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"Inferno", canto 3: parafrasi del testo

Il terzo canto dell’Inferno è ambientato nella zona dell’Antinferno, che Virgilio e Dante devono attraversare per iniziare la discesa nei cerchi infernali. La prima tappa prevede due incontri molto importanti: il primo con la schiera dei “pusillanimi” - tra cui sembra di poter riconoscere papa Celestino V - e il secondo con Caronte, mitologico traghettatore dell’Acheronte.

Il canto, che vede Dante varcare la celebre porta dell’Inferno, è intessuto di reminiscenze virgiliane dal sesto canto dell’Eneide.

Metro: terzine di endecasillabi a rima incatenata.

  1. «Per me si va ne la città dolente,
  2. per me si va ne l'etterno dolore,
  3. per me si va tra la perduta gente 1.
  4. Giustizia mosse il mio alto fattore;
  5. fecemi la divina podestate,
  6. la somma sapïenza e ’l primo amore 2.
  7. Dinanzi a me non fuor cose create
  8. se non etterne 3, e io etterna duro.
  9. Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate».
  10. Queste parole di colore oscuro
  11. vid’ïo scritte al sommo d’una porta;
  12. per ch’io: «Maestro, il senso lor m’è duro 4».
  13. Ed elli a me, come persona accorta:
  14. «Qui si convien lasciare ogne sospetto;
  15. ogne viltà convien che qui sia morta.
  16. Noi siam venuti al loco ov’i’ t’ ho detto
  17. che tu vedrai le genti dolorose
  18. c’hanno perduto il ben de l’intelletto 5».
  19. E poi che la sua mano a la mia puose
  20. con lieto volto, ond’io mi confortai,
  21. mi mise dentro a le segrete cose.
  22. Quivi sospiri, pianti e alti guai
  23. risonavan per l’aere sanza stelle,
  24. per ch’io al cominciar ne lagrimai.
  25. Diverse lingue, orribili favelle,
  26. parole di dolore, accenti d’ira,
  27. voci alte e fioche, e suon di man con elle
  28. facevano un tumulto, il qual s’aggira
  29. sempre in quell’aura sanza tempo tinta,
  30. come la rena quando turbo spira 6.
  31. E io ch’avea d’error la testa cinta,
  32. dissi: «Maestro, che è quel ch’i’ odo?
  33. e che gent’è che par nel duol sì vinta?».
  34. Ed elli a me: «Questo misero modo 7
  35. tegnon l’anime triste di coloro
  36. che visser sanza ’nfamia e sanza lodo.
  37. Mischiate sono a quel cattivo coro
  38. de li angeli che non furon ribelli
  39. né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro 8.
  40. Caccianli i ciel per non esser men belli,
  41. né lo profondo inferno li riceve,
  42. ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli 9».
  43. E io: «Maestro, che è tanto greve
  44. a lor che lamentar li fa sì forte?».
  45. Rispuose: «Dicerolti molto breve.
  46. Questi non hanno speranza di morte,
  47. e la lor cieca vita è tanto bassa,
  48. che ’nvidïosi son d’ogne altra sorte.
  49. Fama di loro il mondo esser non lassa;
  50. misericordia e giustizia li sdegna:
  51. non ragioniam di lor, ma guarda e passa».
  52. E io, che riguardai, vidi una ’nsegna
  53. che girando correva tanto ratta,
  54. che d’ogne posa mi parea indegna;
  55. e dietro le venìa sì lunga tratta
  56. di gente, ch’i’ non averei creduto
  57. che morte tanta n’avesse disfatta 10.
  58. Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto,
  59. vidi e conobbi l’ombra di colui
  60. che fece per viltade il gran rifiuto 11.
  61. Incontanente intesi e certo fui
  62. che questa era la setta d’i cattivi,
  63. a Dio spiacenti e a’ nemici sui.
  64. Questi sciaurati, che mai non fur vivi 12,
  65. erano ignudi e stimolati molto
  66. da mosconi e da vespe ch’eran ivi.
  67. Elle rigavan lor di sangue il volto,
  68. che, mischiato di lagrime, a’ lor piedi
  69. da fastidiosi vermi era ricolto 13.
  70. E poi ch’a riguardar oltre mi diedi,
  71. vidi genti a la riva d’un gran fiume 14
  72. per ch’io dissi: «Maestro, or mi concedi
  73. ch’i’ sappia quali sono, e qual costume
  74. le fa di trapassar parer sì pronte,
  75. com’i’ discerno per lo fioco lume».
  76. Ed elli a me: «Le cose ti fier conte
  77. quando noi fermerem li nostri passi
  78. su la trista riviera d’Acheronte».
  79. Allor con li occhi vergognosi e bassi,
  80. temendo no 15 ’l mio dir li fosse grave,
  81. infino al fiume del parlar mi trassi.
  82. Ed ecco verso noi venir per nave
  83. un vecchio 16, bianco per antico pelo,
  84. gridando: «Guai a voi, anime prave!
  85. Non isperate mai veder lo cielo:
