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Aldo Palazzeschi, “La fontana malata”: parafrasi del testo e commento

Introduzione

 

Pubblicata per la prima volta in Poemi (1909), La fontana malata è probabilmente uno dei componimenti più conosciuti di Aldo Palazzeschi (1885-1974), insieme con Chi sono? e con E lasciatemi divertire. Dopo aver esordito con uno stile poetico fiabesco e quasi surreale, Palazzeschi si avvicina al movimento futurista di Marinetti, iniziando a scrivere poesie ironiche e dissacranti. La fontana malata rispecchia l’originalità delle posizioni culturali e stilistiche di Palazzeschi. Il tema è decisamente legato al crepuscolarismo: tutta la poesia è costruita sull’immagine della fontana, metafora parodica del canto poetico.

 

Analisi

 

Fin dall’antichità l’ispirazione poetica è associata all’immagine di una sorgente: sul Parnaso, il monte dove secondo la mitologia greca risiedono le Muse, si trova una fonte sacra capace di infondere l’ispirazione in chi beva le sue acque. Palazzeschi, riflettendo sul ruolo del poeta e della poesia nel mondo contemporaneo gioca su una ben più prosaica e concreta fontana, per di più “malata”: qui l’antropomorfizzazione dell’oggetto inanimato aggiunge ulteriore ironia e potenzia l’effetto mimetico dell’immagine. Infatti, la fontana tossisce come farebbe un malato di raffreddore: l’acqua non scende in un flusso continuo, ma a “singhiozzi”, come da un rubinetto otturato. Il dettaglio realistico dell’otturazione idraulica si fonde con quello analogico del raffreddore. Ne risulta un’immagine comica e giocosa, con cui Palazzeschi vuole attaccare i modelli ingessati e retorici della poesia tradizionale. Il testo di Palazzeschi propone una parodia consapevole de La pioggia nel pineto di D’Annunzio, compiuta per via metrica, oltre che attraverso un’allusione diretta dal v. 26 in poi. La poesia non è un canto dispiegato, trionfale, alla maniera dannunziana, ma un singhiozzo rotto e lamentoso.

Ne La fontana malata Palazzeschi prende bonariamente in giro anche i poeti crepuscolari (come Sergio Corazzini e la sua Desolazione del povero poeta sentimentale) e la loro vena dimessa e piangevole. I crepuscolari amavano cantare le cose umili, i sentimenti malinconici, il grigiore della vita quotidiana. Lontano dall’ostentazione a volte compiaciuta della propria insignificanza, il Palazzeschi “futurista” propone un’idea ludica, gioiosa e anarchica della poesia. Questa poetica è riassunta bene da un testo programmatico intitolato Controdolore, pubblicato da Palazzeschi nel 1914 sulla rivista d’ispirazione futurista «Lacerba»:

Bisogna abituarsi a ridere di tutto quello di cui abitualmente si piange, sviluppando la nostra profondità. L’uomo non può essere considerato seriamente che quando ride [...] Nulla è triste profondamente, tutto è gioioso.

Nella parte finale del componimento (vv. 58-75) l’io poetico giunge al limite della sopportazione e supplica in modo decisamente teatrale due personaggi femminili di far smettere la fontana. La teatralizzazione è un’altra importante caratteristica della poesia di Palazzeschi, che aveva studiato recitazione insieme a Marino Moretti nella Firenze d’inizio Novecento. L’io poetico, quando non è assente dal testo, assume la fisionomia di un personaggio teatrale, altra strategia ironica ed anticonformistica per rivoluzionare temi e tecniche della poesia del primo Novecento in chiave antilirica.

Metrica: 92 versi brevi con prevalenza pressoché totale di trisillabi, in maggioranza piani. Fanno eccezione i versi onomatopeici, alcuni bisillabi (ad esempio, v. 52: “mi fa”; oppure v. 77: “Gesù”) e un quadrisillabo (v. 7: “nel cortile”, però riconducibile a un trisillabo se legato adeguatamente al verso precedente). Pier Vincenzo Mengaldo ha notato come La fontana malata esibisca in modo programmatico e ostentato un modulo ritmico tipico di tutta la poesia del primo Palazzeschi: una struttura ternaria con l’accento che cade sulla sillaba centrale, qui identificabile col trisillabo piano. Anche quando Palazzeschi usa versi più lunghi, li costruisce come aggregazione di piedi ritimici ternari: il risultato è “una colata ritmica indifferenziata” in cui le tradizionali regole metriche si indeboliscono. Oltre al generale abbassamento stilistico-parodico e l’uso di termini tipici della tradizione crepuscolare, va notata l’abbondanza di ripetizioni eassonanze, che insieme alle rime (baciate o imperfette) strutturano il ritmo de La fontana malata e lo rendono simile a quello di una litanìa.

