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Il Romanticismo in arte e letteratura: riassunto

Introduzione e temi principali

 

Il Romanticismo è un vasto e complesso movimento culturale, filosofico ed artistico che nasce in Germania e in Gran Bretagna a cavallo tra la fine del 1700 e l’inizio del 1800 e che poi si propaga in tutta Europa. Il termine italiano “romantico” deriva dal corrispettivo inglese romantic che, a metà del XVII secolo, designa l’atteggiamento irrazionale e immaginoso nei confronti della realtà, con particolare riferimento alla lettura dei romances (opposti al novel, di ispirazione realistica) e dei romanzi d’avventura. Il termine - che inizialmente ha una sfumatura negativa se non dispregiativa - va poi a definire quel rapporto con il mondo in cui sulla verità naturale prevalgono le sensazioni indistinte, le aspirazioni ideali, il fascino per il mistero e l’ignoto. Questa tensione all’assoluto (resa col termine tedesco Sensucht, “aspirazione, anelito”) si unisce col piacere che deriva dalla categoria estetica “sublime”, ovvero quel piacere che deriva dalla contemplazione di uno spettacolo (soprattutto naturale) grandioso e pauroso al tempo stesso 1.

Se il Romanticismo, soprattutto in campo storico e filosofico, nasce come reazione alla “ragione” illuministica, cui opporre invece il primato della “passione” e del “sentimento”, gli sviluppi e gli influssi culturali del movimento sono davvero sterminati e coinvolgono buona parte della cultura moderna. Il Romanticismo in senso stretto si sviluppa tra fine del XVIII secolo e primi decenni del XIX sulla scia del movimento tedesco dello Sturm und Drang e tra i suoi grandi temi possiamo citare:

  • Il primato dell’individualismo: in antitesi all’immagine razionale dell’uomo ereditata dalla filosofia illuministica e aal connesso primato del raziocinio si propugna l’irriducibile individualità di ogni essere umano, nella sua specificità storico-culturale e socio-politica. Ogni uomo, secondo i Romantici, non obbedisce solo ai principi della ragione ma anche (e soprattutto) alle sue passioni e ai suoi sentimenti;
  • Lo storicismo: opponendosi all’universalismo della filosofia dei lumi (simboleggiata al meglio dell’impresa dell’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert) il Romanticismo rivaluta le tradizioni nazionali e il patrimonio culturale di ogni popolo, valorizzando e rivalutando periodi storici (tra tutti, il Medioevo, considerato dagli illuministi un “periodo buio” per l’umanità) prima caduti nel dimenticatoio 2. Parallelamente alla riscoperta della Storia c’è il crescente interesse per il folklore e la cultura popolare, ritenuta depositaria dei valori puri ed autentici ormai smarriti dall’uomo borghese;
  • Il sentimento e il dolore: due veri e propri Leitmotiv dell’eroe romantico è l’idea che le passioni e le pulsioni dell’uomo non possano trovare pace, e che la vita sia di fatto un “tendere verso” qualcosa di assoluto ed impossibile, che non è mai dato possedere completamente. L’uomo romantico anzi definisce la propria identità in stretta relazione allo Streben 3 a cui è sottoposto. Da qui la vasta gamma di ansie e disillusioni, speranze e disfatte cui va incontro l’uomo romantico, che si tormenta nella misura in cui la sua sensibilità è troppo sviluppata e il suo desiderio di patire impossibile da soddisfare completamente. Alla ricerca dell’ordine e dell’armonia si sostituisce allora la nostalgia indefinita per qualcosa che non si è posseduto mai del tutto oppure il desiderio irrisolto per ciò che non si può avere. Queste due tensioni spostano spesso in un “altrove” distante nel tempo e nello spazio (l’Oriente esotico, piuttosto che la Grecia classica o i secoli passati) il luogo della pace e della felicità individuali, mentre all’uomo romantico non resta che la “noia” che, intesa come assenza di contrasti e di emozioni, è la peggior condizione possibile 4. L’esaltazione delle passioni individuali conduce anche alla scoperta del lato irrazionale dell’individuo, con un particolare interesse per la dimensione del sogno e della follia;
  • Solitudine e titanismo: l’uomo romantico non è in armonia con il mondo in cui vive, che gli sembra piattamente orientato al soddisfacimento dei bisogni puramente materiali. Da qui derivano due atteggiamenti intrecciati tra loro: da un lato, la solitudine dell’eroe, che è tale proprio nella capacità stoica di sopportare le conseguenze della propria eccezionalità; dall’altro, il titanismo, cioè la ribellione volontaria contro forze così grandi e superiori (il Tiranno, il Mondo, la Natura, Dio) che l’inevitabile sconfitta diventa un segno di coraggio e di animo indomito. Esito spesso tragico di queste due tendenze è il suicidio, attraverso cui l’eroe romantico dimostra, in modo estremo, di non volere e di non potere scendere a patti con un mondo che egli non accetta;
  • L’amore e la Natura: l’amore (inteso in particolare sotto la forma della passione assoluta e spesso infelice) e la Natura sono i due grandi termini di confronto dell’eroe romantico, che vede nell’esperienza amorosa il vertice più alto del suo animo superiore e nello spettacolo della Natura la rappresentazione plastica e concreta del concetto di “divino”, in cui infondere i propri tormenti e le proprie illusioni, secondo appunto un atteggiamento tragico e titanico. Le figure femminili romantiche sono spesso protagoniste di amori tragici, mentre i paesaggi naturali vedono la prevalenza di scenari notturni, lugubri rovine o cimiteri, boschi e cascate, secondo il gusto del “sublime” e dell’“orrido”. Per altro verso, è possibile che il paesaggio naturale divenga invece il confidente per le inquietudini del protagonista, che qui può finalmente trovare pace e serenità;
  • L’ironia: di fronte alla grandezza della Natura e all’Infinito a cui l’uomo tende nel suo Streben c’è posto anche per un atteggiamento antitetico al titanismo e al dolore. quello dell’ironia, che nasce appunto dalla sproporzione tra le aspirazioni ideali e la realtà di fatto in cui l’uomo di trova immerso. Tale concetto verrà teorizzato in particolare da Friedrich Schlegel (1772-1829) nei suoi Frammenti (1797-1798).