  86. i’ vegno per menarvi a l’altra riva
  87. ne le tenebre etterne, in caldo e ’n gelo.
  88. E tu che se’ costì, anima viva,
  89. pàrtiti da cotesti che son morti».
  90. Ma poi che vide ch’io non mi partiva,
  91. disse: «Per altra via, per altri porti
  92. verrai a piaggia, non qui, per passare:
  93. più lieve legno convien che ti porti 17».
  94. E ’l duca lui: «Caron, non ti crucciare:
  95. vuolsi così colà dove si puote
  96. ciò che si vuole, e più non dimandare 18».
  97. Quinci fuor quete le lanose gote
  98. al nocchier de la livida palude,
  99. che ’ntorno a li occhi avea di fiamme rote 19.
  100. Ma quell’anime, ch’eran lasse e nude,
  101. cangiar colore e dibattero i denti,
  102. ratto che ’nteser le parole crude.
  103. Bestemmiavano Dio e lor parenti,
  104. l’umana spezie e ’l loco e ’l tempo e ’l seme
  105. di lor semenza e di lor nascimenti.
  106. Poi si ritrasser tutte quante insieme,
  107. forte piangendo, a la riva malvagia
  108. ch’attende ciascun uom che Dio non teme.
  109. Caron dimonio, con occhi di bragia
  110. loro accennando, tutte le raccoglie;
  111. batte col remo qualunque s'adagia.
  112. Come d’autunno si levan le foglie
  113. l’una appresso de l’altra, fin che ’l ramo
  114. vede a la terra tutte le sue spoglie 20,
  115. similemente il mal seme d’Adamo
  116. gittansi di quel lito ad una ad una,
  117. per cenni come augel per suo richiamo.
  118. Così sen vanno su per l’onda bruna,
  119. e avanti che sien di là discese,
  120. anche di qua nuova schiera s’auna.
  121. «Figliuol mio», disse 'l maestro cortese,
  122. «quelli che muoion ne l'ira di Dio
  123. tutti convegnon qui d'ogne paese;
  124. e pronti sono a trapassar lo rio,
  125. ché la divina giustizia li sprona,
  126. sì che la tema si volve in disio.
  127. Quinci non passa mai anima buona;
  128. e però, se Caron di te si lagna,
  129. ben puoi sapere omai che ’l suo dir suona».
  130. Finito questo, la buia campagna
  131. tremò sì forte, che de lo spavento
  132. la mente di sudore ancor mi bagna.
  133. La terra lagrimosa diede vento 21,
  134. che balenò una luce vermiglia
  135. la qual mi vinse ciascun sentimento;
  136. e caddi come l’uom cui sonno piglia.
  1. «Attraverso me si va nella città che soffre,
  2. attraverso me si va nel dolore senza fine,
  3. attraverso me si va tra i dannati.
  4. La Giustizia ha mosso il mio sommo Creatore;
  5. mi hanno creato il Padre,
  6. il Figlio e lo Spirito Santo.
  7. Prima di me non fu creato nulla se non
  8. le realtà eterne, e io stessa sono eterna.
  9. Lasciate ogni speranza, o voi che entrate».
  10. Queste parole di senso difficile e minaccioso
  11. le vidi scritte sulla parte alta di una porta; perciò
  12. [dissi]: «Maestro, il lor significato m’è oscuro».
  13. Egli mi disse, come da esperto:
  14. «Qui è meglio abbandonare ogni paura;
  15. ogni pusillanimità dev’essere abbandonata.
  16. Siamo giunti in quel posto dove t’ho detto
  17. che vedrai anime sofferenti che hanno
  18. smarrito la verità suprema, cioè Dio».
  19. E dopo che ebbe posto la sua mano sulla mia
  20. con uno sguardo sereno, così che mi confortai,
  21. e lui mi fece entrare a quei luoghi segreti.
  22. Qui sospiri, lamenti e alte grida
  23. risuonavano per la caverna senza stelle,
  24. e io, che li sentivo per la prima volta, piansi.
  25. Lingue di varie provenienza, accenti sconosciuti,
  26. paroli di sofferenza, esclamazioni d’ira, voci
  27. alte e basse, con rumori di percosse mischiati
  28. facevano un gran rumore, che si rimescola
  29. in eterno in quel mondo senza luce né tempo,
  30. come la sabbia quando soffia il vento.
  31. E io che era nel pieno dello smarrimento,
  32. dissi: «Maestro, cos’è ciò che sento? E chi sono
  33. questi che sembrano così schiacciati dal dolore?».
  34. Ed egli a me: «Tengono questo vile
  35. atteggiamento le anime di quelli che vissero
  36. senza fare né il Male né il Bene.
  37. Mischiate a questa schiera spregevole, ci sono
  38. quegli angeli che non furono né ribelli né fedeli
  39. a Dio, ma stettero da soli per se stessi.
  40. Li hanno respinti i cieli per nomn rovinarsi,
  41. ma non li accetta nemmeno l’inferno profondo,
  42. ché i dannati non trarrebbero gloria da loro».
  43. E io: «Maestro, cosa c’è di tanto doloroso
  44. che li fa lamentare così forte?».
  45. Rispose: Te lo dirò in poche parole.
