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Guinizzelli, “Io voglio del ver la mia donna laudare”: parafrasi e analisi

Introduzione

 

Guido Guinizzelli (1230 circa - 1276) è considerato il precursore dello stilnovismo, di cui, nelle sue liriche, anticipa tematiche (su tutte, la donna angelicata e il saluto portatore di grazia) e scelte formali (come quella di una poesia d’amore piana e intelleggibile, lontana dalle asprezze stilistiche dei siculo-toscani). Il sonetto Io voglio del ver la mia donna laudare presenta così al suo interno elementi peculiari che saranno in seguito ripresi dallo Stilnovo, pur rimanendo al di qua delle profonde riflessioni filosofiche di Guido Cavalcanti o dell’esperienza di Dante Alighieri ne La vita nova.

 

La lode della donna amata, quindi, è tramite per la salvezza celeste e l’attesa del suo saluto come fonte di benessere spirituale, espressi in uno stile raffinato e armonioso. La bellezza della donna non è materiale, e non viene quindi descritta realisticamente bensì evocata mediante metafore e paragoni (frequenti quelli con il mondo della Natura, come qui al v. 2: “asembrarli la rosa e lo giglio”). Central anche l’aspetto trascendente, in quanto l’esperienza d’amore è direttamente collegata alla condizione paradisiaca dello spirito del poeta. Se la salvezza che deriva dalla visione della donna e dal suo saluto è di matrice divina, Guinizzelli si pone così come iniziatore di alcuni punti fondamentali dello Stilnovo: dalla tematica della donna-angelo (vv. 9-11) allo strettissimo legame tra sentimento d’amore e cuore gentile (vv. 12-14), che introduce la distinzione tra nobiltà di spirito e nobiltà di sangue


Metro: Sonetto di endecasillabi, con schema di rime ABAB ABAB CDE CDE.

 

  1. Io vogliọ del ver 1  la mia donna laudare
  2. ed asembrarli la rosa e lo giglio:
  3. più che stella dïana splende e pare 2,
  4. e ciò ch’è lassù bello a lei somiglio.
  5. Verde river’ 3 a lei rasembro e l’âre,
  6. tutti color di fior’, giano 4 e vermiglio,
  7. oro e azzurro e ricche gioi per dare:
  8. medesmo Amor per lei rafina meglio.
  9. Passa per via adorna, e sì gentile
  10. ch’abbassa orgoglio a cui dona salute 5,
  11. e fa ‘l de nostra fé se non la crede 6;
  12. e no·lle pò apressare om che sia vile 7
  13. ancor ve dirò c’ha maggior vertute:
  14. null’om pò mal pensar fin che la vede.
  1. Io voglio invero lodare la mia donna
  2. e paragonarle la rosa e il giglio:
  3. splende e illumina più della stella del mattino,
  4. e quello che in cielo è bello è simile a lei.
  5. A lei paragono la verde campagna e il cielo,
  6. tutti i colori dei fiori, il giallo e il rosso, l’oro e
  7. i lapislazzuli e preziosi gioielli, degni di esser donati:
  8. l’Amore stesso per opera sua si perfeziona in meglio.
  9. Passa per la strada ornata, e così gentile
  10. che purifica l’orgoglio di colui che saluta,
  11. e converte alla nostra fede chi non la possiede;
  12. e non le si può avvicinare un uomo che sia vile;
  13. in più vi dirò che ha un potere ancora più grande:
  14. nessuno, guardando lei, può avere pensieri malvagi.

 

1 Del ver: può significare “invero”, cioè “dicendo il vero”, “proclamando una verità evidente”, così come “ricorrendo a elementi naturali come paragone” (secondo un procedimento già osservato in Al cor gentile rempaira sempre amore, sempre di Guido Guinizzelli).

2 Splende e pare: la figura retorica dell’endiadi sottolinea lo splendore della donna lodata dal poeta, che assomiglia a Lucifero, ovvero il pianeta Venere con cui si identificava la stella del mattina visibile all’aurora.

3 River’: provenzalismo per “campagna”.

4 Giano: francesismo per “giallo”. La frequenza di questi termini d’oltralpe si giustifica con il rimando al modello della poesia provenzale.

5 Dona salute: il saluto è inteso già nel senso tipicamente stilnovista come portatore di grazia; si può benissimo confrontare questo verso con il celebre incipit del sonetto di Dante Tanto gentile e tanto onesta pare.

6 L’azione della donna-angelo stilnovistica è insomma così irresistibile da convertire alla vera fede addirittura chi non crede, come in una sorta di miracolo.

7 Si presenta qui l’altro topos stilnovistico: l’amore è esperienza privilegiata per chi è nobile d’animo, e non si addice invece a chi è “vile”.

Testo su Duecento

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