202 a.C.). Fu lui infatti a comandare la spedizione militare che tolse ai cartaginesi il controllo della Spagna e fu sempre lui a portare la guerra in Africa, allontanando Annibale (247-183 a.C.) dall'Italia e trionfando su di lui a Zama (202 a C.).

3 La morte di Scipione è avvolta dal mistero, dal momento che morì misteriosamente dopo aver tenuto un discorso contro il tribuno della plebe Tiberio Gracco, che era appunto suo nipote. Molti sospettarono che dietro questa morte si trovasse lo stesso Tiberio, che aveva avuto paura di Scipione come rivale politico.

4 Il Somnium Scipionis, con la sua concezione dell’esistenza di un’unica divinità, recupera una tesi fondamentale del Timeo di Platone.

5 L'escatologia è quella parte della filosofia che studia il destino delle anime dopo la morte.

6 Questa affermazione si ritrova infatti nel Cratilo (400c) e nel Fedone (62 a-c).

7 In questo caso Cicerone si schiera apertamente contro la filosofia stoica, che pure in molte altre occasioni aveva mostrato di apprezzare. Lo stoicismo infatti predicava il suicidio in tutte le situazioni in cui la vita non meritava di essere vissuta (un esempio molto forte ci viene da Catone il Giovane, filosofo stoico amico di Cicerone, suicidatosi a Utica perché dopo la vittoria di Cesare non era più possibile vivere in libertà). Cicerone al contrario pone la vita come un munus, un “dovere” dato dalla divinità che non possiamo rifiutare in nessun modo.

8 Nigidio Figulo si professava pitagorico ed era amico di Cicerone, tanto che il famoso oratore dedicò a lui la sua traduzione in latino del Timeo di Platone.

9 Il motivo principale per cui questo dialogo ciceroniano ebbe poca fortuna al tempo si trova nel suo stesso contenuto; Cicerone aveva infatti tessuto le lodi dello stato repubblicano, ma tutto ciò nel periodo del principato di Augusto (63a.c. - 19 d.C.) poteva essere avvertito come una critica al sistema vigente.

10 Il testo della Repubblica venne riscoperto dal cardinale Angelo Mai in un codice della Biblioteca Vaticana; sul testo ciceroniano era stato copiato, senza pregiudicarne compeltamente la lettura, un’opera di Sant’Agostino (tecnicamente, si tratta quindi di un codice palinsesto). Per questo suo merito culturale, Leopardi gli dedicò la canzone Ad Angelo Mai (1820).