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"Veglia" di Ungaretti: parafrasi del testo

Parafrasi Analisi

Questa poesia di Giuseppe Ungaretti fa parte della sezione intitolata Il porto sepolto all'interno della raccolta L'allegria nell'edizione del 1931. La data in cui il poeta l'ha composta ci indica immediatamente che anch'essa fa parte delle “poesie di guerra” che Ungaretti scrisse mentre si trovava soldato al fronte in occasione della prima guerra mondiale. In questi brevi versi scopriamo tutta l'intensità di quel sentimento di allegria che l'uomo prova nel momento in cui sfugge la morte e che dà il titolo all'intera opera. Sdraiato accanto a un commilitone morto il poeta avverte più forte che mai la presenza della morte nella vita umana, ma reagisce scrivendo “lettere piene d'amore” e celebrando il proprio attaccamento alla vita.

Dal punto di vista stilistico, notiamo la tipica tensione verso l'essenzialità da parte di Ungaretti e la brevità del testo, tutto incentrato sull'uso del participio passato.

Metro: versi liberi, intessuti di richiami fonici e da ricorrenti rime o assonanze non regolate. Evidente anche l’insistenza su alcuni suoni forti e duri, come quello della della dentale - t - o della - r - (“intera nottata”, v.1; “buttato”, v. 2; “massacrato”, v. 4; “penetrata”, v. 10; “attaccato”, v. 16).

 

Cima Quattro il 23 dicembre 1915 1 

  1. Un’intera nottata
  2. buttato vicino
  3. a un compagno
  4. massacrato 2
  5. con la sua bocca
  6. digrignata 3
  7. volta al plenilunio
  8. con la congestione 4
  9. delle sue mani
  10. penetrata
  11. nel mio silenzio
  12. ho scritto
  13. lettere 5 piene d’amore.
  14. Non sono mai stato
  15. tanto
  16. attaccato alla vita 6.
  1. Un’intera nottata
  2. sdraiato accanto
  3. ad un compagno
  4. massacrato
  5. con la sua bocca
  6. contratta dalla morte
  7. rivolta verso la luna piena
  8. con il gonfiore e il rossore
  9. delle sue mani
  10. penetrato
  11. nel mio intimo
  12. ho scritto
  13. lettere piene d’amore.
  14. Non sono mai stato
  15. tanto
  16. attaccato alla vita.
  17.  

1 L’indicazione in calce al componimento di data e luogo di stesura di ogni pezzo del Porto sepolto rende la raccolta ungarettiana una sorta di diario lirico della guerra, in cui trasporre, a brandelli e per immagini strappate alla massacrante vita del fronte, tutto l’orrore del conflitto e tutto l’attaccamento alla vita che ne consegue.

2 massacrato: l’uso costante di participi passati dà forma alla struttura sintattica del testo, secondo una tecnica (applicata anche in altre poesie quali Fratelli e Sono una creatura) che Ungaretti recupera dal Futurismo marinettiano.

3 I frequenti “a capo” che isolano le parole rendono la lettura del testo frammentata e tragica, isolando i termini-chiave della poesia: “massacrato” (v. 4), “digrignata” (v. 6), “penetrata” (v. 10), tutti participi passati che indicano il passaggio analogico dall’orrore della guerra alla riflessione intima del poeta (“nel mio silenzio”, v. 11).

4 la congestione: emerge qui l’attenta ricerca ungarettiana sul lessico (e sui connessi effetti ritmico-sonori), per comunicare tutta la drammaticità della guerra: “buttato” (v. 2), “massacrato” (v. 4), “digrignata” (v. 6), “congestione” (v. 8).

5 lettere: queste lettere sono metaforicamente indirizzate a tutta l’umanità, con la quale il poeta, proprio in un momento di estrema difficoltà, riscopre un profondo senso di fratellanza.

6 La poesia ungarettiana, soprattutto quella della fase del Porto sepolto, si gioca anche su studiati effetti grafici; in questo caso lo spazio bianco che isola i tre versi finali contribuisce a sottolinearne meglio il messaggio, che suona quasi come una sentenza assoluta: anche nell’orrore della guerra, non viene meno l’amore (e l’attaccamento) a ciò che resta della vita.