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“Natale” di Ungaretti: parafrasi e commento

Introduzione

 

Comparsa per la prima volta nel 1918 nell’Antologia della Diana e poi nel 1919 nella Allegria di naufragi (come nel caso di Mattina, altro celebre testo ungarettiano) Natale fu accolto poi nella sezione Naufragi de L’Allegria (1931, 1936 e, in edizione definitiva, 1942).

Questo componimento rappresenta un’ulteriore e significativa tappa di quel “diario poetico” che è L’Allegria. In questi versi viene tradotta l’esperienza del Natale del 1916, trascorso da Ungaretti in licenza a Napoli. L’immagine della città - che interrompe i paesaggi bellici di poesie come Veglia o Fratelli - produce però una reazione di rifiuto da parte del poeta, che invoca invece solitudine e abbandono.

La lirica è anche un buon esempio di come Ungaretti rivoluzioni la metrica tradizionale, scomponendo il verso in una serie di segmenti brevi e brevissimi, che compongono un discorso unico ma che costituiscono anche singole e separate sezioni (come conferma l’eliminazione della punteggiatura) dalla grande forza evocativa.

 

Metrica: cinque strofe di diversa lunghezza, composte di versi liberi e irregolari.

 

Napoli il 26 dicembre 1916 1

 

  1. Non ho voglia 2
  2. di tuffarmi 3
  3. in un gomitolo
  4. di strade 4
  5. Ho tanta
  6. stanchezza
  7. sulle spalle 5
  8. Lasciatemi così 6
  9. come una 7
  10. cosa 8
  11. posata
  12. in un
  13. angolo 9
  14. e dimenticata 10
  15. Qui 11
  16. non si sente
  17. altro
  18. che il caldo buono 12
  19. Sto 13
  20. con le quattro
  21. capriole
  22. di fumo
  23. del focolare 14
  1. Non ho voglia
  2. di immergermi
  3. tra le strette vie
  4. della città
  5. La stanchezza
  6. mi pesa
  7. sulle spalle
  8. Lasciatemi così
  9. come se fossi
  10. un oggetto
  11. appoggiato
  12. in un
  13. angolo
  14. e lì dimenticato
  15. Qui
  16. le sensazioni
  17. sono ridotte
  18. a un confortevole tepore
  19. Rimango fermo e solo
  20. insieme
  21. ai cerchi
  22. di fumo
  23. che il fuoco fa nel camino

 

1 In licenza dalla guerra, Ungaretti fu ospitato a Napoli in casa dell’amico Gherardo Marone.

2 La lirica si apre sul rigetto della realtà circostante, motivato dal contrasto con la realtà della Prima Guerra Mondiale da cui proviene l’io-lirico.

3 La metafora traduce il senso di violenta immersione in una dimensione completamente diversa da quella bellica di cui Ungaretti ha fatto esperienza.

4 Si tratta del centro di Napoli, con il suo dedalo di strade strette; l’immagine del “gomitolo”, però, rimanda anche alla vitalità caotica e all’allegria della festa, particolarmente percepibili nelle strade del centro, tra i negozi illuminati e la gente a passeggio.

5 I mesi passati al fronte pesano sul corpo del poeta, che non trova le energie necessarie a godere della festa e delle distrazioni che la città può offrire.

6 Lasciatemi così: l’io-lirico si rivolge a un “voi” composto da chi lo ha accolto, ma anche da chi, non avendo condiviso le sue esperienze, probabilmente non può capire il suo stato d’animo.

7 come una: verso composto da un avverbio comparativo e da un articolo indeterminativo: isolandoli metricamente, Ungaretti li carica di senso, sottolineando il ruolo della similitudine.

8 come una cosa: l’uomo vorrebbe ridursi a cosa, oggetto morto, fare astrazione di tutto quanto visto e sentito nei mesi precedenti, ma anche di tutto quanto lo circonda: chiudersi in se stesso azzerando i propri pensieri.

9 in un angolo: l’immagine della cosa abbandonata in un angolo si definisce progressivamente nella sua desolazione, ma anche nella sua forza poetica: la scansione verbale, verso dopo verso, fa risuonare potentemente ogni singolo termine, dando valore semantico e lirico anche a un segmento apparentemente “vuoto” come “in un” (v. 12).

10 dimenticata: aggettivo centrale nell’interpretazione della poesia, poiché l’io-lirico chiede abbandono e dimenticanza per sé e per tutto quanto ha vissuto.

11 Qui: isolato nel verso, l’avverbio di luogo entra in tensione con un implicito “lì”, rappresentato dal fronte bellico da cui il poeta è lontano.

12 Solo il caldo della fiamma, in un interno domestico, può confortare il soldato in licenza, che ripensa al freddo patito in trincea e a quello che ancora patirà nell’inverno appena iniziato.

13 Sto: è l’azione a cui si riduce la presenza dell’io-lirico: se la guerra è il luogo della precarietà (“come | d’autunno | sugli alberi | le foglie”, per citare Soldati), la licenza diventa allora il luogo di una stabilità che, seppur breve, conforta.

14 Il ristoro del fuoco domestico è destinato a terminare presto: le “quattro | capriole | di fumo” (l’analogia contiene già in sé un’idea di fugacità e fragilità) presto si esauriranno e lasceranno il poeta al buio e al freddo, pronto per tornare al fronte.