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Il Fascismo e la Seconda Guerra Mondiale: l'8 settembre e la Resistenza

Con l’inizio del 1939 i venti di guerra soffiano ormai sull’Europa, e l’aggressiva politica nazista non getta più le proprie mire espansionistiche solo su paesi periferici come Austria e Cecoslovacchia; Mussolini, per ragioni di prestigio verso l’alleato tedesco, in marzo occupa ed annette l’Albania ai territori dell’Impero fascista. All’invasione tedesca della Polonia (1 settembre), nonostante le clausole di assistenza militare inserite nel Patto d’Acciaio, Mussolini decide inizialmente di restare neutrale: sono infatti contrari alla guerra non solo l’opinione pubblica, ma anche la maggioranza dei gerarchi fascisti, il Re e i vertici militari.

Tuttavia, il 10 giugno 1940 il Duce proclama solennemente l’entrata dell’Italia nel conflitto, in una retorica presa di posizione contro il “vecchio mondo” delle democrazie occidentali. L’esito delle operazioni belliche non è tuttavia quello sperato: le truppe italiane - impreparate alla guerra - subiscono gravi sconfitte già dalla campagna di Grecia (1940), mentre più avanti le truppe inglesi sconfiggono gli italo-tedeschi in Africa orientale (1941) e nelle colonie italiane di Libia e Tunisia (1943). Nell’estate dello stesso anno, gli angloamericani invadono la Sicilia, dove la struttura bellica italiana è crollata. Il 25 luglio Mussolini viene rimosso dal suo incarico dal Gran Consiglio ed arrestato (sarà poi liberato dai nazisti e posto a capo dello Stato-fantoccio della Repubblica Sociale Italiana a Salò). Nel mentre, i gerarchi trattano la resa con gli Alleati: l’8 settembre, alla diffusione della notizia dell’armistizio separato, le forze militari italiane sono prese alla sprovvista, e la popolazione civile resta in balia delle truppe naziste, che considerano gli italiani come traditori e nemici: è l’inizio di un cupo periodo di durissime oppressioni militari sul suolo italiano.

Se nelle zone libere del Sud del Paese si compone un governo monarchico filo-americano,  nel Centro-Nord le forze democratiche si concentrano nelle fila della Resistenza, che dà il via alla guerra di liberazione condotta dall’esercito partigiano contro gli occupanti nazisti e i fascisti collaborazionisti. Svolgendo le sue azioni prevalentemente in montagna con brigate numerose e organizzate militarmente o nei centri urbani, con nuclei molto più ristretti di combattneti, la Resistenza diventa il ponte di collegamento tra due generazioni di antifascisti: la prima, che proviene dalla lotta clandestina e dalla guerra di Spagna; la seconda, nata in seguito al disastro militare cui Mussolini ha portato il paese e composta da giovani e giovanissimi educati durante la clandestinità all’antifascismo. Nell’aprile-maggio 1945 molte zone e città della Penisola si liberano da sole (come nel caso di Milano, il 25 aprile), altre invece col supporto delle truppe angloamericane. Si conclude così la storia del Ventennio fascista: Mussolini viene catturato e giustiziato da un gruppo di partigiani (28 aprile) e un governo del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) può avviare la ripresa democratica del paese.

La lezione è a cura del Laboratorio LAPSUS (Università degli Studi di Milano).
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L’ingresso in guerra e le sconfitte militari


Già a inizio ’39 il clima in Europa preannunciava l’intensificazione dell’espansionismo tedesco, che avrebbe riguardato non più solo paesi periferici (come l’Austria e la Cecoslovacchia), ma l’intero continente. Per ragioni di prestigio nei confronti dell’alleato tedesco, Mussolini ordina nel marzo ’39 l’occupazione e l’annessione dell’Albania ai domini italiani. L'1 settembre dello stesso anno, Hitler avvia la Seconda guerra mondiale con l’invasione della Polonia, cui segue la rapida estensione del fronte anche con l’aggressione di paesi neutrali e, soprattutto, della Francia (sconfitta nel giro di pochi mesi). Nonostante le clausole del Patto d’Acciaio prevedessero l’assistenza militare all’alleato in caso di conflitto, Mussolini decide inizialmente di restare neutrale: sono infatti contrari alla guerra non solo l’opinione pubblica, ma anche la maggioranza dei gerarchi fascisti, il Re e i vertici militari. Nonostante ciò, dopo aver rafforzato le frontiere e schierato le truppe, il 10 giugno 1940 Mussolini dichiara l’entrata in guerra dell’Italia al fianco della Germania nazista: la retorica di questi mesi è incentrata sulla necessità che nazismo e fascismo diventino i pilastri su cui si sarebbe dovuta fondare la nuova civiltà europea, dopo la guerra totale contro “il vecchio mondo”. Le operazioni belliche però non vanno come previsto: non solo l’esercito italiano subisce gravi sconfitte contro paesi minori (Grecia ’40), ma le truppe inglesi sconfiggono gli italo tedeschi anche nelle colonie (come nell’Africa orientale nel ’41 e nelle colonie italiane di Libia e Tunisia, nel ’43). Nell’estate del ’43, gli angloamericani invadono la Sicilia, dove la struttura bellica italiana è già crollata.


