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Virgilio, Proemio dell’Eneide: traduzione, analisi, metrica

Introduzione

 

Secondo le regole della retorica antica, le primissime parole di un testo letterario devono condensare in sé la natura e il senso più profondo dell’opera stessa. Questa regola, cui non sfuggiva nemmeno l’epica, derivava probabilmente da una visione ancora “magica” del mondo, in cui le parole non erano flatus vocis, ma possedevano ancora un legame oggettivo con la realtà denominata. Modificando una parola si poteva dunque cambiare la realtà stessa in cui viviamo. Analizzando il proemio dell’Eneide, la prima cosa che notiamo è la volontà di Virgilio di “omerizzare” il proprio lavoro, prendendo a modello l’Iliade e l’Odissea. Il primo verso dell’Eneide recita infatti:

àrma virùmque canò, Troiaè qui prìmus ab òris

La prima parola che troviamo è “arma”, un chiaro riferimento alla guerra che occupa tutta la seconda parte dell’Eneide, una sezione che non a caso viene definita “iliadica”. La seconda parola è invece “virum”, cioè “uomo”, un riferimento chiaro e inequivocabile alla figura di Enea, protagonista assoluto di tutto il poema. Anche nel proemio dell’Odissea la prima parola è proprio “uomo”; il riferimento di Virgilio all’Odissea viene rafforzato dai versi successi, dove nella subordinata relativa dipendente da “virum” (vv. 1-7) troviamo un veloce riassunto dei viaggi compiuti da Enea a causa della persecuzione di Giunone. Le prime due parole dell’Eneide si riferiscono così, tramite un’inversione, alla seconda sezione del poema (quella “iliadica”) e alla prima (quella “odissiaca”).

Al termine della protasi (vv. 1-7), dentro cui troviamo l’argomentazione dell’opera, rinveniamo la tradizionale invocazione nella Musa (vv. 8-11). Nel porre in secondo piano l’ispirazione divina del poema, Virgilio si separa quindi dalla tradizione omerica (nell’Iliade e nell’Odissea l’invocazione occupava sempre i primi versi) seguendo invece la poesia epica ellenistica, che poneva al centro l’opera del poeta, evidenziata in questo caso dal verbo “cano” (“io canto”) che troviamo invece nell’Eneide come terza parola del poema. Questi versi troveranno una chiara eco nel Proemio della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso.

Metro: esametri. 

