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Petrarca, "Zefiro torna, e 'l bel tempo rimena": parafrasi del testo

Parafrasi Analisi

In questo sonetto, il trecentodecimo del Canzoniere, Petrarca descrive gli effetti positivi e rasserenanti derivanti dal ritorno della bella stagione, con l’avvento della quale i prati si riempiono di fiori, gli uccelli riprendono a cantare; ogni elemento della natura partecipa all’entusiastico risveglio del mondo di natura, cui corrisponde il risveglio dell’amore. Unico escluso tuttavia, il poeta, per il quale la primavera corrisponde al ricordo del primo incontro con la donna desiderata, Laura, e, al contempo, alla dolorosa rievocazione della sua morte, avvenuta nella medesima stagione.

Metro: sonetto con schema ABAB ABAB CDC DCD.

  1. Zephiro 1 torna, e ’l bel tempo rimena,
  2. e i fiori et l’erbe, sua dolce famiglia,
  3. et garrir Progne et pianger Philomena 2,
  4. et primavera candida et vermiglia.
  5. Ridono i prati, e ’l ciel si rasserena;
  6. Giove s’allegra di mirar sua figlia 3;
  7. l’aria et l’acqua et la terra è d’amor piena;
  8. ogni animal d’amar si riconsiglia 4.
  9. Ma 5 per me, lasso, tornano i piú gravi
  10. sospiri 6, che del cor profondo tragge
  11. quella ch’al ciel se ne portò le chiavi;
  12. et cantar augelletti, et fiorir piagge,
  13. e ’n belle donne honeste atti soavi
  14. sono un deserto, et fere aspre et selvagge 7.
  1. Zefiro ritorna, e conduce nuovamente con sè la bella stagione,
  2. e i prati in fioritura, suo dolce seguito,
  3. e il verso della rondine e il canto lamentoso dell’usignolo,
  4. e la primavera candida e dai mille colori.
  5. I prati sono ridenti, il cielo torna sereno;
  6. Giove si rallegra di contemplare sua figlia;
  7. l’atmosfera, le acque e le terre sono piene d’amore;
  8. ogni essere vivente ritorna ad amare.
  9. Ma per me, afflitto, tornano i sospiri più
  10. penosi, che estrae dal profondo del cuore
  11. colei che le sue chiavi portò con sé in cielo;
  12. e il canto degli uccellini, i prati che fioriscono
  13. e i modi gentili delle belle donne dignitose
  14. sono per me un deserto, e fiere crudeli e tremende.

1 Zephiro: lo zefiro, vento caldo primaverile che porta con sé il ritorno della bella stagione, è qui personificato; la sua funzione di ambasciatore della Primavera è reminiscenza classica, dato che si trova in Virgilio (Georgiche, II, 330) e Lucrezio (De rerum natura, V, 738).

2 Si allude qui al mito delle sorelle Progne e Filomela, narrato nelle Metamorfosi di Ovidio (VI, 421-674). Filomela fu violentata dal marito di Progne, Tereo, e sebbene fosse stata privata della lingua perché non raccontasse a nessuno del misfatto, riuscì a darne comunicazione alla sorella Progne, che per vendicarsi fece a pezzi il figlio e lo diede in pasto al marito, poi trasformato in upupa dagli dei. Non rimasero impunite nemmeno le due sorelle, che vennero tramutate in rondine (Progne) e usignolo (Filomela).

3 sua figlia: la figlia di Giove alla quale Petrarca fa riferimento è evidentemente Venere, dea dell’amore: la stagione primaverile è quella a lei più congeniale, e da cui Petrarca è tuttavia escluso.

4 La seconda quartina, che celebra il trionfo lieto e felice della Natura primaverile e dell'amore umano, è intessuta di richiami alle Georgiche virgiliane.

5 Ma: il quadro descritto nelle due terzine, inerenti l’angosciosa condizione del poeta, non potrebbe più radicalmente antitetico rispetto a quello tratteggiato nelle prime due quartine, nelle quali si descrive il trionfo della natura. La congiunzione avversativa iniziale mette subito in evidenza l’antitesi, e concentra l’attenzione non più sul ridente paesaggio circostante ma sull’interiorità tormentata ed infelice del poeta.

6 i più gravi sospiri: ovvero quelli prima per l'amore infelice per Laura e poi per la sua prematura morte.

7 aspre e selvagge: la stessa clausola (con l’evidente allitterazione della - s -) torna in Petrarca nel sonetto Solo et pensoso i più deserti campi (vv. 12-13: “Ma pur sì aspre vie né sì selvagge cercar non so”).