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Hegel e l’arte: le “Lezioni di estetica”

Definito compiutamente il proprio sistema concettuale nella Filosofia dello Spirito, Hegel identifica nello Spirito assoluto il momento cruciale della sintesi, in cui si arriva finalmente alla fase dell’autocompresione. Se infatti nei Lineamenti di filosofia del diritto veniva trattato il problema dello Stato (come completamento dialettico della famiglia e della società civile), ora il discorso si innalza a toccare le sfere dell’Arte, della Religione, della Filosofia, che condividono il medesimo contenuto, l’Assoluto. È dunque qui che si coglie il carattere totalizzante ed omnicomprensivo del pensiero hegeliano, che vuole abbracciare e spiegare l’intera realtà secondo il movimento e l’affermazione di questo spirito. Ecco allora come Hegel - in quelle Lezioni di estetica redatte e pubblicate postume dai suoi allievi berlinesi - definisce l’arte e i suoi rapporti con le altre due discipline:

 

L’arte, in quanto si occupa del vero come oggetto assoluto della coscienza, appartiene anch’essa alla sfera assoluta dello spirito, trovandosi perciò per il suo contenuto sul medesimo terreno della religione nel senso specifico del termine, e della filosofia. [...] Data questa eguaglianza di contentuo, i tre regni, dello spirito assoluto si differenziano solo per le forme in cui essi portano a coscienza il loro oggetto, l’assoluto.

In tal senso, l’arte (con un’impostazione filosofica che durerà a lungo come eredità non solo per l’idealismo tedesco) è “un sapere immediato e proprio perciò sensibile”, e quindi l’esperienza estetica si caratterizza proprio per l’unione di forma sensibile ed intuizione del Vero (“un sapere nella forma e figura del sensibile ed oggettivo, in cui l’assoluto viene ad intuizione e sentimento”), mentre religione e filosofia sarebbero rispettivamente “la coscienza rappresentante” e “il libero pensiero dello spirito assoluto”. Lo schema triadico classico è dunque applicata anche qui con rigore e precisione, anche se non sfugge ad Hegel la necessità di puntualizzare scrupolosamente termini e finalità della sua definizione. Innanzitutto, questa “verità sotto forma sensibile” ha “in questa sua apparenza una senso ed un significato più alti”, anche se non deve sfuggire la sua incompletezza, in quanto primo passaggio del movimento di sintesi. Il “bello” per Hegel trova infatti la propria intima necessità e natura nell’individualità di ciascuno di noi:

 

L’unità di esso con l’apparenza individuale costituisce l’essenza del bello e della sua produzione ad opera dell’arte. Quest’unità si realizza nell’arte, a dire il vero, anche nell’elemento della rappresentazione e non solo in quello dell’esteriortà sensibile, e ciò avviene particolarmente nella poesia.

Se l’identificazione della poesia come sfera privilegiata dell’arte che coglie il vero sarà duratura, il riconoscimento del limite intrinseco delle manifestazioni artistiche (“l’arte ha ancora in se stessa un limite e passa quindi a forme più alte della coscienza”) si unisce con la prospettiva storicistica del pensiero hegeliano, che discute il modo in cui, nello sviluppo delle società umane, l’arte è progressivamente andata “oltre se stessa”. Si associano a questo sviluppo alcune considerazioni di G. W. F. Hegel sulla funzione dell’arte nel mondo presente e sulla sua presunta “morte”:

 

L’arte non vale più per noi come il modo più alto in cui al verità si dà esistenza. Nell’insieme il pensiero presto si è opposto all’arte come rappresentazione sensibilizzatrice del divino; [...]. L’arte ai suoi inizi lascia ancora sussistere un che di misterioso, un presentimento pieno di mistero, uno struggimento, perché le sue produzioni non hanno ancora completamente tratto per l’intuizione immagiantiva tutto il loro contenuto. Ma se il contenuto compiuto è compiutamente venuto a rilievo in forme artistiche, lo spirito lungimirante ritorna da questa oggettività, allontanandola da sé, nel suo interno. Quest’epoca è la nostra. Si può, sì, sperare che l’arte s’innalzi e si perfezioni sempre di più, ma la sua foram ha cessato di essere il bisogno supremo dello spirito.

Se quindi l’arte (per Hegel, dopo la Riforma protestante e la Controriforma cattolica) ha perduto la propria funzione di illustrare il Vero, ora questo passo toccherà a Religione e Filosofia.