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Pascal: i “Pensieri” e la scommessa su Dio

Vita e opere

Blaise Pascal nasce nel 1623 Clermont e fin dalla prima giovinezza, anche grazie all’educazione impartitagli dal padre magistrato, si orienta sullo studio della matematica e della fisica: scrive il Saggio sulle coniche, suo primo studio di matematica, a soli sedici anni, e diviene allievo del celebre Marin Mersenne (1588-1648), amico intimo di Cartesio e in contatto con Galileo Galilei. Pascal si dedica poi alla realizzazione di una macchina calcolatrice - la “pascalina” - e perfeziona gli esperimenti di Evangelista Torricelli (1608-1647) sulla pesantezza dell’aria e sull’uso sperimentale del barometro, attirandosi le critiche dei gesuiti, fedeli al principio d’autorità aristotelico.

Nel frattempo Pascal, dopo un grave incidente al padre, si avvicina alla fede: nel 1646, in quella che viene definita la “prima conversione” del filosofo, si avvicina alla corrente del giansenismo 1. Il periodo “mondano” di Pascal, in cui il filosofo prosegue le sue ricerche fisico-matematiche e frequenta i salotti letterari parigini, che dura fino alla “seconda conversione” del 1654, quando, dopo aver rischiato la vita in un incidente, Blaise entra a far parte del gruppo dei “solitari” dell’Abbazia di Port-Royal, di cui fa già parte una sua sorella.

L’adesione al cristianesimo ginasenista, basato sul modello agostiniano, segna l’inizio dell’interesse di Pascal per lo studio dell’uomo e per la sua profonda riflessione religiosa; a questo periodo risale la Conversazione col signor di Saci su Epitteto e Montaigne, in cui riconosce un’antinomia, risolvibile solo attraverso la fede, tra l’esaltazione della grandezza umana propria dello stoicismo e la demolizione della natura umana e delle sue debolezze, fondamentale nel pensiero di Montaigne. La condanna al giansenismo emessa da papa Innocenzo X nel 1653 dà luogo a una disputa a cui interviene anche Pascal pubblicando la Lettere provinciali, sotto lo pseudonimo di Louis de Montalte. In essa Pascal polemizza con il principio della “grazia sufficiente” che, secondo la dottrina del gesuita Luis de Molina (1535-1600), bastava all’uomo che vive all’interno della Chiesa, sulla condotta accomodante dei gesuiti, pronti a perdonare qualunque peccatore, e ribadisce la tesi agostiniana della grazia. In seguito Pascal si adopera nella composizione di un’Apologia del cristianesimo, che non riesce a finire a causa della morte prematura che lo coglie a Parigi nel 1662, i cui frammenti vengono pubblicati postumi nel 1669 con il titolo di Pensieri, la sua opera più celebre e famosa. Di lui sono rimasti anche brevi trattati sul calcolo combinatorio, infinitesimale e delle probabilità, alcuni studi sulla cicloide, nonché un testo del 1647 sui Nuovi esperimenti intorno al vuoto.

 

Tematiche principali

La fuga dal problema dell’esistenza: il divertissement

La questione principale intorno a cui orbita tutto il pensiero di Pascal è l’interrogativo sul senso della vita, che per Pascal non può essere risolvibile al di fuori della fede. Secondo Pascal gli uomini sono soliti fuggire dal problema dell’esistenza stordendosi di occupazioni e intrattenimenti sociali, che rappresentano però dei meri divertissements che non possono nascondere il pensiero costante della morte, che giunge senza che l’uomo se ne renda conto. La vita autentica deve allora avere fisso di fronte a sé il momento della fine, proprio per attraversare con maggiore responsabilità e consapevolezza il poco tempo che ci è stato destinato.