Nel suo complesso, il Romanticismo apre allora una complessa ed articolata fase della storia umana, che, inaugurando la modernità, modifica in profondità i rapporti tra l’uomo e il mondo sulla scia di grandi eventi storici come il fallimento della Rivoluzione francese e l’età napoleonica e i primi segnali della Rivoluzione industriale. Il suo effetto è ravvisabile, oltre che in letteratura e in filosofia, anche nelle altre arti. In campo artistico ha molta importanza la teorizzazione sul “sublime”, “l’orrido” 5 e sul “pittoresco” (ovvero ciò che sfugge alla norma e alla convenzione, con particolare riguardo per i paesaggi naturali). Con il Romaticismo, in arte prende spazio quindi la ricerca di temi e soggetti che si allontanino dalla tradizione classica e dal gusto neoclassico. L’arte, nel pensiero romantico, diventa la porta d’accesso privilegiata per la conoscenza e, al tempo stesso, il campo in cui si manifesta al massimo grado l’eccellenza spirituale dell’individuo. Il pensiero romantico, oltre che sulla letteratura, avrà un profondo influsso sulla pittura e la musica, che viene considerata in questo periodo il linguaggio per eccellenza del sublime e di tutto ciò che va oltre le facoltà razionali dell’uomo.

In Inghilterra, gli esempi di arte romantica vanno dalla rivalutazione dell’arte gotica da parte di John Ruskin (1819-1900) fino ai paesaggi dei quadri di William Turner (1775-1851), Johann Heinrich Füssli (1741-1825) e John Constable (1776-1837). In Germania è la pittura di Caspar David Friedrich (1774-1840) ad assurgere a modello e simbolo del movimento stesso, come nel suo quadro più celebre, il Viandante sul mare di nebbia del 1818:

 