  46. Questi non hanno speranza di morire,
  47. e la loro vita qui è tanto spregevole e schifosa
  48. che sono invidiosi di ogni altro destino.
  49. Il mondo non ha lasciato testimonianza di loro;
  50. la giustizia e la misericordia li disprezzano:
  51. non occupiamoci di loro: guarda, e andiamo via».
  52. E io, che li osservai, vidi un’insegna, che
  53. correva girando così velocemente
  54. che mi sembrava incapace di fermarsi;
  55. e dietro di essa una fila di dannati
  56. così lunga, che io non avrei mai creduto che
  57. la morte ne avesse presi così tanti.
  58. Dopo che io ebbi riconosciuto qualcuno,
  59. vidi e riconobbi l’anima di colui che
  60. per vigliaccheria fece la grande rinuncia.
  61. Subito capii e fui sicuro che questa
  62. era la schiera dei vili, che sono disprezzati
  63. sia da Dio che dalle forze infernali.
  64. Questi sciagurati, che non hanno mai vissuto,
  65. erano nudi e pungolati con forza
  66. dai mosconi e dalle vespe che si trovavano lì.
  67. Queste gli rigavano di sangue il volto,
  68. che, mischiato con le lacrime, veniva raccolto
  69. ai loro piedi da vermi luridi.
  70. E quando mi volsi a guardare altrove,
  71. vidi una folla di gente presso un gran fiume;
  72. per cui dissi: «Maestro, concedimi
  73. di sapere chi sono, e quale principio le fa
  74. sembrare così desiderose della traversata,
  75. come mi pare di capire nella poca luce che c’è».
  76. Ed egli a me: «Tutto ti verrà spiegato
  77. quando noi ci fermeremo
  78. sulla triste riva del fiume Acheronte».
  79. Allora, con gli occhi bassi e pieni di vergogna,
  80. temendo che le mie parole fossero state
  81. sbagliate, rimasi in silenzio fino al fiume.
  82. Ed ecco giungere verso di noi su una nave
  83. un vecchio, bianco per la vecchiaia,
  84. che gridava: «Guai a voi, anime malvagie!
  85. Non sperate di veder mai più il cielo:
  86. vengo per condurvi all’altra sponda
  87. nel buio eterno, tra fiamme e ghiacci.
  88. E tu, anima viva, che pure sei qua
  89. allontanati da questi, che sono già morti».
  90. Ma, poiché vide che non me ne andavo,
  91. disse: «Per un’altra strada, per altri porti giungerai
  92. alla spiaggia [del Purgatorio]; non da qui: è
  93. meglio che ti porti una nave più rapida».
  94. E Virgilio a lui: «Caron, non preoccuparti:
  95. si vuole così dove si può realizzare ciò che
  96. si vuole; non chiedere altro».
  97. Così si calmarono le guance barbute
  98. al nocchiero della plumbea palude, che attorno
  99. agli occhi aveva lingue di fiamme.
  100. Ma quelle anime, che erano nude e stremate,
  101. impallidirono e cominciarono a battere i denti
  102. non appena compresero le parole crudeli.
  103. Bestemmiavano il nome di Dio e dei parenti,
  104. il genere umano e il luogo e il tempo e la stirpe
  105. della loro genesi e della loro nascita.
  106. Poi, piangendo a gran voce, si ammassarono
  107. tutte quante insieme verso il fiume malvagio
  108. che aspetta chi non ha timore di Dio.
  109. Il demonio Caronte, con gli occhi come brace
  110. che accennava a loro, le aduna tutte;
  111. e colpisce con un remo chiunque si siede a terra.
  112. Come in autunno le foglie cadono scendendo
  113. l’una vicino all’altra, fin quando il ramo
  114. vede per terra tutte le sue vesti,
  115. così la razza dannata di Adamo
  116. si getta dalla spiaggia sulla barca una ad una,
  117. come il falcone al richiamo del cenno [di Caronte].
  118. Così se ne vanno per il fiume cupo,
  119. e prima che siano scese sull’altra riva,
  120. già di qua si raduna una nuova schiera.
  121. «Figliolo», disse Virgilio, «coloro che muoiono
  122. in condizione di peccato mortale, tutti
  123. convergono quida ogni paese del mondo;
  124. e sono desiderosi di attraversare l’Acheronte
  125. poiché li spinge la giustizia divina
  126. così che la paura si trasforma in desiderio.
  127. Da qui non transita mai un’anima buona e pura
  128. e quindi, se Caronte si lamenta della tua
  129. presenza, ora capisci cosa egli vuol dire».
  130. Detto questo, la campagna immersa nel buio
  131. tremò così forte, che il ricordo dello spavento
  132. mi ghiaccia di sudore ancor oggi.
  133. Quella valle di lagrime fu colpita da terremoto,
  134. che fece lampeggiare una luce rosso vivo,
  135. che vinse tutte le mie facoltà sensibili;
  136. e svenni come l’uomo che crolla nel sonno.