25 luglio e 8 settembre: caduta di Mussolini, invasione tedesca

 

L’enorme sforzo bellico causa un peggioramento delle condizioni economiche e viene visto con sempre maggior ostilità da parte della popolazione: nel marzo 1943 scoppiano i primi scioperi di massa e si moltiplicano gli episodi sabotaggio nelle fabbriche. Per evitare un logoramento di tutto il regime, il 25 luglio 1943 Mussolini viene sollevato dal suo incarico dal Gran Consiglio, che ne decreta l’arresto. Contemporaneamente, i gerarchi lavorano per una rapida uscita dell’Italia dal conflitto: dopo una serie di trattative segrete con gli Alleati, l’8 settembre viene resa nota la notizia dell’armistizio separato. L’evento causa sbandamento nella popolazione e soprattutto nell’esercito (che rapidamente si disgrega); inoltre, le truppe tedesche trattano ora gli italiani come traditori e nemici, iniziando un durissimo triennio di oppressione militare su suolo italiano. Dopo l’arresto, Mussolini viene liberato dai tedeschi e posto a capo di uno stato fantoccio e collaborazionista, la Repubblica sociale italiana (Rsi), con sede a Salò ed estesa nel centro-nord. Attorno ad un più ristretto stato fascista, si riorganizzano le truppe rimaste fedeli a Mussolini e si impone una più dura dittatura filo-nazista per suo tramite. Al Sud, nelle zone già liberate dagli Alleati, si costituisce invece un governo monarchico filo-americano, guidato dal generale Badoglio. Qui, rinasce un primo nucleo di vita democratica.


Resistenza e Liberazione


L’8 settembre ’43 è considerata anche la data di inizio della Resistenza: ovvero, la guerra di liberazione condotta dall’esercito partigiano contro gli occupanti nazisti e i fascisti collaborazionisti. La Resistenza è il punto di collegamento tra due generazioni di antifascisti: la prima, quella originale, che ha conosciuto la lotta clandestina, ha combattuto in Spagna al fianco dei repubblicani e ha tenuto in piedi un forte sentimento antifascista; la seconda, in parte nata in seguito al disastro militare cui Mussolini ha portato il paese, in parte composta da giovani e giovanissimi educati durante la clandestinità all’antifascismo e che costituisce la maggioranza dell’esercito partigiano attivo. La Resistenza è attiva soprattutto al centro-nord, svolge le sue azioni in montagna (con brigate numerose e organizzate militarmente) e nelle città (tramite nuclei molto ristretti di partigiani, che svolgono azioni contro soldati e ufficiali tedeschi, collaborazionisti, gerarchi fascisti). Alla Resistenza partecipano tutte le principali forze antifasciste: comunisti, socialisti, cattolico-sociali, repubblicani e persino ristrette brigate di monarchici dissidenti. La guerra antifascista va avanti per tre anni, fino all’aprile-maggio ’45: molte zone e città si liberano da sole (come nel caso di Milano, il 25 aprile), altre invece col supporto delle truppe angloamericane, che nel frattempo hanno sconfitto i tedeschi risalendo la penisola. Con le vittorie dell’esercito partigiano e degli Alleati, contemporaneamente alle sconfitte dell’Asse in Europa e nel mondo, si conclude anche la storia del Ventennio fascista: Mussolini viene catturato e giustiziato da un gruppo di partigiani e il governo del Comitato di Liberazione Nazionale (Cln) può avviare la ripresa democratica del paese.