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Orazio, “Satire”: analisi e commento

Introduzione

 

Le Satire (o Sermones, nel titolo in latino) di Orazio (65-8 a.C.) sono state composte dal poeta in due differenti fasi: il primo libro, dedicato al protettore Mecenate (68-8 a.C.) e che contiene dieci componimenti, è stato composto tra il 41 a.C e il 33 a.C., mentre il secondo, che comprende otto testi, è stato composto tra il 33 a.C. e il 30 a.C., anno che vede anche la pubblicazione degli Epòdi. In entrambe le raccolte il metro utilizzato è l’esametro dattilico.

Tra i temi affrontati dal poeta, la società romana e i suoi vizi, la propria vita quotidiana e quella degli amici del circolo di Mecenate, semplici aneddoti che permettono di sviluppare la ricerca di una “legge morale” ispirata ai criteri dell’equilibrio e della misura.

 

I modelli della satira in Orazio

 

Il modello riconosciuto da Orazio è lo scrittore latino Lucilio 1 (180 ca. a.C. - 102 a.C.); a lui infatti risalgono sia l’introduzione dell’esametro come metro tipico del genere sia i temi caratteristici del genere, come la denuncia dei vizi umani attraverso le armi del comico e del sarcasmo (fino all’aggressione personale), la pluralità di argomenti che possono rientrare nella “satira”, l’atteggiamento tra il faceto e il moraleggiante del poeta.

Alla rielaborazione del modello luciliano, che farà di Orazio un punto di riferimento per gli autori successivi - come Persio e Giovenale - contribuiscono però altre fonti: la commedia attica nuova (che fa sì che molte satire siano strutturate come gustosissime scenette; basti pensare alla celebre Ibam forte via sacra), il genere della diatriba popolare tipica della tradizione cinica o stoica, la letteratura alessandrina e la poetica neoterica, che suggeriscono al poeta la via del labor limae e della brevitas stilistica.

 

Stile e tematiche delle Satire

 

Orazio, pur ereditando i tratti tipici dell’aggressività e della critica dei costumi del genere satirico, rielabora profondamente le caratteristiche della satira. Il poeta infatti la propria ricerca morale e l’analisi dei vizi umani come conversazioni tra amici (da qui il titolo di Sermones) appartenenti al raffinato ed elegante circolo di Mecenate 2, con cui intessere un dialogo privato ed esclusivo; i toni accesi e sprezzanti della satira luciliana si sfumano così nella ricerca costante dell’autosufficienza (autárkeia), della “misura” (metriotés) e del “modo” (modus), che sono del resto la cifra stilistica e contenutistica della poesia oraziana 3. A ciò s’affianca la spiccata componente autobiografica, tipica dell’autore: molte delle scene comiche che si susseguono nei due volumi dei Sermones derivano dalla personale contemplazione della società, osservata senza assumere una posizione superiore o distaccata (e non senza punte autoironiche nei confronti di se stesso).

Se nella prima raccolta è costante il confronto fra un modello etico-esistenziale positivo cui mirare e tendere e gli svariati modelli negativi rappresentati da personaggi della società romana (quali cortigiane, imbroglioni, affaristi, streghe ed arrampicatori sociali), la seconda raccolta dei Sermones è invece improntata più sul dialogo con un interlocutore reale o fittizio che sull’autobiografia, tanto che la ricerca morale oraziana appare qui meno compatta e coesa.

Il primo libro delle Satire si suddivide così: una rassegna dei temi tipici delle satire, collegati all’eterna insoddisfazione degli uomini, che desiderano immense ricchezze e non sanno godere delle piccole cose (satira 1); un dibattito sull’adulterio e sulla prostituzione, da preferirsi secondo Orazio (satira 2); un’ironica presa in giro della perfetta saggezza stoica (satira 3); un’apologia della poesia satirica, con richiami a Lucilio ed esposizione degli ideali a cui si ispirano le Satire (satira 4); il racconto di un viaggio con Mecenate verso Brindisi, ispirato da Lucilio (satira 5); lode a Mecenate che ha accolto nella sua cerchia un poeta di umili origni come Orazio (satira 6); scenetta comica tra due litiganti, tra cui il terzo gode (satira 7); storiella comica narrata da una statua del dio Priapo (satira 8); Orazio è disturbato da un arrivista sociale che vuole accedere alla cerchia di Mecenate (satira 9); difesa della satira, con elencazione di pregi e difetti della poesia di Lucilio (satira 10).

Il secondo libro delle Satire affronta invece: un poeta satirico  discute con un giurista sui rischi della sua professione (satira 1); elogio della semplicità della vita campestre (satira 2); critica dell’idea stoica per cui solo il sapiente è sano di mente, mentre l’umanità è impazzita (satira 3); con la maschera dell’insegnamento filosofico, Cazio espone una serie di precetti di cucina e gastronomia (satira 4); l’indovino Tiresia spiega a Ulisse come diventare un cacciatore di eredità (satira 5); favola del topo di città e del topo di campagna, per esaltare la vita tranquilla e serena in campagna (satira 6); il servo Davo contesta al padrone Orazio l’incapacità a contenere le passioni, come insegna lo stoicismo (satira 7); scene dal volgare banchetto di Nasidieno (satira 8).

La lingua delle Satire è semplice e misurata, in accordo con i principi stilistici della medietas e della brevitas: Orazio mira al tempo stesso all’equilibrio dei toni e alla concisione dei mezzi espressivi, per privilegiare espressioni brevi ma incisive, sintetiche ma pregne di significato. La satira oraziana si modella così di volta in volta sul soggetto trattato, di cui colpisce i vizi e analizza i difetti; il lettore si trova di fornte ad aneddoti, apologhi o o brevi dialoghi, che spaziano da problematiche morali e filosofiche a comportamenti più quotidiani ed ordinari. Tra rappresentazione della vita di Roma e riflessione filosofica agile e disimpegnata 4, il tema può essere leggero, ma lo stile è sempre il risultato di un attentissimo lavoro formale, che si ispira al labor limae dell’esperienza poetica catulliana. Non a caso, l’ars è proprio la qualità che, secondo Orazio, mancava al modello di Lucilio.

1 Con criterio di simmetria, Orazio tratta del suo rapporto con il modello luciliano nella prima e nell’ultima Satira - la decima - del primo libro dei Sermones. Altri riferimenti intertestuali all’opera di Lucilio si trovano poi nella quarta Satira, dove Orazio sviluppa questioni di poetica relative al genere, e nella quinta, dove il modello ispiratore è l’Iter Siculum, incluso nel terzo libro delle Saturae di Lucilio.

2 In tal senso, nell’opera di Orazio ha grande rilievo una tematica prettamente epicurea come l’esaltazione dell’amicizia, intesa come solidarietà e affinità intellettuale e morale rispetto al mondo circostante.

3 La fonte più esplicita in questi è in Satire I, 2, vv. 106-107, dove Orazio dice: “Est modus in rebus”. Quest’atteggiamento ha un’altra sua fonte nella filosofia alessandrina.

4 Anche in questo caso, è sintomatico che Orazio privilegi sempre l’equilibrio e il buon senso; ogni regola o comandamento filosofico-morale è credibile e funzionale se non è estrema o esagerata.