  1. Àrma virùmque canò, Troiaè qui prìmus ab òris 1
  2. Ìtaliàm, fatò 2 profugùs, Lavinìaque vènit 3
  3. lìtora, mùlt(um) ill(e) èt terrìs iactàtus et àlto
  4. 4 superùm 5 saevaè memorèm Iunònis ob ìram 6;
  5. mùlta quoqu(e) èt bellò passùs, dum cònderet ùrbem,
  6. ìnferrètque 7 deòs 8 Latiò, genus ùnde Latìnum 9
  7. Àlbanìque patrès 10, atqu(e) àltae moènia Ròmae.
  8. Mùsa, mihì causàs memorà 11, quo nùmine laèso 12,
  9. quìdve dolèns, regìna deùm 13 tot vòlvere càsus
  10. ìnsignèm pietàte 14 virùm, tot adìre labòres 15
  11. ìmpulerìt 16. Tantaèn(e) 17 animìs caelèstibus ìrae 18?
  12. Ùrbs antìqua fuìt, Tyriì tenuère 19 colòni 20,
  13. Kàrthag(o), ìtaliàm contrà Tiberìnaque lònge
  14. òstia, divès opùm studiìsqu(e) aspèrrima 21 bèlli;
  15. quàm 22 Iunò fertùr 23 terrìs magis òmnibus ùnam
  16. pòsthabità coluìsse Samò 24; hic ìllius àrma,
  17. hìc currùs 25 fuit; hòc regnùm dea gèntibus èsse,
  18. sì qua 26 fàta sinànt 27, iam tùm tendìtque fovètque.
  19. Prògenièm sed enìm Troiàn(o) a sànguine dùci 28
  20. àudieràt, Tyriàs olìm quae vèrteret àrces;
  21. hìnc populùm latè 29 regèm bellòque supèrbum
  22. vèntur(um) 30èxcidiò Libyaè 31: sic vòlvere Pàrcas.
  23. Ìd metuèns, veterìsque memòr 32 Satùrnia 33 bèlli,
  24. prìma quod àd Troiàm pro càris gèsserat àrgis
  25. nècd(um) etiàm caus(ae) ìrarùm saevìque dolòres
  26. èxciderànt animò: manet àlta mènte 34 repòstum
  27. iùdiciùm Paridìs 35 spretaèqu(e) iniùria fòrmae,
  28. èt genus ìnvis(um), èt raptì Ganymèdis 36 honòres.
  29. Hìs accènsa supèr, iactàtos aèquore tòto
  30. Tròas, rèliquiàs 37 Dana(um) àtqu(e) immìtis 38Achìlli,
  31. àrcebàt longè Latiò, multòsque per ànnos
  32. èrrabànt, actì fatìs, mari(a) òmnia cìrcum 39.
  33. Tàntae mòlis eràt Romànam còndere gèntem 40!
  1. Io canto le armi e l’uomo che per primo dalle coste di Troia
  2. giunse in Italia, profugo per il fato, e giunse alle spiagge
  3. di Lavinio, molto sballottato per terra e per mare dalla forza
  4. degli dei supremi, per l’ira implacabile della crudele Giunone;
  5. e subì anche molte cose in guerra, finché non fondò la città
  6. e portò gli dei nel Lazio, da dove derivò la stirpe latina,
  7. i padri albani e le mura dell’alta Roma.
  8. Musa, ricordami le cause, per quale offesa divina,
  9. o dolendosi per che motivo la regina degli dei condannò l’uomo
  10. insigne per la pietà a passare tante disgrazie e ad affrontare
  11. tante fatiche. Così grandi sono le ire nelle anime dei celesti?
  12. Ci fu una antica città, la abitarono dei coloni di Tiro,
  13. Cartagine, opposta da lontano all’Italia e alla foce del Tevere,
  14. ricca di mezzi e durissima per la passione della guerra;
  15. si dice che Giunone abbia frequentato questa sola più di tutte
  16. le terre, essendo stata trascurata Samo; qui le sue armi,
  17. qui fu il suo carro; già allora la dea intende e pensa che,
  18. se il destino lo conceda, questo sia il governo dei popoli.
  19. Eppure aveva sentito che dal sangue troiano sarebbe nata
  20. una stirpe, che un giorno avrebbe distrutto le rocche di Tiro;
  21. da lì un popolo, re di molte terre e superbo in guerra, sarebbe
  22. giunto per la distruzione della Libia: così filavano le Parche.
  23. Temendo ciò, la figlia di Saturno, memore dell’antica guerra,
  24. che aveva compiuto presso Troia per i cari argivi
  25. (non si erano ancora allontanati dall’animo le cause delle ire
  26. e i crudeli dolori: rimane fisso nell’alta mente il giudizio
  27. di Paride, l’oltraggio della bellezza disprezzata, e la stirpe
  28. odiata e gli onori attribuiti a Ganimede che era stato rapito),
  29. adirata per queste cose, teneva lontano dal Lazio
  30. i troiani sballottati in tutto il mare, sopravvissuti ai Danai
  31. e allo spietato Achille, e questi erravano per molti anni,
  32. spinti dal destino, intorno a tutti i mari.
  33. Era una così grande fatica fondare la stirpe romana!

 

 

 

1 Troiae […] ab oris: l’ordine esatto sarebbe “ab oris Troiae”. Si tratta di una fortissima anastrofe.

2 fato: la concezione provvidenzialistica del destino (fatus deriva dal verbo for, faris, fatus sum, fari, che significa anche “profetare, vaticinare”) è di derivazione stoica.

3 venit: si riferisce ai due accusativi di moto a luogo “Italiam” (v. 2) e “litora lavinia” (vv. 2-3). Lavinia è la città fondata da Enea per onorare la moglie Lavinia, figlia del re Latino e inizialmente promessa in sposa a Turno, sovrano dei Rutuli.

4 vi: ablativo irregolare di “vis”, sostantivo difettivo della forma del genitivo e del dativo singolare (di norma sostituiti nel paradigma da roboris, robori) e con l’accusativo vim.

5 superum: l’uso del plurale è in realtà enfatico. L’unica dea (per quanto importante) che voleva ostacolare a tutti i costi l’arrivo di Enea nel Lazio era in realtà Giunone.