Crediti: Caspar David Friedrich [Public domain], via Wikimedia Commons

In Francia, la scuola pittorica romantica si afferma con Théodore Géricault (1791-1824; La zattera della Medusa, 1818-1819) e Eugène Delacroix (1798-1863; La libertà che guida il popolo, 1830), mentre in Italia la scuola “romantica” è quella di ispirazione risorgimentale di Francesco Hayez (1791-1882; Il bacio, 1859). In ambito musicale, l’espressione più caratteristica del Romanticismo sono il dramma musicale e il “teatro totale” di Richard Wagner (1813-1883). La stagione romantica vede tra i suoi protagonisti anche Ludwig van Beethoven (1770-1827) e Franz Schubert (1797-1828), a cui poi si aggiungono, in area tedesca, Felix Mendelssohn (1809-1847), Robert Schumann (1810-1856), Franz Liszt (1811-1886) e, in Francia, Frédéric Chopin (1810-1849) e Hector Berlioz (1803-1869). Tra i nomi del Romanticismo musicale italiano si possono citare Niccolò Paganini (1782-1840), Gaetano Donizetti (1797-1848), Gioachino Rossini (1792-1868), Vincenzo Bellini (1801-1835) e Giuseppe Verdi (1813-1901).

 

Il Romanticismo in filosofia

 

L’infinito è il punto principale attorno cui verte la filosofia romantica. Questo concetto viene definito secondo due modelli differenti: quello panteistico e quello trascendentistico. Secondo il modello panteistico, infatti, il finito è la realizzazione dell’infinito 6. Al suo interno possiamo trovare due ulteriori correnti: quella naturalistica, che identifica l’infinito con la natura, e quella idealistica, che identifica l’infinito con lo spirito. Il modello trascendentalista concepisce invece il finito come una manifestazione solo parziale dell’infinito che muove ben al di là delle forme finite.

Le radici della filosofia romantica rimandano comunque a Immanuel Kant e all’introduzione del concetto di noumeno nella Critica della ragion pura (1787), che definisce la coscienza umana come realtà indipendente e a sé stante. Questo è un punto-chiave della filosofia del Romanticismo, che troverà nell’Idealismo tedesco il suo compimento più pieno. Il fondatore di questa corrente è comunemente considerato Johann Gottlieb Fichte (1762-1814), che nei Fondamenti dell’intera dottrina della scienza (1794) definisce i concetti di Spirito come attività creatrice e dell’io puro come attività di pensiero che è infinitamente ed ininterrottamente protesa verso l’Assoluto. La lezione di Fichte viene ripresa ed approfondita dall’allievo Friedrich Schelling (1775-1854), che postula come principio di realtà l’Assoluto, in cui il soggetto e l’oggetto sono uniti in maniera indifferenziata. Momento supremo dell’Assoluto e sua massima manifestazione è appunto la creazione artistica.

Il principale filosofo dell’Idealismo tedesco è tuttavia Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831), che elabora un sistema compiuto e strutturato (detto “idealismo assoluto”) al cui vertice troviamo lo Spirito assoluto. Nel panorama della filosofia romantica, a fianco dell’idealismo hegeliano, che sancisce il primato della filosofia come attività dell’autocoscienza spirituale, c’è però Arthur Schopenhauer (1788-1860) che, in netta antitesi a Hegel, pone l’accento sulla “volontà” umana.

 

Il Romanticismo in letteratura

 

La Germania

Il Romanticismo letterario nasce anch’esso in Germania alla fine del XVIII secolo: il movimento, pur presentando poi considerevoli varietà a livello nazionale, si sviluppa da un lato dal movimento dello Sturm und Drang di Johann Georg Hamann (1730-1788) e Johann Gottfried Herder (1744-1803), e dall’altro attorno al cosiddetto “gruppo di Jena” e alla rivista Athenaeum, fondata nel 1798 dai fratelli Schlegel (Friedrich, 1772-1829; August Wilhelm, 1767-1845) e dal poeta Novalis (Friedrich Leopold von Hardenberg, 1772-1801).

Hamann ed Herder sono i primi sostenitori di concetti-chiave delle poetiche romantiche successive, come quelli della genialità del poeta e del carattere rivelatore e profetico dell’arte, che è l’unico strumento che può e sa interpretare i segni del divino nel mondo (in polemica con l’atteggiamento razionalizzante ed illuministico dei philosophes). Herder formula la distinzione tra poesia d’arte (che è prodotto di un banale procedimento d’imitazione dei classici) e poesia di natura, che invece è “popolare” e sorge spontaneamente dall’azione dei grandi geni (quali sono, per i romantici, Omero, Dante e Shakespeare). Lo Sturm und Drang vede la sua massima espressione in due opere di Johann Wolfgang Goethe (1749-1832), I dolori del giovane Werther e l’Urfaust (la prima versione del poema drammatico Faust). Figura particolare del clima romantico e assai vicina a Goethe è quella di Friedrich Schiller (1759-1805), che nei suoi scritti teorizza la funzione educatrice dell’arte e lo sviluppo organico delle facoltà umane al di là delle scissioni causate dalla modernità.

