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Il Simbolismo in letteratura: riassunto

Introduzione

 

Il Simbolismo si sviluppa in Francia lungo la seconda metà dell’Ottocento come movimento interno alla più ampia corrente del Decadentismo; tradizionalmente si fa risalire la sua nascita alla pubblicazione del Manifesto del Simbolismo di Jean Moréas (1856-1910), comparso sul quotidiano Le Figaro il 18 settembre 1886.

Il movimento si contrappone al Naturalismo e coinvolge personalità letterarie, poeti, pittori e persino musicisti. La sua influenza toccherà nel corso dei decenni anche altri paesi europei, influenzando in particolar modo la cultura italiana e quella tedesca. Il Simbolismo si pone in antitesi al realismo, di cui contesta la riproduzione precisa e mirata della realtà e a cui oppone la rappresentazione di un mondo interiore i cui moti sono dominati dal sogno e dal simbolo.

 

Il Simbolismo: caratteri generali

 

Il Simbolismo, come abbiamo detto, nasce in Francia negli ultimi decenni del XIX secolo sulle orme dell’opera di Baudelaire (come, ad esempio, Les fleurs du Mal) e delle fascinazioni della musica di Richard Wagner (1813-1883), e in reazione alla poetica dei realisti e dei parnassiani 1. I simbolisti promuovono l’ideale di una poesia evocativa e simbolica fondata sull’intuizione e sulla sensazione, sul modello delle Corrispondenze baudeleriane.

Se istituzionalmente l’anno di nascita del simbolismo è il 1886, il primo componimento dichiaratamente simbolista risale a una decina di anni prima, al 1876, quando il poeta francese Stéphane Mallarmé (1842-1898) dà alle stampe il poemetto Il pomeriggio di un fauno (in francese, L’aprés-midi d’un faune). Da questo momento in poi la poetica simbolista si fa strada nella cultura istituzionale francese, fino a culminare, nel decennio successivo, con la costituizione di un vero e proprio movimento supportato da diverse riviste letterarie, fra cui le più rilevanti sono certamente la Revue wagnerienne (1885) Le symboliste (1886) e La Pléiade (1886), che cambierà nome nel 1889 diventando Le Mercure de France.

I maestri del movimento sono, oltre a Mallarmé, i poeti Paul Verlaine (1844-1896) e Arthur Rimbaud (1854-1891), sostenitori di una lettura della realtà fondata sulla corrispondenza tra simboli e sensazioni che, uniti, formano una rete di significati che collega il mondo esterno alla realtà interiore. La realtà quindi non viene indagata dai simbolisti attraverso l’esperienza e la ragione, bensì attraverso l’intuito, che è chiamato ad esprimersi con il mezzo a lui più congeniale: la poesia. In questo senso allora secondo i simbolisti la poesia è la via privilegiata per la conoscenza, poiché riesce a intuire e scoprire ilegamiche si insinuano tra l’ apparenza delle cose e i loro significati più reconditi. La poesia simbolista si pone allora in antitesi con la concretezza e l’idealismo dei testi romantici, prediligendo una funzione del verso puramente evocatrice e mistica. La rigida metrica tradizionale viene abbandonata in favore del verso libero, che permette la creazione di un ritmo che si ricalchi il fluire delle sensazioni e dell’energia che pervade le cose del mondo. La musicalità del testo è sostenuto da un massiccio utilizzo di figure retoriche, come sinestesie, analogie e metafore, che impreziosiscono il dettato e lo stile di opere riservate a pochi lettori che posseggono gli strumenti per decifrarle e comprenderle a fondo.

Il primo a farsi sostenitore di una poetica simbolista è, nel già citato Pomeriggio di un fauno, Stephane Mallarmé, che si concentra in particolare sulle corrispondenze tra oggetti e stati d’animo, ovverossia sulla possibilità, attraverso la contemplazione, di utilizzare un oggetto per illustrare un sentimento o passare da una sensazione a una cosa, grazie alla libera azione delle analogie. Una delle liriche più rilevanti della produzione di Mallarmé è Un colpo di dadi non abolirà mai il caso (Un coup de dés jamais n’abolira le hasard, 1897), ovvero un calligramma 2 in cui l’organizzazione dei versi non segue l’impostazione grafica tradizionale, dislocandosi nella pagina seguendo un ritmo visivo ora a onde, ora a scale, ora simile a una densa pioggia. Mallarmé con questo escamotage istituisce un gioco di corrispondenze tra forme e parole fin dalla configurazione grafica del testo, rendendo tangibile per il lettore quel passaggio, così centrale nella sua poetica, dalla forma al contenuto alla sensazione.