1 L’iscrizione ha forte impatto nella mente del lettore anche per la sua collocazione in incipit, rafforzata dalla ripetizione in anafora di “per me”, che crea un ritmo martellante e senza scampo. Tra le fonti classiche e bibliche della terzina, ci sono il profeta Isaia già citato nel primo canto dell’Inferno (38, 10: “[...] In dimidio dierum meorum vadam ad portas Inferi”) e il sesto libro dell’Eneide (vv. 126-129: “[...] facilis descensus Auerno: | noctes atque dies patet atri ianua Ditis; | sed revocare gradum superasque evadere ad auras, | hoc opus, hic labor est [...]”).

2 È qui raffigurata la Trinità: Dio (la “divina podestate”), il Figlio (“la somma sapïenza”) e lo Spirito Santo (il “primo amore”).

3 se non etterne: l’iscrizione intende che l’Inferno, originato dalla caduta di Lucifero sulla Terra, è stato creato immediatamente dopo le realtà eterne (ovvero i cieli, gli angeli di Dio, gli elementi), che sono per loro natura incorruttibili.

4 m’è duro: il termine, in rima con “oscuro” (v. 10) intende che l’uomo mortale - quale è Dante - fatica molto a comprendere il concetto di eternità, a lui del tutto estraneo. Occorre quindi lìintervento chiarificatore di Virgilio.

5 il ben de l’intelletto: perifrasi tradizionale per indicare Dio, secondo il principio che solo il sommo bene possa gratificare ed appagare a pieno la ricerca intellettuale dell’uomo; è un’idea centrale, ad esempio, nel Convivio.

6 L’immagine della sabbia agitata dal vento chiude quattro terzine incentrate sulla raffigurazione frammetata ed espressiva dello scenario infernale, che Dante contempla per la prima volta: la sensazione prevalente è quella del caos e del dolore, associata al buio senza tempo (un dato caratterizzante per tutta la cantica, da qui in poi).