  1. Clof, clop, cloch,
  2. cloffete,
  3. cloppete,
  4. clocchete,
  5. chchch 1
  6. È giù,
  7. nel cortile 2,
  8. la povera
  9. fontana
  10. malata 3;
  11. che spasimo!
  12. sentirla
  13. tossire.
  14. Tossisce,
  15. tossisce,
  16. un poco
  17. si tace...
  18. di nuovo.
  19. Tossisce.
  20. Mia povera
  21. fontana,
  22. il male
  23. che hai
  24. il cuore 4
  25. mi preme.
  26. Si tace,
  27. non getta
  28. più nulla.
  29. Si tace,
  30. non s'ode 5
  31. romore
  32. di sorta,
  33. che forse...
  34. che forse 6
  35. sia morta?
  36. Orrore!
  37. Ah! no 7.
  38. Rieccola,
  39. ancora
  40. tossisce.
  41. Clof, clop, cloch,
  42. cloffete,
  43. cloppete,
  44. clocchete,
  45. chchch.... 8
  46. La tisi
  47. l'uccide.
  48. Dio santo,
  49. quel suo
  50. eterno
  51. tossire
  52. mi fa
  53. morire,
  54. un poco
  55. va bene,
  56. ma tanto...
  57. Che lagno!
  58. Ma Habel!
  59. Vittoria 9!
  60. Andate,
  61. correte,
  62. chiudete
  63. la fonte 10,
  64. mi uccide       
  65. quel suo
  66. eterno
  67. tossire!
  68. Andate,
  69. mettete
  70. qualcosa
  71. per farla
  72. finire,
  73. magari...
  74. magari
  75. morire.
  76. Madonna!
  77. Gesù!
  78. Non più!
  79. Non più!
  80. Mia povera
  81. fontana,
  82. col male
  83. che hai,
  84. finisci
  85. vedrai,
  86. che uccidi
  87. me pure 11.
  88. Clof, clop, cloch,
  89. cloffete,
  90. cloppete,
  91. clocchete,
  92. chchch…
  1. Clof, clop, cloch,
  2. cloffete,
  3. cloppete,
  4. clocchete,
  5. chchch
  6. Si trova giù
  7. nel cortile
  8. la povera
  9. fontana
  10. rotta;
  11. che tormento!
  12. ascoltarla
  13. fare rumori simili a colpi di tosse.
  14. Tossisce e
  15. tossisce,
  16. per un po’
  17. sta in silenzio…
  18. poi ancora
  19. riprende a tossire.
  20. Mia povera 
  21. fontana,
  22. il tuo
  23. guasto
  24. mi strazia
  25. il cuore.
  26. Non fa più rumore
  27. non fa uscire
  28. più acqua.
  29. Sta in silenzio,
  30. non fa più
  31. rumori
  32. di nessun tipo,
  33. forse che…
  34. forse che
  35. sia completamente rotta?
  36. Che orrore!
  37. Ah! no.
  38. Eccola,
  39. di nuovo
  40. a mandare rumori simili a colpi di tosse.
  41. Clof, clop, cloch,
  42. cloffete,
  43. cloppete,
  44. clocchete,
  45. chchch
  46. Questa specie di  tubercolosi 
  47. la fa morire di sofferenza.
  48. Dio santo,
  49. quel suo 
  50. continuo
  51. rumore intermittente
  52. mi 
  53. esaspera tanto da farmi morire,
  54. un pochino
  55. si può sopportare,
  56. ma così a lungo…
  57. Che lamento!
  58. Ma Habel!
  59. Vittoria!
  60. Andate,
  61. di corsa,
  62. chiudete 
  63. la fontana,
  64. mi esaspera
  65. quel suo 
  66. continuo 
  67. rumore intermittente!
  68. Andate,
  69. usate 
  70. qualcosa
  71. per fare in modo
  72. che la smetta,
  73. magari…
  74. magari 
  75. che la pianti del tutto.
  76. Madonna!
  77. Gesù!
  78. Non di nuovo!
  79. Non di nuovo!
  80. Mia povera 
  81. fontana,
  82. con il guasto
  83. che hai,
  84. finisci
  85. vedrai,
  86. per uccidere
  87. anche me [per esasperazione].
  88. Clof, clop, cloch,
  89. cloffete,
  90. cloppete,
  91. clocchete,
  92. chchch...