Nella lirica Brezza marina l’autore sottolinea invece l’ideale di evasione dalla grigia realtà del mondo borghese, in favore del viaggio, stimolato anche in questo caso da un insieme di sensazioni sia visive che uditive da cui sgorgano molteplici significati:

La chair est triste, hélas! et j'ai lu tous les livres.
Fuir! là-bas fuir! Je sens que des oiseaux sont ivres
d'être parmi l'écume inconnue et les cieux! [...] 3

La poesia di Paul Verlaine, riconosciuto come guida dai più giovani esponenti del Simbolismo fin dall’inizio della sua carriera poetica, si fonda sulla scelta sapiente di una versificazione musicale e malinconica, che traduce in sensazioni e moti interiori una vita travagliata e segnata dall’ambiguo rapporto con la sorella e dalla tormentata relazione amorosa con Arthur Rimbaud (contro il quale un giorno Verlaine, durante un diverbio e in preda all’ubriachezza, scaricherà anche due colpi di pistola 4. Possiamo a questo proposito ricordare Languore, un sonetto fondato sulle analogie in cui Verlaine assimila il suo languore interiore al clima di decadenza che ha caratterizzato il declino dell’Impero romano:

Je suis l’Empire à la fin de la décadence,
qui regarde passer les grands Barbares blancs
en composant des acrostiches indolents d’un style
d’or où la langueur du soleil danse. [...] 5

Per quanto riguarda Arthur Rimbaud, la sua esperienza, poetica ed esistenziale, è certamente peculiare. Artista dal talento precocissimo, Rimbaud scrive le sue liriche più celebri in età adolescenziale, per poi abbandonare la carriera letteraria in favore del viaggio e del commercio d’armi e di schiavi in Africa, per morire, a neanche quarant’anni, a causa di un tumore alla gamba destra. Autore geniale e assolutamente irregolare, Rimbaud è fautore della cosiddettà “teoria del veggente”, estremamente rilevante all’interno del discorso simbolista. Il poeta, infatti, nell’ottica di Rimbaud deve riuscire a slegarsi dalla realtà a lui circostante, liberando i sensi fino alla contemplazione dell’assoluto, anche e soprattutto attraverso l’assunzione di sostanze psicotrope. Il poeta per Rimbaud è un Prometeo che, dopo essersi spinto fino alla visione del trascendente contando sulle sue sole forze e sfidando in questa ricerca la divinità, deve creare un linguaggio per rendere la sua visione fruibile a quel ristretto gruppo di adepti in grado di comprendere la nuova poesia. Nel componimento Memoria, per esempio, Rimbaud si serve di immagini ed analogie per tradurre in versi il sogno del veggente. La sua memoria, che trasmette sensazioni appartenenti a diversi insiemi sensoriali, compone significati nuovi mediante la rete di legami che instaura tra le singole visioni:

Eh ! l'humide carreau tend ses bouillons limpides!
L'eau meuble d'or pâle et sans fond les couches prêtes.
Les robes vertes et déteintes des fillettes
font les saules, d'où sautent les oiseaux sans brides. 6

Oltre a Mallarmé, Rimbaud e Verlaine, altri autori particolarmente rilevanti nel panorama francese sono Paul Valéry, Jean Claudel e Gustave Kahn.

 

Il Simbolismo in Italia

 

In Italia, invece, gli echi del Simbolismo arrivano con qualche decennio di ritardo e vengono accolti principalmente da tre autori dalla storia e dalle suggestioni molto differenti: Giovanni Pascoli (1855-1912), Gabriele D’Annunzio (1863-1938) e Dino Campana (1885-1932). In questi tre autori, più che una adesione completa alla poetica simbolista, possiamo rintracciare singoli aspetti o componimenti che si rifanno ai principi-guida del Simbolismo, come il primato attribuito all’intuizione, l’accurata elaborazione formale (soprattutto sul piano fonico-visivo) e la concezione della poesia come unico strumento capace di indagare una realtà “altra” e superiore rispetto a ciò che è più direttamente visibile ad occhio nudo.

Giovanni Pascoli si contraddistingue per una poesia fatta di toni sommessi ed evocativi che tendono a marcare unadistanza tra il componimento poetico e la realtà storica accomunabile a quella ricercata dai simbolisti francesi. Un’evasione, quella pascoliana, che si distingue per un ripiegamento interiore e per la ricerca di una realtà semplice e personale. Una realtà che si avvicina molto a quella sperimentata nell’infanzia, unico momento di gioia nella vita dell’uomo, interrotta bruscamente, nell’esperienza pascoliana, dalla morte del padre (come ricordato nella lirica X Agosto). In particolare ne Il fanciullino (1903), importante testo in cui espone la sua teoria poetica, Pascoli rivendica la capacità dei bambini di cogliere il senso profondo delle cose, al di là dell’apparenza esteriore, mediante la semplice intuizione.