Esprit de finesse ed esprit de géométrie

Pascal pur accettando il metodo razionalistico applicato alle questioni scientifiche, critica Cartesio  e ritiene che anche le scienze sperimentali abbiano dei limitiintrinsechi: l’esperienza, che inevitabilmente limita i poteri della ragione che non sono mai assoluti, e l’indimostrabilità dei principi primi della scienza, che pur stando alla base di ogni ragionamento sfuggono al ragionamento stesso (è infatti impossibile la regressione all’infinito dei concetti). Pascal oppone alla ragione deduttiva quella che chiama “comprensione istintiva” o “cuore”, ovvero quel tipo di comprensione che coglie gli aspetti più problematici della condizione umana. L’opposizione tra ragione e cuore viene anche, nell’opera pascaliana, espressa col binomio tra esprit de géométrie, che ha per oggetto gli enti astratti e gli oggetti esteriori, e l’esprit de finesse, che ha per oggetto l’uomo e che, tramite l’intuito, visualizza subito l’oggetto indagato senza dover passare dal ragionamento.

Per quanto riguarda la filosofia, Pascal polemizza anche con le dimostrazioni filosofiche dell’esistenza di Dio, che infatti o si concentrano sulle meraviglie della natura per desumere automaticamente da esse l’opera divina, oppure giungono a concepire una divinità astratta, inutile e distante dai bisogni umani. Il fallimento della ricerca filosofica.  

La duplice infinità

La filosofia è quindi nel pensiero di Pascal strettamente legata alla posizione che gli uomini occupano nel cosmo e che è mediana tra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo, scaturito dallo studio scientifico della realtà naturale. Modellando il ragionamento su un principio matematico (per cui aggiungendo ad una grandezza delle grandezze di un ordine d’infinito inferiore essa non si accresce in misura sostanziale), Pascal nota che l’uomo vive sempre a metà strada tra il mondo fisico e le sue aspirazioni spirituali e che ha riempito con i suoi divertissements l’abisso generato dall’assenza di Dio nella sua vita; la conseguenza è quella dell’angoscia, in quanto la ragione si rivela insufficiente a penetrare il mistero della grazia divina.

La meta-filosofia e la scommessa su Dio

Dati questi limiti della ragione, Pascal elabora una meta-filosfia capace di unire filosofia e religione, concependo quest’ultima quindi come mezzo sovrarazionale per comprendere quei nodi che la ragione non può dipanare. Tra le religioni però l’unica valida è quella cristiana, poiché il suo messaggio è l’unico ad accordarsi realmente con dati di fondo dell’interiorità. Infatti la concordanza di opposti insita nell’animo umano, diviso tra grandezza e bassezza, è segno che l’uomo deve aver precedentemente posseduto qualcosa che poi ha perso, come conseguenza inevitabile del peccato originale.

A questo punto della riflessione e non potendo avere la certezza razionale dell’esistenza di Dio, secondo Pascal l’uomo si trova davanti a un bivio: può scegliere di vivere come se Dio ci fosse o come se Dio non ci fosse. Evitare di scegliere è impossibile, perché implicherebbe comunque la scelta negativa. Quindi, pensando alla posta in gioco (ovvero: la possibilità della felicità eterna), all’uomo conviene scommettere sull’esistenza di Dio: infatti se vince guadagna il bene eterno, mentre in caso di perdita perderà solo dei beni finiti; invece, se scommette sulla non esistenza di Dio, può perdere la possibilità del bene eterno. Il percorso che Pascal indica per coloro che hanno dubbi di fede è prettamente pratico: bisogna agire come se si credesse, limitare quindi le passioni e abituarsi alla fede finché essa non verrà spontanea.

1 La dottrina del giansenismo è ispirata al vescovo Cornelio Giansenio (1585-1638) e, sulle orme del pensiero di Sant’Agostino, si fonda sulla convinzione che il peccato originale ha reso l’uomo incapace del bene e lo orienta intimamente al male; l’unica via per la salvezza è quindi la “grazia” di Dio. Questa prospettiva di rigoroso moralismo si ritrova anche nella personalità di Alessandro Manzoni (1785-1873) e nel celebre episodio della sua “conversione”