Le tesi dello Sturm und Drang sono fatte proprie da Friedrich Schlegel nel suo Corso sull’arte drammatica (1808), che diventa il principale teorico del movimento tedesco: assai importanti sono le tesi sul rapporto con i classici e il favore accordato al genere del romanzo. Per quanto concerne il primo aspetto, è caratteristico del Romanticismo il rifiuto del principio di imitazione, tipico del Classicismo, per privilegiare invece la creatività e il “genio” individuali. In tal senso, vengono meno i modelli tradizionali per i singoli generi letterari, che ora si mescolano e si contaminano 7. In antitesi con il precetto classico della suddivisione degli stili, il Romanticismo sostiene la commistione di stile e contenuto, così che si possa trattare in maniera seria un argomento umile e quotidiano (e, viceversa, trattare comicamente un tema serio e “alto”). A ciò si affianca un nuovo genere letterario, nato tra fine Settecento e inizio Ottocento, ovvero il romanzo. La narrazione lunga in prosa diventa il modello letterario prevalente per illustrare la nuova visione del mondo romantica, soggettiva ed individuale. Per usare le parole di Hegel nelle Lezioni di estetica, il romanzo sostituisce il poema epico come genere letterario egemone, configurandosi come la “moderna epopea borghese” che rappresenta artisticamente “la totalità di una concezione del mondo e della vita”.

Due altri autori rappresentativi del periodo sono Novalis e Friedrich Hölderlin (1770-1843). Nella poesia del primo (Inni alla notte, 1797-1800) si esalta la “notte” come momento privilegiato in cui l’artista può entrare in contatto con l’assoluto e con il principio della divinità, dando libero sfogo alla sua sensibilità interiore. Questa visione idealistica ed irrazionalistica - si è parlato per Novalis di “idealismo magico” - si riflette bene anche nel romanzo incompiuto di Novalis, l’Enrico di Ofterdingen, intriso di elementi topici del Romanticismo (la Sensucht, il ruolo dell’intuizione oltre i limiti della ragione, la nostalgia come percezione del mondo, il viaggio e il legame profondo tra protagonista e natura) e incentrato sul percorso di formazione ed iniziazione del giovane protagonista. La posizione di Hölderlin (le sue opere principali sono, oltre alla raccolta delle liriche, il romanzo epistolare Iperione e una tragedia incompiuta, La morte di Empedocle) è invece a metà strada tra il Classicismo, considerato come unità di misura ed pace, e il Romanticismo. La poesia e la bellezza sono per Hölderlin lo strumento per attingere l’armonia perduta e per consolarsi dai mali e dalle angosce del mondo reale.

 

L’Inghilterra

Il movimento romantico conosce nell’Inghilterra la sua prima terra d’esportazione. L’Inghilterra, infatti, vede affermarsi lungo tutto il XVIII secolo due correnti letterarie, quella sepolcrale e quella ossianica, da cui si svilupperanno in seguito le manifestazioni più strettamente romantiche. La poesia sepolcrale nasce da riflessioni intorno alla morte e allo scorrere inesorabile del tempo, affiancate dal fascino cupo e notturno dei cimiteri. Tra i massimi esponenti di questo genere possiamo ricordare Robert Blair (1699-1746), Edward Young (1683-1765), autore dei Pensieri notturni, e in particolare Thomas Gray (1716-1771) con la sua celebre Elegia scritta in un cimitero campestre 8. La poesia ossianica (il nome si ispira ad un leggendario cantore, o bardo, della tradizione gaelico-irlandese) invece ripropone in veste moderna l’antica epica scozzese e tratta quindi di cavalieri erranti nella brughiera, di amori segnati dalla morte e dalla sventura e di spettri che tormentano nella notte i propri discendenti senza riuscire a trovare pace. La moda ossianica 9 nasce con la pubblicazione dei Canti di Ossian, editi nel 1760 dal poeta James Macpherson (1736-1796), che li spaccia come un ritrovamento di liriche del III secolo d.C. In realtà si tratta di un falso storico, in quanto Macpherson, partendo da pochi frammenti, scrive di suo pugno gran parte dei testi.