Gabriele D’Annunzio, in conformità con il proposito dell’estetizzazione del quotidiano e con la sensibilità acuta per le mode letterarie del momento, coglie soprattutto la lezione stilistica del Simbolismo, come si coglie nell’abilità con cui il poeta usa una serie procedimenti tecnici e retorici (enjambements, assonanze e consonanze, giochi fonici, ricerca lessicale raffinata, capacità evocativa del linguaggio) per arricchire la sua pagina, soprattutto nel ciclo delle Laudi e in componimenti quali La pioggia nel pineto. L’idea poi che la poesia sia uno strumento per i pochi eletti capaci di trapassare la patina del reale per attingere la vera verità delle cose è in sintonia con il superomismo dannunziano e con la sua lettura semplificatrice dell’Ubermensch nietzschiano. Il linguaggio poetico diventa con D’Annunzio veicolo di mutamento e reinvenzione della realtà, mezzo per creare nuovi significati in funzione dell’individualità che ne è artefice.

L’autore forse più vicino alla corrente simbolista è allora Dino Campana, la cui biografia è segnato, oltre che dalla difficile vita familiare, da uno squilibrio nervoso che condurrà il poeta fino alla morte in manicomio. Campana recupera nei suoi Canti orfici il principio simbolista della parola poetica come istanza mistica e rivelatrice, capace di illuminare e al tempo stesso trasfigurare la realtà fenomenica. La poesia svolge così in Campana una funzione totale ed assoluta, tradotta in un contesto stilistico vibrante e personale ma anche capace di dialogare attivamente con la tradizione, sia nazionale (Leopardi, Pascoli, lo stesso D’Annunzio) che internazionale (i simbolisti, Baudelaire, Whitman, Nietzsche), aprendosi ad una ricchissima gamma di influssi.

Il simbolismo di Campana è pervaso da una forte vena immaginifica, che si esplicita in visioni magiche e violente: queste visioni sono dotate di un potere orfico, riescono cioè a mettere il poeta in contatto con un’altra realtà, notturna e misteriosa, completamente trasfigurata. Più che al significato intrinseco delle parole, il messaggio della poesia di Campana si nasconde nel suono dei versi, nella loro musicalità e nel continuo passaggio dall’immagine alla sensazione, come nei versi finali della poesia L’invetriata (vv. 8-11):

Le stelle sono bottoni di madreperla e la sera si veste di velluto:
e tremola la sera fatua: è fatua la sera e tremola ma c’è
nel cuore della sera c’è,
sempre una piaga rossa languente.

Infine, ricordiamo che anche il primo nucleo dell’Ermetismo novecentesco, radunato intorno ai poeti della rivista Frontespizio, prende a modello la tradizione simbolista francese ed europea, in quanto aveva saputo creare un linguaggio nuovo, capace di approfondire l’esperienza interiore della realtà e di riflettere così le contraddizioni esistenziali dell’epoca contemporanea.

1 Il movimento dei parnassiani prende nome dalla raccolta poetica Le Parnasse contemporain (1866 -1876) e si ispira all’opera di Téophile Gautier (1811-1872), autore, tra le altre cose, del Capitan Fracassa. I paranssiani sono fautori di un ritorno al classicismo letterario e hanno una concezione élitaria ed estetizzante dell’arte, in conformità con il celebre motto de “l’arte per l’arte”.

2 Il calligramma è un componimento poetico in cui le parole sono disposte graficamente a disegnare determinate figure, affinché il testo possa avere una funzione evocativa anche dal punto di vista visivo. I primi esempi di calligrammi risalgono alla Grecia antica, ma furono utilizzati ampiamente anche nella letteratura contemporanea, ad esempio da autori come Apollinaire e Marinetti.

3 La carne è triste, ahimè! E ho letto tutti i libri. | Fuggire là, fuggire! Io sento uccelli ebbri | d’esistere tra cieli ed ignorate spume! (S. Mallarmé, Brezza marina, traduzione di A. Guerrini, Milano, Garzanti, 1992).

4 Dai tormenti personali e dai gravi problemi di salute che, dopo svariati periodi passati in prigione, lo porteranno a una lunga degenza ospedaliera, nascono pure due opere in prosa: Mes prisons e Mes hôpitaux.

5 Io sono l’Impero alla fine della decadenza, | che guarda passare i grandi Barbari bianchi | componendo acrostici indolenti | in aureo stile, danza il languore del sole. (P. Verlaine, Languore, traduzione di L. Binni, Milano, Garzanti, 1993).

6 Uh! L’umido vetro stende i suoi limpidi tepori! | L’acqua arreda d’oro bianco e infinito i letti pronti. | Le verdi vesti stinte di fanciulle | fanno i salici, dove frenati saltano gli uccelli. (A. Rimbaud, Memoria, traduzione di D. Bellezza, Milano, Garzanti, 1989).

Testo su Ottocento

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