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Ungaretti, "Sono una creatura": testo e parafrasi

Parafrasi Analisi

Poesia inserita ne Il porto sepolto (1916) e poi riconfluita ne L’allegria, richiama da vicino Veglia non solo per il tema e l’ambientazione nei disperati mesi della guerra al fronte, ma anche per determinate scelte tecniche tipicamente ungarettiane (i versi spezzati e senza punteggiatura che isolano la “parola nuda” e altamente significativa, l’uso del participio per scandire la progressione sintattica, la ricerca lessicale molto scrupolosa anche in un testo di misura breve o brevissima come questo, l’uso del procedimento analogico).

Metro: versi liberi.

 

Valloncello di Cima Quattro il 5 agosto 1916

  1. Come questa pietra
  2. del S. Michele 1
  3. così fredda
  4. così dura
  5. così prosciugata 2
  6. così refrattaria 3
  7. così totalmente 4
  8. disanimata 5.
  9. Come questa pietra
  10. è il mio pianto 6
  11. che non si vede.
  12. La morte
  13. si sconta
  14. vivendo 7.
  1. Come questa pietra
  2. del S. Michele
  3. così fredda 
  4. così dura
  5. così arida
  6. così insensibile
  7. così totalmente 
  8. privata della vita e dell’anima.
  9. Il mio pianto è
  10. come questa pietra:
  11. invisibile ed intimo.
  12. La morte
  13. si sconta
  14. nel corso della vita.

1 S. Michele: il rimando autobiografico (che, nella poetica ungarettiana, vuole sempre aprirsi ad una dimensione universale e totalizzante) è al monte San Michele del Carso, presso Gorizia, teatro di alcune delle più aspre battaglie della Prima Guerra Mondiale.

2 così prosciugata: alcuni hanno letto ed interpretato nella “pietra prosciugata” cui Ungaretti si paragona un simbolo dell’immanenza dell’uomo e del suo radicamento nella contingenza della guerra, cui si oppone, in netta antitesi l’immagine acquatica (si pensi al Porto sepolto o a I fiumi), che sta a rappresentare invece l’unione e la comunanza tra il singolo e la cerchia dei suoi simili, affiancata dall’evasione dalla situazione presente.

3 refrattaria: ovvero insensibile, ormai incapace di una qualsiasi reazione; la condizione del poeta è insomma quella di una progressiva disumanizzazione e perdita di sé, tanto che il suo pianto, il suo dolore “non si vede” (v. 11).

4 L’enjambement (“totalmente | disanimata”) sottolinea con ulteriore forza la similitudine tra la sofferenza del poeta e la pietra senza anima.

5 disanimata: si noti la climax (dal greco κλῖμαξ, “scala”) dei termini utilizzati (“fredda, dura, prosciugata, refrattaria, disanimata”), confermata dall’anafora di “così” in apertura di ogni verso: tutto ciò rende assoluta ed impietosa la diagnosi del poeta su se stesso e la propria anima.

6 La sequenza dei primi dieci versi, tutta orchestrata sull’analogia tra la pietra del Carso e il pianto del poeta, è alquanto studiata dal punto di vista stilistico e letterario. Da un lato, si nota il ricorso insistito ai fonemi - t - e - s - che danno un ritmo ribattuto e salmodiante (come se Sono una creatura fosse una sorta di preghiera laica e disperata) a tutto il componimento, cui contribuisce pure la ripresa (tecnicamente, una epanalessi) del v. 1 al v. 9; dall’altro, al culmine della climax degli aggettivi e dei participi che scandiscono il periodo, c’è un sottile rimando intertestuale dantesco (Purgatorio, XV, 135: “quando disanimato il corpo giace”), a testimonianza della continua ricerca letteraria ungarettiana anche nei versi spezzati ed isolati del Porto sepolto.

7 Il valore aforistico (come una specie di proverbio sentenzioso) dell’ossimoro finale, che unisce la morte e la vita, si ritrova anche in una lettera di Ungaretti all’amico Giovanni Papini dell’8 luglio 1916, in cui il poeta confida, con lucidità e cupa ironia: “Pensavo: c’è qualcosa di gratuito al mondo, Papini, la vita; c’è una pena che si sconta, vivendo, la morte” (la lettera è citata in L. Piccioni, Ungarettiana. Lettura della poesia, aneddoti, epsitolari inediti, Firenze, Vallecchi, 1980, p. 193).