 

 

Bibliografia:

A. Asor Rosa, Storia e antologia della letteratura italiana, vol. 19, L’età del decadentismo e della crisi, a cura di A. Abruzzese, Firenze, La Nuova Italia, 1973.
P. V. Mengaldo, Poeti italiani del Novecento, Milano, Mondadori, 1978.
R. Luperini - P. Cataldi - F. D’Amely, Poeti italiani: il Novecento, Palermo, Palumbo, 1994.
P. V. Mengaldo, Su una costante ritmica della poesia di Palazzeschi, in Id., La tradizione del Novecento. Prima serie, Torino, Bollati Boringhieri, 1996, pp. 232-258.
C. Segre - C. Ossola, Antologia della poesia italiana, Novecento, Torino, Einaudi, 1999.
Pier Vincenzo Mengaldo, Intorno al linguaggio dei crepuscolari, in Id., La tradizione del Novecento. Quarta serie, Torino, Bollati Boringhieri, 2000, pp. 15-25.

1 L’onomatopea fa parte del repertorio formale tipico dei futuristi. Qui è impiegata con valore mimetico e ironico, per riprodurre il getto a singhiozzo della fontana, che genera un suono simile a quello della tosse. Proprio nel 1909, l’anno di pubblicazione de La fontana malata, il poeta inizia a collaborare con Filippo Tommaso Marinetti. Palazzeschi dedicherà la sua successiva raccolta, L’incendiario, al capofila dei futuristi, definendolo “l’anima della nostra fiamma”. Ma già a questa altezza è visibile una marcata distanza ideologica oltre che stilistica: Palazzeschi si allontanerà dai futuristi nel 1914, perché contrario alle loro posizioni interventiste.

2 Il verso 6 e il verso 7, rispettivamente un bisillabo e un quadrisillabo, possono essere intesi come due trisillabi, attaccando “nel” al verso precedente. È un esempio di come la scansione ritmica ternaria tipica del primo Palazzeschi sia più importante delle normali regole metriche.

3 la povera fontana malata: La fontana malata, oltre a essere un’efficace immagine comica e antropomorfa che dissacra il ruolo tradizionale del poeta, si richiama a un topos della poesia crepuscolare, per cui la poesia si genera dalla malattia e dalla malattia eredita la sua impotenza.

4 il cuore: si tratta di una parola tipica del lessico dei poeti crepuscolari, che avevano un debole per il registro del patetico.

5 Si tace, non s’ode: a questa altezza si rende palese l’allusione a La pioggia nel pineto di Gabriele D’Annunzio: “Taci. Su le soglie | del bosco non odo | parole che dici | umane; ma odo | parole più nuove | che parlano gocciole e foglie | lontane” (vv. 1- 7). Oltre i richiami lessicali precisi (“tace” e “ode”), da notare anche la corrispondenza metrica. Anche nel famoso testo dannunziano ritroviamo la scansione ternaria (evidenziata sopra ai vv. 2-4 con l’uso del grassetto) e l’uso di trisillabi, come in “lontane” (v. 7).

6 che forse: La poesia si basa sulla ripetizione di strutture analoghe, e al limite anche di versi identici, come in questo caso. “Forse” è un’altra parola chiave del repertorio crepuscolare; secondo Mengaldo “dice l’importanza che ha in questo mondo poetico l’incertezza dei giudizi e dei sentimenti stessi”.

7 Interrogazioni, esclamazioni e interiezioni avvicinano la poesia di Palazzeschi al linguaggio del teatro (in questo caso al monologo).

8 I cinque versi onomatopeici, ripetuti in blocco per tre volte all’inizio, in mezzo e alla fine del testo confermano la struttura litanica, da filastrocca, de La fontana malata. Anche al loro interno si nota la presenza di un principio fortemente iterativo come l’allitterazione della - c -.

9 La fontana malata è inserita in un poemetto intitolato Le mie ore. Habel e Vittoria sono due personaggi presenti nel poemetto.

10 chiudete la fonte: l’uso di rime e di rimandi fonici contribuisce all’andamento iterativo del testo. Le quattro terminazioni alla fine dei vv. 60-64 (di cui due in rima baciata) esemplificano bene quel procedimento tipico dei crepuscolari - ma anche di tanta altra poesia del Novecento - che Mengaldo ha definito il “testo che ritorna su se stesso”, il “testo-ronzìo”.

11 Da notare la sintassi “a scatti” (Mengaldo), qui usata anche per rappresentare ancora più fedelmente i singhiozzi della fontana. In generale i crepuscolari la impiegano in funzione anti-lirica, per distanziarsi dalla sintassi involuta o ardita tipica della tradizione poetica.