7 misero modo: l’aggettivo, come il “triste” del verso seguente, ha qui un peso semantico maggiore che al giorno d’oggi: la condotta degli ignavi è. agli occhi di Dante, meschina, spregevole e ripugnante.

8 Nella tradizione ufficiale non ci sono notizie degli angeli che si astennero dalla lotta tra Dio e Lucifero, che invece si trovano nelle leggende popolari e nella Visio Pauli (III secolo d.C.).

9 Si tratta della condanna peggiore per i pusillanimi: il Cielo li ha respinti, e l’Inferno li disprezza, in quanto non hanno saputo scegliere tra Bene e Male.

10 Dante è quindi colpito dal grandissimo numero di anime dannate; i vv. 55-57 sono ripresi dal poeta inglese T. S. Eliot nella sua Waste Land per descrivere la città di Londra e i suoi abitanti da un punto di vista straniante: “Unreal City, | Under the brown fog of a winter dawn, | A crowd flowed over London Bridge, so many, | I had not thought death had undone so many” (vv. 60-63).

11 il gran rifiuto: assai probabile l’identificazione con Celestino V - al secolo, Pietro da Morrone, (1209/1215-1296) - che rinunciò (al tempo di Dante, “rifiuto” può essere sinonimo di “rinuncia”) alla carica papale favorendo indirettamente la salita al soglio di Bonifacio VIII.

12 che mai non fur vivi: Dante insiste particolarmente su quest’aspetto, che costituisce la colpa peggiore; non a caso Virgilio invita a non perdere troppo tempo con coloro che invece ne hanno sprecato tantissimo (v. 51: “[...] guarda e passa”).

13 Per la legge del contrappasso gli ignavi, insensibili a predenre decisioni in vita, sono ora torturati dalle punture degli insetti.

14 gran fiume: si tratta dell’Acheronte, fiume dell’Epiro, tradizionalmente identificato come fiume infernale (); nel mito Zeus trasforma Acheronte in un fiume composto di acque amare come punizione per aver aiutato i Titani; compare anche nell’Odissea (X, 513) e nel sesto libro dell’Eneide, e viene citato da Platone nel Fedone.

15 temendo no: costruzione alla latina, modellata su timeo + ne. Dante,a ll’inzio della sua avventura, è ancora spaesato e, oltre a dover essere spesso rassicurato, teme più volte d’aver fatto la cosa sbagliata.

16 un vecchio: è Caronte, figura mitologica, figlio di Erebo (le Tenebre) e Notte; era il traghettatore o “psicopompo” delle anime verso l’Ade, previa sepoltura e il pagamento di un obolo. Nella Commedia, che riprende l’Eneide (VI, vv. 298-304), Caronte è anche la prima di una serie di figure della mitologia pagana inserite nell’inferno cristiano, quali Minosse (canto V), Cerbero (canto VI), Pluto (canto VII), Flegiàs canto VIII), le Furie (canto IX), il Minotauro (canto XII), le arpie (canto XIII).

17 Constatando che Dante è vivo, Caronte, con un’allusione implicita al “vasello” del secondo canto del Purgatorio, dice a Dante che egli dovrà seguire un diverso itinerario nel suo viaggio nell’Oltretomba.

18 Si tratta di una formula canonica, che Virgilio usa come “lasciapassare” anche con Minosse (Inferno, V, vv. 22-24) e Pluto (Inferno, VII, vv. 11-12).

19 Il ritratto di Caronte, modellato in parte su quello virgiliano (Eneide, VI, vv. 298-304) insiste su particolari di forte espressività: la barba folta e bianca, gli occhi infiammati, le parole sprezzanti nei confronti dei dannati.

20 Similitudine di matrice virgiliana (Eneide, VI, vv. 309-312); tutti questi rimandi intertestuali, oltre che un aiuto nella rappresentazione dell’Inferno, costituiscono senza dubbio un tributo di Dante al maestro Virgilio, nel momento in cui quest’ultimo gli fa da amorosa guida in una realtà tragica.

21 La terra lagrimosa diede vento: era credenza diffusa che i terremoti fossero causati da forti venti sotterranei; in questa circostanza l’evento prodigioso del terremoto serve al poeta per risolvere e concludere il canto, con lo stratagemma dello svenimento per la paura.

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