Il romanticismo inglese nasce però ufficialmente solo nel 1798, con la Prefazione alle Lyrical Ballads di Wordsworth e Coleridge. Il compito che i due poeti si pongono è quello di rappresentare la vita quotidiana e il rapporto dell’uomo con le piccole cose della vita e in particolare con la Natura, al cui interno si nasconde però una fitta rete di senso e mistero, che spetta alla poesia indagare e rappresentare in forme eleganti ed ordinate (come da esempio nella lirica Daffodils). Se Wordsworth (1770-1850) rappresenta la parte più razionale di questo binomio poetico, Samuel Taylor Coleridge (1772-1834) è il componente più irregolare e romantico, come dimostrano alcuni suoi testi come La ballata del vecchio marinaio (1797-1798) e l’incompiuto Kubla Khan (1816). Un altro autore tipico del panorama romantico inglese è Lord George Byron (1788-1824), le cui opere (ma soprattutto la biografia personale) definiscono la tipologia dell’eroe letterario che, incurante dei propri nobili natali, disprezza le ricchezze materiali e le rigide norme sociali in favore dell’amore passionale e di una ricerca del sé che culmina con l’autodistruzione. John Keats (1795-1821), poco noto e apprezzato in vita, ricopre invece il ruolo del poeta romantico cantore della bellezza ideale (che in particolare sarà quella dell’arte e dell’architettura greche), intesa come l’unico valore che sopravvive alla precarietà dell’esistenza grazie alla funzione eternante della poesia e dell’immaginazione. “Manifesto” di questa concezione dell’arte è l’Ode su un’urna greca (1819) dove - quasi anticipando le posizioni dell’estetismo di Oscar Wilde - Keats afferma: “Beauty is truth, truth beauty” (“La bellezza è verità, la verità è bellezza”). Sul versante immaginifico e misticheggiante, è invece di spicco la figura di William Blake, incisore ed autore, tra le altre cose, dei Songs of Innocence e dei Songs of Experience, dove compaiono le poesie The Lamb e The Tyger.

Sul piano romanzesco, gli autori di riferimento sono invece Walter Scott (1771-1832) e Jane Austen (1775-1817). Il primo è considerato con Ivanhoe (1820) l’ideatore del romanzo storico come oggi lo conosciamo. Scott dà vita ad una vicenda in cui gli eventi storici realmente accaduti si mescolano con l’invenzione letteraria senza scadere nel meraviglioso nel fantastico, ma evocando - in linea con lo storicismo e la riscoperta del Medioevo del movimento romantico - l’atmosfera della storia inglese del XII secolo. In Jane Austen, autrice di romanzi come Ragione e Sentimento (1811), Orgoglio e pregiudizio (1813) ed Emma (1815), la componente romantica è declinata nella raffinata analisi ed introspezione psicologica sui personaggi femminili della middle class in via d’ascesa d’inizio Ottocento.

 

Francia e Italia

In Francia il Romanticismo si diffonde nei salotti parigini grazie al pamphlet di Madame de Staël (Anne-Louise Germaine Necker, 1766-1817) De l’Allemagne (Sulla Germania, 1810), dove la scrittrice e nobildonna di origini svizzere si interessava alla cultura, alla filosofia e all’arte tedesche incoraggiandone e favorendone la diffusione e attirandosi indirettamente le ire del governo di Napoleone Bonaparte. Il Romanticismo francese vede poi tra i suoi protagonisti Alphonse de Lamartine (1790-1869) e Alfred de Vigny (1797-1863) e si diffonde poi nelle opere di Victor Hugo (1802-1885; oltre alla già citata Prefazione del Cromwell, si possono citare Notre-Dame de Paris e I miserabili), di Stendhal (pseudonimo di Henri Beyle, 1783-1842), autore de Il rosso e il nero (1831) e La certosa di Parma (1839), e François-René de Chateaubriand (1768-1848), che pubblica René nel 1802.