6 saeve memorem Iunonis ob iram: si tratta di un doppio iperbato incrociato: “saevae” si riferisce infatti a “Iunonis”e “memorem”ad “iram”. L’aggettivo memor, memoris vorrebbe dire “memore”, “che si ricorda”. Dal momento che l’ira di Giunone è incapace di “dimenticarsi” di Enea, diventa implacabile nei suoi confronti.

7 dum conderet […] inferret: dum quando regge il congiuntivo vuol dire “finché”.

8 deos: si tratta dei Lari, divinità protettrici del focolare e della patria, che Enea portò con sé fuggendo da Troia.

9 Genus unde latinum: si tratta di un iperbato, dal momento che genus concorda con latinum, ma vengono separati dall’avverbio unde. In realtà la stirpe latina esisteva già quando Enea sbarcò nel Lazio. Ma i veri latini, quelli che avrebbero poi fondato Roma, nacquero dalla fusione tra i latini originari e i troiani sbarcati nel Lazio al seguito di Enea.

10 Albanique patres: secondo la tradizione seguita da Virgilio,  la città di Alba Longa venne fondata da Iulo-Ascanio, figlio di Enea. Dalla discendenza dei re di Alba Longa sarebbero giunti Romolo e Remo, i fondatori di Roma.

11 Musa, mihi causas memora: abbiamo qui una forte allitterazione della -m-.

12 quo numine laeso: si tratta del classico uso latino del concreto per l’astratto. Laddove noi preferiamo il concetto astratto (“per quale offesa rivolta a un dio”), i latini preferivano l’immagine concreta (“il dio offeso”).

13 deum: si tratta di una forma irregolare di genitivo plurale usata al posto del normale “deorum”.

14 pietate: la pietas, nel sistema di valori della civiltà romana, è il connubio di devozione per gli dei, rispetto per i parenti e i genitori, dovere nei confronti della patria e dello Stato; si può intendere come un’unione di sentimenti e senso morale. Nell’opera, Enea è appunto caratterizzato dall’epiteto pius.

15 tot [...] labores: si tratta di un aggettivo indeclinabile. Questa categoria di aggettivi si trovano di norma vicini alla parola cui si riferiscono, ma in questo caso “tot” è separato da “labores” per iperbato.

16 Impulerit: regge gli infiniti “volvere” e “adire”. Si trova al congiuntivo perfetto perché facente parte di una interrogativa indiretta introdotta dall’aggettivo interrrogativo “quo” e dal pronome interrogativo “quid”.

17 Tantaene: -ne è una particella enclitica che serve a introdurre una frase interrogativa. Di norma non si traduce.

18 Sottintendi qui “sunt”.

19 tenuere: forma sincopata per tenuerunt. Il verbo teneo di norma vuol dire “tenere”, ma può assumere il significato di “abitare” nel caso in cui il suo complemento oggetto sia una località.

20 Tyrii [...] coloni: si tratta di un iperbato. Tiro era una città  fenicia situata nell’odierno Libano. Cartagine fu la sua colonia più importante in Africa. Secondo il mito seguito da Enea, la città sarebbe stata fondata dalla regina Didone, fuggita dalla patria a causa del fratello Pigmalione, che aveva assassinato il marito Sicheo costringendola alla fuga.

21 asperrima: superlativo dell’aggettivo di prima classe asper, aspera, asperum. Tutti gli aggettivi della prima classe che al nominativo maschile singolare escono in -er posseggono il superlativo irregolare in -errimus al posto del regolare -issimus.

22 quam: si tratta di un nesso relativo. Il pronome relativo si riferisce infatti a “Karthago”presente nella frase precedente. Si traduce con un pronome dimostrativo ed è il soggetto dell’infinito “coluisse” (v. 16).

23 fertur: il verbo fero, quando regge l’infinito, ha di solito il significato di “raccontare”, “tramandare”. Si trova al passivo, ma in italiano conviene tradurlo in maniera impersonale (“si racconta”).

24 posthabita […] Samo: si tratta di un ablativo assoluto. I due elementi sono separati tra loro per iperbato. “Posthabita” è participio perfetto del verbo posthabeo, composto dal prefisso post- (“dopo”) e habeo, che può assumere anche il significato di “ritenere”, “stimare”. Quindi il significato letterale sarebbe “tenere in secondo conto”, o più semplicemente “trascurare”. Sull’isola di Samo si trovava un celebre santuario dedicato a Giunone, che secondo il mito sarebbe anta su quest’isola e che qui sposo Zeus.

