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"Il Principe" di Machiavelli, capitolo 18: analisi di alcuni estratti

Il capitolo XVIII del Principe, (intitolato In che modo i Principi debbino osservare la fede), prosegue la riflessione riguardante le caratteristiche e i comportamenti che il regnante, secondo Machiavelli, deve adottare per riuscire a conservare il proprio potere e lo Stato stesso. L’autore inizia la trattazione affermando nuovamente la distanza che vige tra il piano ideale e quello reale, e scrive:

 

Quanto sia laudabile in un Principe mantenere la fede, e vivere con integrità, e non con astuzia, ciascuno lo intende. Nondimeno si vede per esperienzia, ne’ nostri tempi, quelli Principi aver fatto gran cose, che della fede hanno tenuto poco conto, e che hanno saputo con astuzia aggirare i cervelli degli uomini, ed alla fine hanno superato quelli che si sono fondati in su la lealtà.

Machiavelli spiega come, benché sarebbe meraviglioso essere governati da Principi che mantengano la propria parola e che vivano secondo i dettami dell’integrità morale, in realtà i regnanti che hanno ottenuto "cose grandi" sono coloro che hanno agito secondo l’astuzia. A questo punto Machiavelli distingue tra il modo di combattere proprio degli uomini, fondato sull’utilizzo delle leggi, e quello degli animali, che si esprime nell’uso della forza. Dato che per regnare e conservare il potere e lo Stato spesso la prima modalità, quella umana, non risulta sufficiente, bisogna che il Principe sappia attingere anche dalla seconda via; come dice l'autore: “Pertanto ad un Principe è necessario saper ben usare la bestia e l’uomo”. Nell’attingere dal comportamento del regno animale, il Principe deve distinguere tra l’atteggiamento della volpe e quello del leone, ovvero avvalendosi talvolta dell’astuzia e talvolta della forza. Ritorna qui l’idea di Machiavelli secondo cui la condotta del Principe va valutata di volta in volta e in base alla situazione concreta che si trova ad affrontare:

 

E però bisogna che egli abbia un animo disposto a volgersi secondo che i venti e le variazioni della fortuna gli comandano; e, come di sopra dissi, non partirsi dal bene, potendo, ma sapere entrare nel male, necessitato.

Il Principe non può osservare le regole  e i confini della morale se la condizione in cui versa non lo permette, altrimenti finirà rovinato dall’astuzia altrui:

 

Non può pertanto un Signore prudente, nè debbe osservare la fede, quando tale osservanzia gli torni contro, e che sono spente le cagioni che la feciono promettere. E se gli uomini fussero tutti buoni, questo precetto non saria buono; ma perchè sono tristi, e non l’osserverebbono a te, tu ancora non l’hai da osservare a loro. Nè mai a un Principe mancheranno cagioni legittime di colorare l’inosservanza.

Con questa frase Machiavelli afferma che un Principe abbia sempre tutti i mezzi necessari per giustificare la propria condotta:

 

Facci adunque un Principe conto di vivere e mantenere lo Stato; i mezzi saranno sempre giudicati onorevoli, e da ciascuno lodati; perchè il vulgo ne va sempre preso con quello che pare, e con l’evento della cosa; e nel mondo non è se non vulgo; e gli pochi hanno luogo, quando gli assai non hanno dove appoggiarsi.

L'autore ci spiega però sottilmente come il fine sia giustificato dai mezzi solo agli occhi del "vulgo", del popolo incapace di cogliere veramente la realtà delle cose. Il piano della politica e quello della morale restano divisi tra di loro e mantengono sempre una forte indipendenza, ma nessuno dei due ha la meglio sull’altro, e la scelta risulta sempre complessa.