Il Romanticismo italiano nasce invece a seguito della pubblicazione, sul primo numero del periodico «Biblioteca Italiana» (organo ufficiale del ricostituito governo austriaco), di un articolo di Madame de Staël, già animatrice del dibattito culturale francese coll’opuscolo De L’Allemagne: il testo, intitolato significativamente Sulla maniera e l’utilità delle traduzioni, è di chiara ispirazione romantica (l’importanza del sentimento e dell’ispirazione poetica, l’attenzione alle differenze nazionali, il rifiuto dei modelli classici, l’esaltazione della creatività) e sostiene il ruolo cruciale delle traduzioni dalle letterature straniere per svecchiare la tradizione nazionale, ancora legata al gusto della mitologia classica e a una letteratura più di forma che di sostanza. Scoppia così la cosiddetta polemica tra classicisti e romantici, che vede i primi schierati a difesa della tradizione nazionale e altri, identificati soprattutto attorno al gruppo milanese che  poi darà vita alla rivista «Il Conciliatore» (1818-1819), che si fa portavoce delle istanze progressiste e liberali della classe alto-borghese ed aristocratica lombarda e della nuova idea di letteratura. Di questo gruppo fanno parte ad esempio Silvio Pellico (1789-1854), Ludovico Di Breme (1780-1820), Pietro Borsieri (1788-1852) e Giovanni Berchet (1783-1851), tutti sostenitori di una cultura nuova e al passo con i tempi, che si ponga come problema anche quello dell’indipendenza nazionale 10.

“Manifesto” dell’atteggiamento dei romantici lombardi è un breve testo con cui Giovanni Berchet partecipa al dibattito sulle pagine del «Conciliatore», ovvero la Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliuolo. Qui Berchet, che si nasconde dietro la figura fittizia di Grisostomo (ironicamente, la “bocca d’oro”) che scrive al figlio raccomandandogli la lettura e lo studio dei nuovi scrittori “romantici” (la de Staël stessa, Giambattista Vico, Schlegel e Schiller), identificandone le qualità specifiche. Emerge così il concetto di poesia popolare, che è opposta alla maniera imitativa dei classicisti e che per Berchet-Grisostomo sa assecondare e coltivare lo spirito nazionale, e la differenza tra romanticismo e classicismo, che è solo “imitazione di imitazione”, in quanto non sa che replicare senza sentimento né partecipazione le formule degli antichi. In particolare, l’autore della Lettera semiseria mette a fuoco molto bene il nuovo pubblico cui deve rivolgersi lo scrittore romantico: non si tratta né dei troppo sofisticati “parigini” (corrispondenti al pubblico troppo sofisticato e incline solo al ragionamento astratto) né dei troppo ignoranti “ottentotti” 11, ma della categoria intermedia del “popolo”, che costituisce la fetta più ampia dell’uditorio. Il programma culturale di Berchet-Grisostomo si caratterizza quindi per la sua apertura e per la ricerca del dialogo attivo con le nuove forze della società, come conferma anche l’escamotage ironico con cui si chiude la lettera (appunto, “semiseria”): Grisostomo, fingendo di ritrattare le sue posizioni, consiglia al figlio di lasciar perdere i suoi consigli e di tornare al rassicurante studio dei classici.

Le posizioni del Romanticismo lombardo trovano in Alessandro Manzoni (1785-1873) il loro principale esponente, sempre su quella linea che coniuga rinnovamento della tradizione letteraria e ideologia liberale in campo politico. In tal senso è molto importante il dramma storico Il conte di Carmagnola, che nel 1820 rinfocola le polemiche tra romantici e classicisti. Nella Prefazione alla sua opera Manzoni aderisce alle posizioni romantiche rifiutando, in virtù della natura soggettiva della creazione artistica, le tre unità aristoteliche (tempo, spazio e azione) ereditate dalla tradizione, ritenendole “principi arbitrari” o sostenendo al contrario la necessità del rapporto tra verità storica e “scopo morale” dell’opera d’arte. L’autore, allineandosi alle tesi sostenuto da Friedrich Schlegel, riscopre poi la funzione del “coro”, cui affida il ruolo di esporre il punto di vista morale dell’autore. Le posizioni manzoniana sono ribadite con notevole coerenza anche nella Lettre à Monsieur Chauvet del 1823, in cui l’autore replica alle critiche mossegli dal letterato francese Victor Chauvet. Manzoni esprime limpidamente l’esigenza di una profonda analisi storica, in cui il rispetto del “vero storico” (come poi sarà ne I promessi sposi) è la condizione fondamentale per l’interesse dello spettatore, senza che sia necessaria suscitare passioni violente e moralmente discutibili per incuriosire il pubblico. In questa conciliazione tra rispetto della verità storica e invenzione poetica sta per Manzoni il fine educativo dell’arte. Altro testo teorico manzoniano sulla questione è la lettera Sul Romanticismo al marchese Cesare D’Azeglio in cui, all’interno della polemica con il fronte classicista (la lettera è del 1823, anche se pubblicata solo nel 1846), l’autore delinea alcune linee di poetica fondamentali, come il rifiuto dell’imitazione dei classici, della mitologia e delle unità aristoteliche. Manzoni afferma anche qui la necessità di perseguire il “vero”, tenendo ben presenti le finalità morali dell’arte (per Manzoni, il Romanticismo è anzi vicino alla sensibilità cristiana) ma senza dimenticare la necessità di interessare e coinvolgere i lettori con vicende tratte dalla vita quotidiana. Si tratta di elementi che si ritrovano anche nei Promessi sposi a partire dalla scelta, dichiarata nell’Introduzione, di dedicarsi alle vicende di “genti meccaniche, e di piccol affare” 12 fino alla concezione della Storia e della Provvidenza che emerge dal finale del romanzo.