25 carrum: il carro di Giunone viene descritto in Iliade,V, 720-732.

26 qua: sta per aliqua. Il pronome aliquis, aliquid e l’aggettivo aliqui, aliquae, aliquod perdono il prefisso ali-  quando si trovano davanti a si.

27 Si… sinant: si tratta della protasi di un periodo ipotetico del secondo tipo privo di apodosi.

28 duci: infinito presente passivo del verbo duco, ducis, duxi, ductum, ducere, che in questo caso assume il significato di “provenire”.

29 late: questo avverbio significa “ampiamente”, “abbondantemente”, e indica l’ampiezza del terrritorio che avrebbero posto sotto il proprio controllo i discendenti di Enea.

30 venturum: sottintendi “esse”. Si tratta dell’infinito futuro attivo del verbo venio. Questo infinito e il successivo “volvere” sono retti da “audierat”.

31 excidio Lybiae: si tratta di un riferimento alle guerre puniche e più in particolare della terza (149-146 a.C.), in cui la città di Cartagine venne distrutta dalle fondamenta e sulle sue rovine venne sparso il sale per evitare che vi crescesse qualcosa.

32 memor: come tutti gli aggettivi di memoria, “memor” regge il genitivo (in questo caso “veteris belli”. L’aggettivo è separato dal sostantivo per un altro forte iperbato). L’antica guerra sarebbe la guerra di Troia, in cui Giunone si era schierata contro la città di Ilio perché Paride, figlio del re Priamo, aveva preferito Venere in una gara di bellezza di cui il giovane era stato giudice.

33 Saturnia: Giunone, come Giove e gli altri dei più importanti, era figlia di Saturno (il greco Crono).

34 alta mente: sottinteso “in”.

35 iudicium Paridis: Secondo il mito descritto all’interno del ciclo troiano, durante le nozze di Peleo e Teti, genitori di Achille, la dea Eris (personificazione della Discordia) gettò un pomo d’oro su cui era incisa la frase “alla più bella”. Giunone, Venere e Atena pretendevano di avere diritto a possere questa “pomo della discordia”. Dal momento che Giove si rifiutò di fare da arbitro per questa contesa, le tre dee scesero sulla terra e decisero di far scegliere chi fosse la più bella tra loro al giovane Paride, figlio del re di Troia Priamo, che in quel momento stava pascolando i suoi animali in montagna. Il giovane scelse Venere, che gli aveva promesso di avere in matrimonio la donna più bella. Si trattava di Elena, la causa dello scoppio della guerra con i greci. Questa scelta implicò ovviamente l’odio eterno delle due dee sconfitte nei confronti dei troiani.

36 Ganymedis: Ganimede era un fanciullo troiano. Zeus si era invaghito di lui e lo aveva rapito, portandolo in cielo dopo essersi trasformato in aquila. Il ragazzo venne insignito dell’onore di servire gli dei durante i loro banchetti. Ma Giunone non apprezzò molto i favori che il marito aveva riservato al suo giovane amante. A ciò si aggiunge un altro motivo d’odio della dea per il “genus invisum” dei Troiani: essi sarebbero infatti nati dall’unione tra Zeus ed Elettra, una delle Pleiadi, che avrebbe generato Dardano, fondatore di Troia.

37 reliquias: questo aggettivo, derivante da reliquus, reliqua, reliquum,vuol dire “sopravvissuto” e regge il genitivo della cosa cui si è sopravvissuti (in questo caso i Danai e lo spietato Achille).

38 immitis: aggettivo composto dal prefisso negativo in-  e l’aggettivo mitis, vuol dire letteralmente “non mite”, quindi “crudele”, “spietato”.

39 maria omnia circum: si tratta di una anastrofe, poiché l’ordine regolare sarebbe: “circum omnia maria”.

40 Con questa esclamativa finale, Virgilio vuole marcare le fatiche che il pio Enea dovette affrontare per arrivare alla fondazione di Roma. La visione storica del poeta è tragica: anche il raggiungimento dell’età augustea, vista come una novella età dell’oro, è un lungo cammino costellato dal sangue di centinaia di innocenti. Era ancora vivo in Virgilio il ricordo delle guerre civili e delle sofferenze subite per arrivare alla tanto agognata pax augustea.

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