1 Il primo teorico del “sublime” è il filosofo e politico inglese Edmund Burke (1729-1797) nella sua Indagine filosofica sull’origine delle nostre idee sul sublime e sul bello (1757). Parte di queste osservazioni estetiche saranno riprese da Kant nella Critica del giudizio (1790).

2 In particolare, è nel Romanticismo tedesco che, secondo un’ottica nazionalista, il Medioevo diventa la fase storica in cui la nazione tedesca si è formata ed affermata. In modo analogo, anche il Romanticismo italiano assumerà una coloritura politica, affiancandosi spesso ai moti risorgimentali contro la dominazione austriaca.

3 Si tratta di un verbo tedesco che significa “aspirare, tendere verso, mirare a qualcosa” e che identifica appunto la tensione costante e sempre insoddisfatta dello spirito romantico.

4 Il tema della “noia” come condizione esistenziale è ad esempio centrale nella poesia e nella riflessione filosofica di Giacomo Leopardi, come ne Il sabato del villaggio (vv. 40-41: “diman tristezza e noia | recheran l’ore [...]”), nel Canto notturno di un pastore errante dell’Asia (v. 116: “senza noia consumi in quello stato”) o in A se stesso (vv. 9-10: “Amaro e noia | la vita, altro mai nulla; [...]”) oppure nelle Operette morali.

5 Il senso dell’orrido rimanda a qualcosa che affascina nella misura in cui è brutto e che genera quindi paura e ribrezzo; in particolare il termine è usato come sostantivo per luoghi molto scoscesi attraversati da un rapido corso d’acqua che cade, con molto fragore, creando una spettacolare cascata.

6 All’interno di questa corrente, uno dei primi filosofi e teologi romantici, Friedrich Schleiermacher (1768-1834), rivendica la preminenza della religione rispetto ad altre forme dello spirito. La religione, che per Schleiermacher è sentimento o intuizione di ciò che è infinito, si identifica con la coscienza del finito di essere un’unità con l’infinito. Il Romanticismo di Schleiermacher è allora panteistico: l’individuo stesso, immerso nell’infinito, è infinito a sua volta.

7 È la tesi sostenuta da Victor Hugo nella Prefazione del suo dramma storico Cromwell, che segna l’atto di nascita del romanticismo francese e influenza la letteratura nazionale lungo tutto il diciannovesimo secolo.

8 Il tema sepolcrale troverà prosecutori anche in Italia, nel poemetto I cimiteri di Ippolito Pindemonte e poi soprattutto nel carme Dei sepolcri di Ugo Foscolo.

9 In Italia i Canti di Ossian vengono tradotti da Melchiorre Cesarotti nel 1763, incontrando subito grande successo.

10 Non a caso, «Il Conciliatore» verrà chiuso dalle autorità austriache.

11 “Ottentotto” è il nome di una tribù indigena sudafricana, scoperta dai primi esploratori boeri nel diciassettesimo secolo; il termine si diffuse generalmente per indicare una persona particolarmente rozza, barbara ed ignorante.

12 A. Manzoni, I promessi sposi, a cura di E. Raimondi e L. Bottoni, Milano, Principato, 1988, pp. 1-2.